Tra il Buddismo e il pensiero ecologista ci sono corrispondenze profonde. Esse nascono lì dove l’individuo incontra “il vero aspetto di tutti i fenomeni”, per usare le parole di uno degli scritti più toccanti di Nichiren Daishonin.
Queste corrispondenze sono state molto esplorate. Daisaku Ikeda dedica al tema dell’ambiente un’attenzione costante, facendone argomento sempre presente nei suoi dialoghi con le più importanti personalità impegnate a portare avanti la luce di un nuovo umanesimo, nelle Proposte di pace che ogni anno formula indirizzandole all’Onu, nei tanti interventi che rivolge ai membri della Soka Gakkai, incoraggiando ogni singolo individuo a vivere in armonia con la Legge mistica. Nel libro
La forza della speranza, dialogo con il premio Nobel Adolfo Pérez Esquivel, si legge: «È necessario che noi esseri umani siamo più umili al cospetto della Natura. Non dovremmo mai perdere la capacità di ascoltare la sua voce e di dialogare con lei per imparare. Altrimenti, perderemo il senso essenziale della vita umana».Adolfo Pérez Esquivel e Daisaku Ikeda,
La forza della speranza, Esperia, 2016, p. 106. Un importante scritto dal titolo “Il contributo del Buddismo al pensiero ambientale”, di Shuichi Yamamoto,Shuichi Yamamoto,
DuemilaUno n. 77, novembre-dicembre 1999. Traduzione, a cura della redazione, dell’articolo “Contribution of Buddhism to Environmental Thoughts”,
The Journal of Oriental Studies, 1998, vol. 8, pp. 144-173. Shuichi Yamamoto è professore di Scienze e Ingegneria per l’innovazione sostenibile presso la facoltà di Ingegneria della Soka University di Tokyo. pone il problema della crisi ambientale come un terreno sul quale siamo chiamati a verificare i princìpi spirituali che sono alla base della nostra vita. Vi si chiarisce innanzitutto che il problema ambientale si traduce in sofferenze concrete per l’essere umano. L’epidemia che stiamo attraversando, la cui diffusione è, in maniera scientificamente provata, agevolata dall’inquinamento e che ha, tra le sue indubbie cause, la distruzione della biodiversità con conseguente alterazione delle catene alimentari, ne è una prova dolorosa ed evidente. La religione nasce per rispondere alle sofferenze dell’umanità: non può quindi eludere la grave crisi ambientale che sta creando grande dolore al mondo intero.
Il medico accademico di fama mondiale Felix Unger, in un dialogo con Ikeda, sottolinea come un grande problema di questi tempi sia rappresentato da «uno stile di vita altamente secolarizzato, che dà origine a una visione assolutamente materialistica della vita».Daisaku Ikeda, Felix Unger,
Siamo umani, l’urgenza dell’empatia e dalla compassione, Piemme, 2019, p. 138 Tale condotta induce l’essere umano a credersi erroneamente misura del mondo e dà origine a un antropocentrismo in nome del quale si sono distrutte risorse, inquinati fiumi, alterati equilibri ecologici, determinati cambiamenti climatici e alterazioni degli equilibri ambientali. Che hanno prodotto devastazione, carestie, malattie, fenomeni di migrazione di massa. Il Buddismo, con i suoi princìpi fondamentali, pensa al mondo in termini di biocentrismo. Aurelio Peccei, economista di fama mondiale e fondatore del Club di Roma, che è stato lungimirante interlocutore di Daisaku Ikeda, descrive la condotta dell’essere umano, che non colloca la sua posizione all’interno del sistema “natura”, come un crescente fattore critico per l’equilibrio della biosfera, «quel sistema vitale strettamente interconnesso ospitato nella sottile pellicola di terra, acqua e aria che circonda il globo. Il destino delle altre specie – animali o vegetali che siano – è totalmente alla nostra mercé».Aurelio Peccei, Daisaku Ikeda,
Campanello d’allarme per il XXI secolo, Esperia, 2014, p. 13
L’antropocentrismo rappresenta, dal punto di vista del Buddismo, un difetto di visione spirituale. Il pensiero buddista interpreta, infatti, la realtà fenomenica in base al concetto di “origine dipendente”, che in giapponese si traduce con il termine
engi. Nelle antiche scritture buddiste, questo principio viene espresso così:«Se questo esiste, quello esiste. Se questo è nato, quello è nato. Se questo non esiste, quello non esiste. Se questo scompare, anche quello scompare».Shuichi Yamamoto,
op.
cit. Ogni cosa, ogni entità, esiste all’interno di una relazione con tutti gli altri fenomeni dell’universo. Le moderne teorie ecologiche parlano di questo principio come di una simbiosi, una specie di concerto in cui ognuno partecipa con la propria melodia. «Nel mondo tutto è mescolato con tutto, nulla è ontologicamente separato dal resto», scrive il filosofo Emanuele Coccia,Emanuele Coccia,
La vita delle piante. Metafisica della mescolanza, Il Mulino, 2018, p. 145. che continua: «Tale legame, questa cospirazione universale, è del resto ciò che chiamiamo mondo». E Shuichi Yamamoto, nel saggio sopra citato, sostiene che questo concetto «è alla base di ogni altro principio buddista». Questo modo “egualitarista” di concepire gli esseri viventi, senzienti o non senzienti, ha importanti implicazioni dal punto di vista dell’ambientalismo: dire che gli esseri umani, gli altri esseri viventi, e persino il mondo inanimato sono fondamentalmente uguali dal punto di vista della “vita” significa smantellare ogni forma di prepotenza perpetrata dall’essere umano sull’ambiente. «Se la vediamo in questi termini, distruggere la Natura equivale, in ultima istanza, a distruggere la vita degli esseri umani», ci spiega Ikeda.Adolfo Pérez Esquivel, Daisaku Ikeda,
op. cit., p. 108. Non si tratta di fare appello a salti metafisici, quanto piuttosto di cercare nella realtà fenomenica «la verità essenziale, attraverso l’osservazione continua e accurata dell’essere umano e di ciò che lo circonda».Daisaku Ikeda,
La vera entità della vita. Lezioni sugli scritti di Nichiren Daishonin, Esperia, 2018, p. 8.
Armonia di note differenti
L’“ecologia profonda” incontra il Buddismo nel cuore del suo delinearsi, lì dove ritrova un «egualitarismo biosferico che riconosce il rapporto tra esseri umani e le altre forme viventi come consequenziale»,
4 una sorta di armonia complessa composta di note differenti, tutte contributive nelle loro differenti singolarità. Il problema ambientale non è un problema astrattamente etico, è un problema concreto di soluzione delle sofferenze umane. E l’attuale crisi pandemica è il contesto più evidente per tale enunciato. Risolvere il problema ambientale è necessario per creare un mondo dove ogni essere possa vivere “felice e a proprio agio”.
La teoria di ichinen sanzen e la scelta di un karma appropriato
Il profondo mescolamento di cui parlava Coccia è evidente, come ci mostra Nichiren Daishonin in
Il conseguimento della Buddità in questa esistenza (RSND, 1, 3), nel principio di
ichinen sanzen altrimenti detto tremila regni in un singolo istante di vita, la teoria buddista che spiega la profonda interrelazione tra le parti di questo insieme connesso. «La vita in ogni singolo istante – scrive il Daishonin – abbraccia il corpo e la mente, l’io e l’ambiente di tutti gli esseri senzienti dei dieci mondi e anche di tutti gli esseri insenzienti dei tremila regni; le piante, il cielo e la terra, fino al più piccolo granello di polvere. La vita in ogni singolo istante permea l’intero regno dei fenomeni e si manifesta in ognuno di essi». Una compresenza tra spiritualità ed ecologia che Henry David Thoreau ha indirizzato con parole sublimi in un invito all’avvicendamento trasformativo: «Benedetto colui che è certo che l’animale che sta nel suo cuore sta morendo giorno per giorno, e che l’essere divino è in lui affermato».
5 In ogni istante la vita dà la possibilità di scegliere liberamente cosa rivelare: Animalità o Buddità. La strada del bodhisattva, quella di chi sceglie il karma appropriato per compiere la propria rivoluzione personale, è quella che squaderna questa scelta passiva in cui il karma viene vissuto come destino ineluttabile. Una circostanza esterna impermeabile (tra le parole “permea” e “impermeabile” si manifesta la forza pervasiva dell’insegnamento del Budda) che ci solleva da qualsiasi intervento, ci alleggerisce nelle responsabilità.
Come scrive Ikeda ne
La vita mistero prezioso: «Se vogliamo mantenere il rispetto per la vita in tutte le sue forme, non dobbiamo interferire nemmeno minimamente con l’operato dell’ordine cosmico e terrestre. Ogni esistenza nell’universo forma un grande sistema vitale edificato».Daisaku Ikeda,
La vita mistero prezioso, Bompiani, p. 36. L’ambientalismo, per chi è buddista, non è perciò una teoria destinata a persone più sensibili o a un’indagine scientifica la cui preoccupazione possa essere delegata a esperti, in genere ad altri, in un altro tempo. Il qui e ora buddista – l’
ichinen (l’istante attivo del pensiero che determina le nostre azioni) – non è e non può essere relegato a un tempo e a uno spazio vitale contingenti e confinati a noi stessi. Si tratta di sentire ogni giorno «nell’aria il flusso delle piogge eteree», come scrive Ikeda citando Hellen Keller e rimandando al legame «tra cose del cielo e quelle della terra»Daisaku Ikeda,
La saggezza del Sutra del Loto, Mondadori, 2004, vol. 1 p. 19. che si riflette per il Buddismo nel principio di
shoho jisso (“il vero aspetto di tutti i fenomeni”). Il concetto viene ribadito in una conferenza tenuta all’Accademia Cinese di Scienze Sociali di Pechino il 14 ottobre 1992 (Ikeda, “Un’etica della simbiosi”): «L’ethos della simbiosi non è legato al solo regno della società umana. Esso ha una dimensione cosmica e lavora nella natura e nell’universo. Il principio buddista dell’interrelazione tra umanità e natura è espresso nella frase: “Montagne e fiumi, piante e alberi tutti conseguono la Buddità”. Questa convinzione profonda ricoprirà un ruolo sempre più centrale con l’aumentare dei problemi riguardanti l’inquinamento, la distruzione dell’ambiente e lo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali».Daisaku Ikeda,
Un nuovo umanesimo, Esperia, 2019, p. 172.
Esho funi e i tre regni dell'esistenza
Alla luce di questi accordi (o disaccordi) è prezioso rileggere l’elenco delle connessioni (vedi p. 30 di questo giornale) che il Buddismo rende concrete quando l’aspetto sincero della preghiera, nella sua capacità trasformativa, fa intravedere armonia o disarmonia con cose apparentemente distanti da noi. Dal punto di vista teorico, sono dieci le non dualità stabilite in
Annotazioni sul significato profondo del Sutra del Loto, il trattato di Miao-lo (711-782) della scuola T’ien-t’ai che svela l’intima connessione che opera nel mondo. Tra le non dualità il Buddismo insegna con un principio,
esho funi, che tra io e ambiente non c’è differenza, sono uno l’ombra dell’altro. Come scrive Shuichi Yamamoto nel saggio già citato: «Un “ambiente” può essere definito solo in base a un soggetto corrispondente».
E-sho è una contrazione dei termini giapponesi
e-ho e
sho- ho. La sillaba
ho significa qui “effetto manifesto”, il risultato del karma.
Sho-ho indica la vita in se stessa o il mondo soggettivo,
e-ho indica l’ambiente inanimato, o il mondo oggettivo. Il mondo oggettivo e quello soggettivo sono concetti relativi: l’ambiente assume un significato diverso in base al soggetto che lo abita. Il principio di
esho funi spiega come il cambiamento di un solo individuo sia in grado di influenzare l’ambiente determinando un miglioramento anche per gli altri individui e, al contempo, un invito alla correzione dei comportamenti ecologicamente sbagliati. La possiamo chiamare una “ecologia profonda”. «Questa terra viva/ che scorre/ è tutto quel che c’è/ Noi siamo lei/ lei canta attraverso noi»Gary Snider,
L’isola della tartaruga, Stampa alternativa, 2004. avrebbe cantato il poeta Gary Snider, teorico del concetto di “riabitare” i luoghi, con la convinzione che già erano prima di noi e quindi meritano rispetto, come se uno entrando in una stanza salutasse chi vi è già presente. Significativa per il Buddismo è la teoria dei tre regni dell’esistenza (
san-seken) – il regno delle cinque componenti o aggregati (
go-on seken), quello degli esseri senzienti (
shujo seken) e quello degli esseri insenzienti (
kokudo seken) – che mostra l’illusorietà delle distinzioni concettuali fra i diversi fenomeni. Mentre negli esseri umani sono distinguibili tutti e cinque gli aggregati – materia (forma), percezione, concezione, volizione e coscienza – negli esseri insenzienti solo la materia è evidente, mentre gli altri quattro sono latenti. Nel regno animale, mentre la materia si manifesta invariabilmente, i quattro aggregati che riguardano la dimensione psichica si manifestano diversamente a seconda del tipo di animale. Nelle piante ci possono essere alcune attività che potremmo chiamare “psichiche” in quanto non si concretizzano chiaramente nella sola dimensione materiale. In particolare, il regno degli esseri insenzienti supporta l’esistenza stessa della vita facendo in modo che anche l’ambiente possieda i dieci mondi corrispondenti agli stati della vita, dall’Inferno alla Buddità, propri dell’essere umano. Questa può essere considerata una delle conseguenze della dottrina di
ichinen sanzen. In altre parole, la vita di un individuo si riflette nel mondo circostante, e il mondo stesso è coerente con l’esistenza individuale. In parole diverse ma molto limpidamente sembra suggerirlo anche il fisico teorico Carlo Rovelli nel suo ultimo libro,
Helgoland: «Se il mondo fisico è tessuto dalla trama sottile di immagini di specchi che si specchiano in altri specchi, senza il fondamento metafisico di una sostanza materiale, forse è più facile riconoscersi come parti di esso».Carlo Rovelli,
Helgoland, Adelphi, 2020, p. 163. E tutto si tiene. (Roberto Carvelli e Giovanna Ferrara)