BS 227 / DICEMBRE 2022

Raccontarsi la vita

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Raccontarsi la vita

Si potrebbe pensare all'esperienza come a una sorta di evento straordinario verso il quale convogliare i nostri sforzi, per concretizzare la teoria e ottenere un risultato. Ma a ben vedere è qualcosa di più. Perché facciamo esperienze tutti i giorni, quando la nostra vita intreccia la pratica buddista.
Quando la recitazione, le attività, le letture e lo studio sono assorbiti dal nostro quotidiano, lo popolano di domande e di ispirazioni.
Fare esperienza buddista è, in sostanza, innestare la fede nella vita di ogni giorno. Per questo forse suona come una forzatura distinguere e catalogare le esperienze che facciamo – lavoro, salute, relazioni – perché è come sottrarle al grande flusso che è il rapporto che intratteniamo con la pratica buddista, non disciplina separata dalla concretezza della vita ma linfa che la alimenta.
Capita a volte di guardarsi indietro e di cogliere nel suo straordinario insieme il cammino della nostra esperienza, di poter rivedere in quella prospettiva come erano le nostre sofferenze prima che diventassero altro, prima che – passo dopo passo - riuscissimo a trasformarle in preziose occasioni e trarne la forza per procedere.
«Afferra la fede che ti è lontana attraverso la prova concreta che ti è vicina» scriveva Nichiren Daishonin nella Lettera a Horen (RSND, 1, 455), indicando chiaramente in che modo vivere la fede, che si profila nel suo insegnamento come una pratica originale, nella quale il corpus dei princìpi diventa un organismo pulsante.
Che cos'è, del resto, la rivoluzione umana se non una somma di esperienze di fede raccolte in un disegno più ampio, come i tanti puntini che uniti danno vita a una figura grande e complessa. Quando questa sperimentazione naturale, fluida e continua, si addensa intorno a un esito prodigioso, esprimendo in modo lampante il progresso della rivoluzione personale, ci offre l'opportunità di mostrare meglio questa possibilità, incoraggiare altri percorsi, sostenere i compagni e le compagne di fede.
Le esperienze, grandi e piccole, animano le riunioni di discussione, non come speciali parabole, ma come testimonianze del profondo valore della pratica in qualsiasi momento della vita: raccontarle è trasmettere ad altri il potere di uno stato vitale nutrito di Daimoku, di studio, di curiosità, di fiducia e di scambio.
È così che lo zadankai diventa la celebrazione del miracolo quotidiano della pratica, un confronto sulle mille vie che il nostro percorso spirituale può tracciare sulla scena del nostro tempo, umili strade che possono portare ovunque. Attraverso le esperienze la vita irrompe nelle riunioni, testimoniando come la pratica può accendere l'esplorazione di sé e del mondo, nutrire la ricerca, orientare come una buona bussola la trasformazione.
«Adesso però siamo entrati nell’Ultimo giorno della Legge e il Daimoku che io, Nichiren, recito, è differente da quello delle epoche precedenti. Questo Nam-myoho-renge-kyo comprende sia la pratica per sé sia l’insegnamento agli altri» (RSND, 2, 925): un insegnamento che si nutre di dottrina, di esperienza e del loro incontro creativo in ogni singola esistenza.

Devo ai miei genitori se ho imparato ad amare

Valerio Alba | MILANO/CATANIA

Abito a Milano dal 2011 ma sono di Catania, dove vivono i miei genitori, che divorziarono quando avevo 4 anni. Nell’agosto del 2018, a 27 anni, iniziai la prima convivenza, ma mi accorsi che non riuscivo a manifestare affetto nei confronti della mia compagna, e lo stesso mi accadeva verso i miei familiari. Ero anche responsabile dei giovani uomini di un capitolo, ma facevo fatica a incoraggiarli.
Chiesi allora un consiglio di fede per affrontare questa sofferenza e cominciai a praticare in modo più costante, decidendo di provare gratitudine per l’affetto che ricevevo. Ma ogni volta che rientravo in famiglia mi sentivo un estraneo. Eppure, nonostante il divorzio, mio padre e mia madre andavano d’accordo e organizzavano continue occasioni per stare tutti insieme. Io non riuscivo ad apprezzare quei gesti di affetto e desideravo solo andarmene via.
«L’inferno è nel cuore di chi interiormente disprezza suo padre e trascura sua madre» scrive il Daishonin (RSND, 1, 1008): perciò pregai ancora più intensamente per abbattere questa barriera. Una mattina confidai a mia madre i miei sentimenti e la risposta fu disarmante: «Tu pensi che io e tuo padre avremmo dovuto pensarci 20 anni fa a realizzare una famiglia felice, e credi che oggi facciamo finta, ma non è così». Piansi a dirotto, da solo, in auto. Compresi il profondo cuore dei miei genitori: riuscii a vederli come Budda, Nadia e Maurizio, e non più come “genitori ideali”.
Nel frattempo conclusi la mia prima convivenza e durante il lockdown vissi una nuova relazione a distanza molto sofferta: stavolta esternavo affetto con tutto me stesso ma sentivo di non essere ricambiato, offuscato dalle mie sofferenze passate e dalle aspettative. Per comprendere cosa significhi costruire una famiglia di valore decisi di recitare 5 ore di Daimoku al giorno per una settimana. Fu una lotta estenuante, piangevo quotidianamente e la mia relazione non migliorò. Quando stavo per gettare la spugna mi ricordai che mancava ancora un’ora per rispettare il mio voto e davanti al Gohonzon vidi scorrere tutte le risposte che cercavo.
Sentii un’immensa gratitudine per Sensei, che è sempre stata la mia guida, per i compagni di fede e per la persona che amavo, ma soprattutto realizzai che se provavo sentimenti così profondi era solo grazie ai miei genitori che mi hanno messo al mondo e cresciuto così come sono. Li chiamai per ringraziarli e da quel momento la mia vita sbocciò: poco dopo finì anche la seconda relazione e andai a trascorrere l’estate 2020 con la mia famiglia a Catania.
Oggi mi trovo ancora qui, lavoro da remoto: mia madre si è risposata, mio padre sostiene mia sorella maggiore in una nuova attività professionale e da due anni convivo con la persona che amo e che mi ama così come sono.
Scrive Nichiren: «Quanto ai miei genitori in questa esistenza, non solo mi hanno dato la vita, ma hanno fatto di me un credente nel Sutra del Loto. Perciò devo ai miei attuali genitori una gratitudine ancora più grande che se fossi nato nella famiglia di Brahma, Shakra, di uno dei quattro grandi re celesti o di un re che mette in moto la ruota» (RSND, 1, 36). Ripagare i debiti di gratitudine verso i genitori corrisponde alla propria rivoluzione umana e io ho scelto di amarli davanti al Gohonzon.

Fieramente insieme

Gruppo Terra | CAVA DEI TIRRENI

Il gruppo Terra ha attraversato, nell’ultimo anno, il mare della sofferenza della malattia e della morte, insegnando ai singoli membri il potere di un'unione come quella “tra i pesci e l’acqua”.
Nell’agosto dell’anno scorso questo gruppo comincia a dare seguito a un’abitudine presa durante il lockdown, recitare insieme per gli scopi di tutti. Poco dopo una pioniera del movimento di kosen-rufu in Campania, con la quale io avevo cominciato a praticare 21 anni fa, finisce in coma, dopo un’operazione d’urgenza. Lo sconcerto non trova spazio nel muro di fede che la recitazione insieme aveva costruito: decidiamo di fare una maratona. Il gruppo Terra si unisce agli altri gruppi di Cava de’ Tirreni, Vietri, Nocera, Salerno. I responsabili e i membri si avvicendano per 12 ore fisse al giorno, ma spesso di più. Un'ondata di unione che nelle vite di ognuno diventa convinzione assoluta, stato vitale alto, incoraggiamento, progresso delle esistenze.
Un giorno, mentre recitavo con Giulia, sentiamo che abbiamo agganciato la vita della nostra amica. Siamo sicure che Pasqua ce la farà e lei fa passare appena un giorno per regalarci la conferma di aver sentito, risvegliandosi dal coma.
Pochi giorni dopo comincio ad accusare un dolore alla spalla e alla fine del mese ho un collasso del polmone. (Nel 2017 mi avevano diagnosticato una fibrosi idiopatica polmonare e sbaragliando le statistiche sono arrivata fino a oggi). Mi opera d’urgenza una dottoressa dolcissima. Nei cinque giorni in cui ho tenuto il drenaggio non sono mai stata infelice: avevo l’opportunità, come giornalista, di guardare il problema della sanità ai tempi del Covid dall’interno dei reparti di pneumologia di tutto il paese. Finisco a Padova, incontro chi ha subìto un trapianto. Passo in rassegna le cause messe nel passato: fumare molto, soffrire senza misura, non riuscire a prendermi cura di me. Decido solo allora di guarire, prima mi ero accontentata di non peggiorare. A luglio di quest’anno, per la prima volta, un valore della spirometria è migliorato di un punto.
Nel frattempo con il gruppo avevamo affrontato, oltre alla mia malattia, le difficoltà di tanti altri membri. Ci imbattiamo nell’oscurità totale della malattia psichica. Una nostra compagna soffre di depressione, in estate la situazione precipita e lei decide di togliersi la vita. Era stata sostenuta da tutti con un amore immenso. Il dolore ci travolge ma la fede è così strutturata da rivelarci subito la trama che si cela dietro questa terribile circostanza: la sacralità della vita deve diventare il valore fondante della nostra pratica e della società intera. “Rispettare la vita” diventa l’imperativo del gruppo, proprio nel momento in cui la guerra in Ucraina deflagra.
In questo anno i giovani sono sbocciati come fossero piante di limone, maestosi, degni. Le loro vittorie sono contagiose. Pasqua non ha, finora, avuto bisogno della chemio e io ho finito il mio libro, recito mentre mio figlio guarda un film e il mio compagno lavora. (Giovanna Ferrara)

Da una nuova consapevolezza di me una grande prova concreta

Martina Antonini | ROMA

A settembre 2019 comincio il mio percorso magistrale affrontando la complicata situazione di lavoratrice a tempo pieno e studentessa universitaria. In quel periodo, pervasa da un grande scoraggiamento, recito Daimoku per trasformare la mia situazione lavorativa che, oltre a essere faticosa e poco gratificante, non mi permette di frequentare le lezioni.
Proprio quando penso di mollare, la comparsa della pandemia e il conseguente lockdown portano alla chiusura di tutti i musei e luoghi di cultura. Si manifesta subito un grande beneficio e, in un contesto di difficoltà generale, il monumento dove lavoro è tra i pochi per cui viene richiesta una vigilanza a porte chiuse; perciò riesco a tenermi il posto di lavoro e grazie alla didattica online posso seguire le lezioni. La situazione inizia a migliorare notevolmente, anche se ogni appello continua a essere una lotta contro la mia insicurezza e la forte paura del giudizio esterno, che non mi permettono di esprimermi al meglio.
Nel frattempo, continuando a recitare per trasformare la sofferenza nel lavoro emerge chiaramente dentro di me qual è la strada che voglio intraprendere. Nel giro di poco tempo quell’esperienza lavorativa si chiude e si aprono le prime occasioni di tirocini e lavoro nel campo della progettazione didattica in ambito museale, dove sento di poter realizzare la mia missione, ma la paura di non riuscire a farlo è ancora molto grande.
All’inizio del 2021 mi viene proposta la responsabilità studenti di territorio e decido fermamente di trasformare quel mare di sofferenza. Impegnandomi nell’attività determino che ogni esame sia una chiacchierata tra pari in cui io riesca a trasmettere il mio entusiasmo; recito Daimoku per la felicità dei miei docenti e affinché non solo io ma tutti i colleghi presenti agli appelli riescano a passare gli esami a pieni voti. Mi concentro sulla creazione di valore nel mio corso di laurea come specchio della mia rivoluzione umana piuttosto che sul superamento del singolo esame come ricerca esterna di approvazione e sicurezza; ogni progetto universitario diviene così un’occasione straordinaria per parlare della pratica buddista, creare dialoghi sinceri e accrescere la fiducia in me stessa.
Cambiando la direzione del cuore si può trasformare qualsiasi cosa, come insegna il Daishonin quando scrive: «Si dice che dove c’è una virtù invisibile ci sarà una ricompensa visibile» (RSND, 1, 806). E così, a giugno di quest’anno, ho conseguito finalmente la laurea magistrale in storia dell’arte, con lode e plauso della commissione, e ho concluso un primo progetto di lavoro finalmente nel mio ambito. Quando ci si concentra sulla propria missione di bodhisattva, la prova concreta si manifesta di conseguenza.
Questi ultimi anni mi hanno permesso, grazie alla pratica corretta, di superare la mia insicurezza, conoscermi e accrescere la consapevolezza di me come giovane donna e buddista, costruendo nel frattempo grandi legami di stima e amicizia con i miei colleghi universitari e con i miei compagni di fede.

Il movimento per la pace della Soka Gakkai

Al tempo del presidente Tsunesaburo Makiguchi, fondatore della nostra organizzazione, lo zadankai veniva definito come un incontro per dimostrare il valore di una vita dedicata al bene supremo

La principale occasione per i membri della Sgi di incoraggiarsi e imparare gli uni dagli altri è la riunione di discussione, dove si incontrano regolarmente assieme ai loro amici e vicini di casa. Non si tratta di una relazione a senso unico dove un prete fa la predica ai laici, e neanche di un'anonima riunione di massa; è invece un ambiente intimo dove ogni partecipante può sentirsi al centro dell'attenzione. Lo scopo fondamentale della riunione di discussione è di fare in modo che i partecipanti si stimolino gli uni con gli altri verso la crescita e la trasformazione.
La riunione di discussione è stata l'attività centrale della Soka Gakkai fin dalla sua fondazione nel 1930. Gli incontri sono tenuti dai gruppi locali, e il loro nucleo centrale sono le esperienze di fede dei membri, pur essendovi la presentazione dei princìpi fondamentali del Buddismo del Daishonin. [...] Al tempo del presidente Tsunesaburo Makiguchi, fondatore della Soka Gakkai, la riunione di discussione veniva definita come un incontro per mostrare la prova concreta del valore di una vita dedicata al bene supremo.
La prima caratteristica della riunione di discussione è che, basandosi sulle esperienze dei partecipanti, stabilisce un legame tra le motivazioni interiori e ciò che è condiviso. Chi racconta la propria esperienza di fede non sta esponendo una conoscenza acquisita da altri, ma un'esperienza concreta che proviene dall'interno, il risultato di uno sforzo di autotrasformazione motivato interiormente. Attraverso una successione di testimonianze di questo tipo le persone arrivano ad apprezzarsi e a incoraggiarsi reciprocamente, sviluppando un senso condiviso di fiducia e di autorealizzazione. Grazie a questa esperienza, sia chi parla sia chi ascolta può approfondire la propria convinzione nella fede.
La seconda caratteristica della riunione di discussione è il suo spirito egualitario. Concetti come lo status sociale, la posizione o la situazione economica personale sono irrilevanti: la riunione di discussione è l'incarnazione della cooperazione tra singoli esseri umani con una base comune. In questo senso è il trionfo della democrazia, un'oasi per il cuore dove i partecipanti possono ricaricare la loro forza vitale e soddisfare la loro sete spirituale. La potente natura di Budda che emerge dalla combinazione della recitazione del Daimoku e della mutua ispirazione ottenuta frequentando le riunioni di discussione permette a ogni individuo di creare valore nelle forme di bellezza, bene e guadagno. Effettivamente la parola "soka" di Soka Gakkai significa "creazione di valore".
Il profondo significato del Sutra del Loto afferma: «Nessuna cosa che riguardi la vita o il lavoro è in qualche modo diversa dalla realtà fondamentale».
Ogni ambito della vita umana – le sfide nel lavoro, la famiglia, lo studio, la salute, l'aspetto finanziario, le relazioni, etc. – manifestando la natura di Budda fornisce un'occasione per la creazione di valore e l'opportunità di sperimentare la prova concreta della pratica nella forma del miglioramento materiale e spirituale. La riunione di discussione, fondata sul dialogo e sull'uguaglianza, è quindi un'eccellente opportunità per creare una cultura di pace.
In Abolire la guerra, Elise Boulding definisce la cultura di pace nei termini seguenti: «Un mosaico di identità, comportamenti, valori, credenze e schemi che portano le persone a vivere tra di loro e nel mondo in modo costruttivo senza l'aiuto di differenziazioni strutturate di potere, utilizzando creativamente le proprie differenze e condividendo le proprie risorse».

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Il capitolo del Sutra del Loto La parabola delle erbe medicinali contiene una descrizione poetica della cultura di pace.
La parabola descrive una varietà di piante bagnate da una nuvola che avvolge la Terra: «Sebbene tutte queste piante e questi alberi crescano sullo stesso terreno e siano bagnati dalla stessa pioggia, ognuno è differente dagli altri» (SDLPE, 154). In termini buddisti, questa immagine simboleggia il fatto che tutte le persone possono beneficiare dell'imparziale legge buddista e, come i tre tipi di erbe medicinali e i due tipi di alberi, possono ottenere lo stato di Illuminazione come espressione del loro specifico carattere e individualità. Questa immagine concorda con la visione di cultura di pace definita da Elise Boulding.
Qui la benedizione del sole e della pioggia sottolinea l'uguaglianza sotto il cielo, mentre la terra che sostiene le piante simboleggia l'uguaglianza sulla Terra. Nel Buddismo tutto ciò rappresenta il vero percorso della cultura, del rispetto per le differenze reciproche e della celebrazione delle diversità, condividendo equamente i doni della Terra che sostengono la vita e il cosmo.
La Sgi mira a concretizzare una filosofia umanista radicata nel rispetto per la sacralità della vita nell’ambito della pace, della cultura e dell'educazione. In questo modo cerchiamo di costruire una cultura di pace forte e universale.

(Estratto dall’articolo “Costruttori di pace”, pubblicato su DuemilaUno n. 82, di settembre-ottobre 2000, nello speciale “Religioni e nonviolenza”. Tradotto da Buddhist Peacework. Creating Cultures of Peace, a c. di David W. Chappell, Wisdom Publication, Boston, 1999).

NOTE
  1. 1. Elise Boulding e Randall Forsberg, Abolishing War: Dialogue with Peace Scholars Elise Boulding and Randall Forsberg, Boston Research Center for the 21st Century, Boston, 1998, p. 36.

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