Pioniere anch'io, grazie al mio maestro

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Ringrazio dal profondo del cuore coloro che, fin dall’inizio della mia pratica, hanno scelto di condividere con me il percorso con cui nel tempo hanno coltivato il proprio legame con il maestro. A volte non è semplice trovare il coraggio e le parole per raccontare le proprie esperienze più intime su questo tema a un amico, a un’amica o a una persona nuova che si avvicina alla pratica buddista. Personalmente, allo zadankai trovo più semplice condividere le sofferenze, le difficoltà e gli ostacoli che ho dovuto superare e ovviamente le mie prove concrete. Invece, parlare di come ho sviluppato e coltivato il legame con il maestro mi sembra quasi un argomento da affrontare solo quando una persona pratica già da tempo, ha assimilato i princìpi buddisti e ha ottenuto benefici. Tuttavia, leggendo attentamente il Sutra del Loto e gli scritti del Daishonin, emerge con chiarezza che la relazione tra maestro e discepolo è il punto di partenza di tutto e la sorgente per ogni vittoria: «Nel Buddismo, come anche nella vita, avere un maestro può essere una magnifica causa che poniamo per la nostra crescita. Attraverso l’incontro con un maestro nella fede, rispondendo al suo appello, lottando fianco a fianco con lui, e incidendo il suo coraggio e la sua saggezza nella nostra vita, possiamo rompere il guscio del nostro piccolo io. Questa è la forza motrice della vittoria, che ci consente di costruire un grande e forte io» (D. Ikeda, Maestro e discepolo, p. 28).
Nei miei primi anni di pratica ho trovato grande incoraggiamento nel Diario giovanile del presidente Ikeda tanto da motivarmi a scrivere anch’io ogni giorno almeno una piccola cosa di cui ero grato o un piccolo beneficio ricevuto. Questo esercizio mi ha aiutato a orientare la mia vita verso il rispetto di me stesso e di ogni persona intorno a me.
Coltivare questo legame è come prendersi cura di una piccola piantina che con il tempo e con le giuste attenzioni cresce e si espande, ma al tempo stesso rafforza le radici della nostra esistenza e ci aiuta nel superare i nostri limiti.
Nel 2023 ho avuto l’opportunità di andare al Kosen-rufu Daiseido a Tokyo. Era trascorso un mese dalla morte di Sensei. In quel momento ho sentito che l’unica promessa che potevo fare a me stesso e a lui era di essere felice per tutta la vita e di affrontare con coraggio ogni vento contrario, realizzando tutti i miei sogni, dal più piccolo al più grande.
Fino ad allora non ero riuscito a far spazio a un desiderio che ho fin da piccolo: costruire una famiglia. Tornato a casa ho deciso di contattare il Centro per la solidarietà familiare del mio distretto socio-sanitario per avere informazioni sul percorso di affido. Inizialmente non ho ricevuto risposta e ho accantonato il pensiero. Nei mesi successivi però la mia promessa è tornata a bussare: se voglio essere felice, non posso rinunciare ai miei sogni! Ho alzato il telefono per ricontattare il Centro: la persona che mi ha risposto era molto gentile e ha accolto la mia richiesta, sebbene fosse la prima volta che avesse a che fare con una coppia di uomini interessati all’affido.
Nel cuore mi pesava sentirmi un pioniere. Avrei voluto tanto avere un esempio a cui aggrapparmi, qualcuno che avesse già aperto la strada per me. Pian piano ho compreso invece che questo era l’aspetto su cui avevo bisogno di vincere, per sentirmi libero e felice. L’esempio di cui avevo bisogno era già di fronte a me ed era quello del maestro. Egli ha aperto tante strade laddove non c’era nulla e ci incoraggia sempre a fare altrettanto: «In tutte le cose il primo passo fondamentale è la preghiera sincera davanti al Gohonzon. Il Gohonzon è stato iscritto per permetterci di conseguire la vittoria. Questa è sempre stata la mia grande convinzione. [...] Non dobbiamo appoggiarci agli altri. L’unico modo per realizzare questi obiettivi è assumerci l’intera responsabilità e lottare fino in fondo con tenacia e perseveranza» (D. Ikeda, NR, 506).
Lo scorso autunno io e il mio compagno abbiamo seguito un percorso informativo insieme ad altre famiglie del territorio, confrontandoci poi con una psicologa e un’assistente sociale che ci hanno accompagnato fino alla registrazione nella banca dati delle potenziali famiglie affidatarie. Siamo la seconda coppia a farlo in provincia. Ancora non posso vedere dove proseguirà la strada che ho intrapreso, ma accogliere la sfida del pioniere mi ha già dato un tesoro inestimabile di gratitudine e gioia per la mia vita.
(Amerigo Zanetti)

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