Quando la recitazione, le attività, le letture e lo studio sono assorbiti dal nostro quotidiano, lo popolano di domande e di ispirazioni.
Fare esperienza buddista è, in sostanza, innestare la fede nella vita di ogni giorno. Per questo forse suona come una forzatura distinguere e catalogare le esperienze che facciamo – lavoro, salute, relazioni – perché è come sottrarle al grande flusso che è il rapporto che intratteniamo con la pratica buddista, non disciplina separata dalla concretezza della vita ma linfa che la alimenta.
Capita a volte di guardarsi indietro e di cogliere nel suo straordinario insieme il cammino della nostra esperienza, di poter rivedere in quella prospettiva come erano le nostre sofferenze prima che diventassero altro, prima che – passo dopo passo - riuscissimo a trasformarle in preziose occasioni e trarne la forza per procedere.
«Afferra la fede che ti è lontana attraverso la prova concreta che ti è vicina» scriveva Nichiren Daishonin nella Lettera a Horen (RSND, 1, 455), indicando chiaramente in che modo vivere la fede, che si profila nel suo insegnamento come una pratica originale, nella quale il corpus dei princìpi diventa un organismo pulsante.
Che cos'è, del resto, la rivoluzione umana se non una somma di esperienze di fede raccolte in un disegno più ampio, come i tanti puntini che uniti danno vita a una figura grande e complessa. Quando questa sperimentazione naturale, fluida e continua, si addensa intorno a un esito prodigioso, esprimendo in modo lampante il progresso della rivoluzione personale, ci offre l'opportunità di mostrare meglio questa possibilità, incoraggiare altri percorsi, sostenere i compagni e le compagne di fede.
Le esperienze, grandi e piccole, animano le riunioni di discussione, non come speciali parabole, ma come testimonianze del profondo valore della pratica in qualsiasi momento della vita: raccontarle è trasmettere ad altri il potere di uno stato vitale nutrito di Daimoku, di studio, di curiosità, di fiducia e di scambio.
È così che lo zadankai diventa la celebrazione del miracolo quotidiano della pratica, un confronto sulle mille vie che il nostro percorso spirituale può tracciare sulla scena del nostro tempo, umili strade che possono portare ovunque. Attraverso le esperienze la vita irrompe nelle riunioni, testimoniando come la pratica può accendere l'esplorazione di sé e del mondo, nutrire la ricerca, orientare come una buona bussola la trasformazione.
«Adesso però siamo entrati nell’Ultimo giorno della Legge e il Daimoku che io, Nichiren, recito, è differente da quello delle epoche precedenti. Questo Nam-myoho-renge-kyo comprende sia la pratica per sé sia l’insegnamento agli altri» (RSND, 2, 925): un insegnamento che si nutre di dottrina, di esperienza e del loro incontro creativo in ogni singola esistenza.