dal corso di studio europeo
lezione rielaborata a cura della redazione

Non è cosa da poco: trovare descritte, passo dopo passo, le mosse da adottare nel proprio comportamento per non farsi sconfiggere dalle avversità della vita, e ottenere quella "pace e sicurezza" che il Buddismo promette, insieme alla vittoria nella propria vita e all'affermazione, dentro di sé e nella società, dei principi del Buddismo.

Questo è stato l'argomento di una delle lezioni tenute durante il corso europeo di studio nel luglio scorso, svolto attraverso l'analisi delle lettere che il Daishonin inviò al suo discepolo Shijo Kingo nell'arco di nove anni, lezione che proponiamo nelle pagine seguenti rielaborata a cura della redazione.

Ecco dunque ripercorse le tappe principali dell'esperienza di uno dei seguaci prediletti di Nichiren Daishonin, il samurai che, dopo aver tentato di convertire il suo signore, cadde in disgrazia e fu sul punto di perdere tutto, persino la vita, e alla fine riconquistò la fiducia e i feudi, avendo fatto proprie e messo in pratica tutte le indicazioni ricevute dal maestro su come realizzare una pratica corretta di fronte a qualunque tipo di difficoltà.

Una storia emblematica di come la relazione di non dualità tra maestro e discepolo, fondata sul profondo insegnamento del Sutra del Loto, porti alla vera vittoria nella vita. Una vittoria personale e dell'intero movimento di kosen-rufu.

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La strategia per la vittoria

Tra i discepoli del Daishonin, Shijo Kingo è uno dei destinatari del maggior numero di lettere del maestro. Fra il 1271, quando accorse al suo fianco durante la persecuzione di Tatsunokuchi in seguito alla quale il Daishonin venne confinato nella sperduta isola di Sado, al 1282, anno della morte di Nichiren, ricevette oltre trenta lettere di incoraggiamento.
Divenne seguace di Nichiren nel 1256 quando entrambi vivevano a Kamakura, e quindi possiamo dedurre che si conoscessero personalmente e si incontrassero spesso assieme alla moglie Nichigen-nyo. In quel periodo il Daishonin inviò alla famiglia alcune lettere che denotano un forte legame di amicizia, per la nascita della primogenita Tsukimaro e in occasione del primo anniversario di morte della madre di Shijo Kingo. Nel 1273, quando era già in esilio a Sado, Nichiren inviò alla famiglia la famosissima lettera Risposta a Kyo'o, per incoraggiare Kingo e la moglie a vincere attraverso la fede la gravissima malattia della loro seconda figlia.
Samurai al servizio del feudatario Ema Mitsutoki e abile medico, Shijo Kingo padroneggiava l'arte della spada e quella della medicina. Aveva un carattere focoso e probabilmente per questo motivo il suo maestro, che lo conosceva bene, in varie lettere gli diede numerosi suggerimenti pratici.
Dopo la prima invasione mongola, preoccupato della situazione sociale, Shijo Kingo chiese al suo signore - seguace di un'altra scuola buddista - di abbracciare gli insegnamenti del Daishonin. Questa forte azione di shakubuku gli provocò varie persecuzioni da parte di Ema, fino all'ordine di abiurare la sua fede pena la confisca delle terre e il confino in una provincia lontana.
In seguito, accorso al capezzale del suo signore colpito da una grave malattia, riuscì a guarirlo riacquistandone i favori e ricevendo un nuovo feudo tre volte più grande del precedente.
La sua intera esperienza è indissolubilmente legata alle tappe principali della vita del suo maestro. Possiamo suddividere tale percorso di fede in tre fasi, scandite sia da episodi della vita del Daishonin che della sua vita personale, e studiare come Nichiren lo abbia guidato passo dopo passo con consigli, incoraggiamenti e avvertimenti diversi a seconda del momento.
Pubblichiamo qui di seguito uno schema per orientarci in questo lungo viaggio che ripercorre, attraverso il Gosho (i cui titoli sono riportati in corsivo), le tappe di una meravigliosa e vittoriosa relazione tra maestro e discepolo. Che tutti noi possiamo decidere di sperimentare nella nostra vita.

DAL 1271: SHIJO KINGO È AL FIANCO DEL DAISHONIN DURANTE LA PERSECUZIONE DI TATSUNOKUCHI
AL 1274: IL DAISHONIN TORNA DALL'ESILIO A SADO

Nichiren Daishonin loda la fede coraggiosa di Shijo Kingo nel momento cruciale
da La persecuzione di Tatsunokuchi

Nichiren Daishonin loda il cuore del discepolo che ricerca il maestro in esilio
da Le divinità Stessa Nascita e Stesso Nome, La voce pura e risonante, Rimproverare l'offesa alla Legge e cancellare le colpe

Nichiren Daishonin affida a Shijo Kingo la missione della propagazione
da Le illusioni e i desideri terreni sono Illuminazione

DAL 1274: IL DAISHONIN SI RITIRA A MINOBU; SHIJO KINGO FA SHAKUBUKU AL SIGNORE DI EMA
AL 1277: SHIJO KINGO HA L'ORDINE DI LASCIARE IL SUO FEUDO

I benefici derivanti dalla pratica dello shakubuku
Non cadere nella negligenza e mantenere un atteggiamento vigile anche nelle piccole cose
da Raccomandare questo insegnamento al tuo signore

Gli atteggiamenti del cuore per affrontare le difficoltà:
- eliminare la lamentela e mantenere la consapevolezza e la pazienza
da La difficoltà di mantenere la fede
- sapere cosa significa per il Buddismo "essere felici e a proprio agio"
da Felicità in questo mondo
- non cancellare la fortuna odiando coloro verso cui si ha un debito di gratitudine
- non scappare dalle difficoltà, non abbandonare la lotta
da Consacrazione di una statua del Budda Shakyamuni fatta da Shijo Kingo
- fare della lotta condivisa tra maestro e discepolo il modello del proprio comportamento
- dimostrare un modo di vivere sincero basato sulla fede
da La propagazione del saggio
- non farsi influenzare dagli otto venti
- realizzare una preghiera in sintonia con quella del maestro
da Gli otto venti


DAL 1277: SHIJO KINGO PARTECIPA AL DIBATTITO DI KUWAGAYATSU
AL 1279: SHIJO KINGO OTTIENE DA EMA NUOVI FEUDI

I requisiti per superare un momento cruciale:
- non disonorare il Sutra del Loto
- non lamentarsi e non cadere nel servilismo e nell'adulazione
 da Ammonimento contro l'attaccamento al proprio feudo
- decidere nel proprio cuore che "Buddismo significa vincere"
 da L'eroe del mondo

Le condizioni necessarie affinché uno sviluppo positivo della situazione porti
a una vittoria certa:
- adottare come criterio di valutazione il principio che "i tesori del cuore sono al primo posto"
da I tre tipi di tesori
- non perdere la concentrazione di fronte a una vittoria momentanea
da Nove pensieri per una parola
- non dimenticare il debito di gratitudine nei confronti delle persone:
l'insoddisfazione cancella la fortuna
da Il ricevimento di nuovi feudi

La vittoria ottenuta grazie alla fede e al sincero desiderio di salvare e aiutare gli altri
da Virtù invisibile e ricompensa visibile
da Più lontana la sorgente, più lungo il corso del fiume

La strategia del Sutra del Loto
- i tre punti fondamentali per la vittoria: prudenza, coraggio, salda fede
- una fede che attiva gli dèi celesti e le divinità benevolenti
- la fragranza interna otterrà protezione esterna
- la Legge mistica è l'unica fonte di saggezza
- l'essenza del Buddismo sta nell'espressione: «È il cuore che è importante»
- stabilire come fondamento del cuore la non dualità tra maestro e discepolo
- la base di ogni strategia
- il coraggio per aprire nuove strade
da La strategia del Sutra del Loto


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Introduzione

Nichiren Daishonin loda la fede coraggiosa di Shijo Kingo nel momento cruciale 

21 settembre 1271
(ottavo anno
di Bun'ei)
«Fra tutti i luoghi di questo mondo di saha è a Tatsunokuchi, a Katase, nella provincia di Sagami, in Giappone, che risiede la vita di Nichiren. Poiché là egli dette la sua vita per il Sutra del Loto, Tatsunokuchi può ben essere chiamata la Terra della Luce Tranquilla. [...] Tu hai accompagnato Nichiren giurando di dare la tua vita come devoto del Sutra del Loto. Il tuo gesto è cento, mille, diecimila volte più grande di quello di Hung Yen, che si aprì il ventre per inserirvi il fegato del suo defunto signore, il duca Yi, [per salvarlo dalla vergogna e dal disonore]. Quando raggiungerò il Picco dell'Aquila per prima cosa riferirò che Shijo Kingo, come Nichiren, decise di morire per il Sutra del Loto» (La persecuzione di Tatsunokuchi, RSND, 1, 171-172).

Questa lettera venne scritta nove giorni dopo la cosiddetta persecuzione di Tatsunokuchi. Il 12 settembre 1271 il Daishonin era stato arrestato con l'accusa di fomentare disordini ed era stato condannato all'esilio nella lontana isola di Sado. Ma il capo della polizia di Kamakura, Hei no Saemon, aveva progettato di farlo giustiziare in segreto sulla spiaggia di Tatsunokuchi, prima che arrivasse sull'isola. Il Daishonin sfuggì alla decapitazione grazie a un prodigio celeste che terrorizzò i soldati, i quali rinunciarono all'esecuzione. Questo episodio rappresenta un punto di svolta fondamentale nella vita del Daishonin, che a tale proposito afferma: «Nel dodicesimo giorno del nono mese dello scorso anno [...] questa persona chiamata Nichiren è stata decapitata. È la sua anima che è giunta in quest'isola di Sado» (L'apertura degli occhi, RSND, 1, 243), volendo sottolineare che in quel momento aveva scartato la sua identità provvisoria di comune mortale e aveva rivelato quella di Budda originale.
Nichiren in vari Gosho loda la fede e il comportamento che Shijo Kingo ebbe in quell'occasione, quando lo raggiunse disposto a dare la vita al suo posto. Qui in particolare sottolinea il fatto che nello stesso luogo dove il maestro getta via la vita di comune mortale e rivela la sua Buddità, il discepolo è disposto a dare la sua vita per il maestro: questo ichinen (direzione del cuore, intenzione) ha un significato immenso ed è ciò che attiva nelle profondità della vita di Shijo Kingo la condizione vitale della Buddità.

Nichiren Daishonin loda il cuore del discepolo che ricerca il maestro in esilio

aprile 1272
(nono anno
di Bun'ei)
«Voi due siete nate come persone comuni e vivete a Kamakura, eppure credete nel Sutra del Loto senza preoccuparvi degli sguardi indiscreti o del pericolo che ciò può rappresentare per la vostra vita. Questo è a dir poco straordinario. Posso solo immaginare la vostra fede come un gioiello che, immerso nell'acqua torbida, la rende limpida. Siete come chi, quando un saggio insegna qualcosa di nuovo, crede a ogni sua parola e afferra così la verità. Sarà perché il Budda Shakyamuni e i bodhisattva Virtù Universale, Re della Medicina e Fiore Sovrano della Costellazione dimorano nei vostri cuori? Il Sutra del Loto afferma che le persone di Jambudvipa sono in grado di credere nel sutra grazie al potere del Bodhisattva Virtù Universale» (Le divinità Stessa Nascita e Stesso Nome, RSND, 1, 279).

Erano passati all'incirca sei mesi da quando il Daishonin era stato esiliato sull'isola di Sado e Shijo Kingo, non riuscendo più a trattenere il desiderio di partire per andare a fargli visita, lo raggiunse superando molti ostacoli. Il brano citato è parte di una lettera che Nichiren affidò al suo discepolo per la moglie Nichigen-nyo (e per la moglie di un altro discepolo). A quei tempi andare a fare visita a un esiliato era un'azione fortemente anticonformista, e qui il Daishonin loda la fede della donna che aveva sostenuto il viaggio del marito, ma vuole anche esprimere apprezzamento verso lo spirito di ricerca di Shijo Kingo stesso.

settembre 1272
(nono anno
di Bun'ei) 
«Il dodicesimo giorno del nono mese dello scorso anno sono incorso nell'ira delle autorità e la notte dello stesso giorno dovevo essere decapitato ma, per qualche motivo, riuscii a vivere sino a vedere il mattino e fui invece esiliato in questa provincia dove risiedo da allora. Sono stato abbandonato dal mondo, sono stato abbandonato dalla Legge del Budda e gli dèi celesti non dimostrano alcuna pietà per me. Sono un uomo che è stato bandito sia dal mondo secolare che da quello buddista. E malgrado ciò, nella tua sincera dedizione hai inviato un messo fin quaggiù, mandando anche offerte per commemorare il terzo anniversario della tua compianta madre, cosa della massima importanza per la tua vita! Negli ultimi due o tre giorni mi sembrava che stessi sognando» (La voce pura e risonante, RSND, 1 293-294).

Il Daishonin scrisse questa lettera in risposta alle offerte inviategli da Shijo Kingo in occasione del terzo anniversario della scomparsa della madre. Era trascorso circa un anno dall'inizio dell'esilio a Sado e stava per arrivare l'inverno, che in quel luogo era molto rigido. Inoltre Nichiren continuava a subire imboscate dai seguaci nembutsu e di conseguenza la sua vita continuava a essere in pericolo. Proprio in tale situazione ricevette queste offerte da Shijo Kingo.
«Abbandonato dal mondo» indica la sua condizione di esiliato, «abbandonato dalla Legge del Budda» indica che egli non vede alcuna possibilità oggettiva per ottenere la revoca dell'esilio. Qui il Daishonin loda Shijo Kingo per la sua coraggiosa dedizione a un uomo bandito dalla società.

1273
(decimo anno
di Bun'ei)
«Tuttavia, non essendo che una persona comune, a volte ho avuto dei rimpianti. E, se persino io ho avuto tali sentimenti, ancor più li avrà provati una donna [come tua moglie] che ignora tali questioni; tu e tua moglie non conoscete a fondo gli insegnamenti e mi sono addolorato pensando a quanto avrete dovuto rimpiangere la scelta di seguire Nichiren. Eppure, al contrario di quanto mi aspettavo, ho saputo che la vostra dedizione alla fede è ancor più salda della mia; questa è una cosa straordinaria! Mi chiedo se il Budda Shakyamuni stesso non sia entrato nel vostro cuore e mi è difficile trattenere lacrime di commozione» (Rimproverare l'offesa alla Legge e cancellare le colpe, RSND, 1, 387).

In questa lettera - prima del brano sopracitato - il Daishonin spiega che sta affrontando grandi persecuzioni perché ha commesso gravi offese alla Legge, ma che prova un'incredibile gioia perché in questo modo può estinguere le colpe passate e trasformare il suo karma. Ma, come dichiara qui, sebbene sia profondamente consapevole di ciò, in quanto comune mortale non riesce a non provare rammarico. A maggior ragione Shijo Kingo e la moglie, che hanno una conoscenza del Buddismo inferiore alla sua, dovrebbero rimpiangere la loro scelta, ma invece mantengono una fede forte e salda, superiore a quella dello stesso Daishonin, che perciò li loda.

Nichiren Daishonin affida a Shijo Kingo la missione della propagazione 

1272
(nono anno
di Bun'ei) 
«Nichiren ha iniziato a propagare i cinque caratteri del Daimoku affidati al Bodhisattva Pratiche Superiori quando i due Budda sedettero insieme nella Torre preziosa. Questo non significa forse che io sono l'inviato del Bodhisattva Pratiche Superiori? Inoltre, seguendo me, tu come devoto del Sutra del Loto parli ad altri di questa Legge. Cos'è questo se non la trasmissione della Legge? Porta avanti la tua fede nel Sutra del Loto. Se ti fermi a metà strada non potrai mai far scaturire il fuoco dalla pietra focaia. Fai sgorgare il potere della fede così che tutti gli abitanti di Kamakura, umili e potenti, e tutta la gente del Giappone, parlino di te come di "Shijo Kingo, Shijo Kingo della scuola del Loto". Una cattiva fama si diffonderà in lungo e in largo, ma una buona reputazione andrà anche più lontano, specialmente se è una reputazione di devozione al Sutra del Loto» (Le illusioni e i desideri terreni sono Illuminazione, RSND, 1, 283).

Qui il Daishonin afferma di essere il Bodhisattva Pratiche Superiori - a cui Shakyamuni, nel Sutra del Loto, affida la trasmissione degli insegnamenti - perché propaga i cinque caratteri di Nam-myoho-renge-kyo, la Legge che permette l'ottenimento della Buddità a tutti i Budda delle tre esistenze. E dichiara che i suoi discepoli sono i seguaci del Bodhisattva Pratiche Superiori, cioè i Bodhisattva della Terra. Nichiren sottolinea il fatto che non bisogna mai interrompere il flusso della fede nel Sutra del Loto, e inoltre chiarisce che Shijo Kingo - proprio perché è suo discepolo - è colui che eredita il compito di propagare il Sutra del Loto nell'epoca dell'Ultimo giorno della Legge. Lo invita a risvegliare una fede ancora più forte e a impegnarsi ancora di più nella propagazione del Sutra del Loto tanto da farsi lodare dalla gente di Kamakura come «Shijo Kingo, Shijo Kingo della scuola del Loto».

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1271. Shijo Kingo è al fianco del Daishonin durante la persecuzione di Tatsunokuchi1274. Il Daishonin torna dall'esilio a Sado

1274. Il Daishonin si ritira a Minobu. Shijo Kingo fa shakubuku a Ema1277. Shijo Kingo ha l'ordine di lasciare il suo feudo

1277. Shijo Kingo partecipa al dibattito di Kuwagayatsu1279. Shijo Kingo ottiene da Ema nuovi feudi

In prima persona

In prima persona

2011: anno delle persone capaci e della crescita dinamica. Ho iniziato quest'anno con la ferma determinazione di essere capace di seguire l'indicazione del maestro. Con quello spirito che mi stava chiedendo di avere.
Poco meno di un mese dopo quella ferma determinazione, mi è stato diagnosticato un carcinoma. Ritrovo, quel giorno, scritto nelle pagine del mio diario con queste semplici parole: «Ho un cancro. Sono al centro della vita. La mia crescita passa da qui». Quelle poche parole riassumono lo spirito con cui ho accolto quella notizia e con cui ho vissuto quest'anno.
Non posso dire di non avere avuto paura, non posso dire che fantasmi legati a quella parola, cancro, non abbiano turbato i miei pensieri. Fino al giorno dell'operazione non avevo ancora certezza della gravità di quel tumore che nella sua entità multicentrica lasciava spazi a sorprese.
Ho praticato molto. Ricordo che all'inizio il mio Daimoku era orientato a sentire la presenza di quelle cellule strane che solo una diagnosi mi diceva esistere. La mia malattia era asintomatica. Senza quel foglio con scritte quelle parole io mi sentivo una persona sana come prima. Poi piano piano ho percepito che la vera sfida sarebbe stata di sperimentare quello spirito che avevo deciso di avere: crescita dinamica.
È stata una grande occasione. Un percorso ricco di momenti significativi. Ne voglio raccontare alcuni. Da convinta claustrofobica, il primo grande ostacolo che mi si è presentato è stato sottopormi alla risonanza magnetica. La sola parola mi evocava assenza di aria poiché come è noto lo spazio in cui ci si deve collocare per tale esame è tutt'altro che arioso. Ho fatto ore di Daimoku per convincermi che ce l'avrei fatta ma alla fine ogni volta il panico mi assaliva. Chiudevo il Gohonzon, guardavo le immagini di quel cilindro e mi dicevo: «Non ce la posso fare». La sera prima dell'esame ho esploso la mia ansia a un'amica, anche lei praticante. Mi ha detto poco, ma quel poco che ha fatto la differenza: «Tu non ce la fai, ma Nam-myoho-renge-kyo sì, ce la fa. Tu sei Nam-myoho-renge-kyo». Lì per lì non avevo capito molto ma quando mi sono ritrovata in quel cilindro, con tutto quel frastuono del magnete, mentre sentivo il cuore che stava per accelerare all'impazzata mi sono ricordata le sue parole. Lì ho potuto capire cosa significa quando diciamo di essere Nam-myoho-renge-kyo. La mia natura più profonda era molto di più di quel mio corpo nel cilindro, era lo stesso suono che sentivo, era lo stesso cilindro che mi avvolgeva. Io ero libera. Io non avevo paura e sono rimasta immobile e tranquilla per trenta minuti lì dentro sentendomi a mio agio. Quando sono uscita, nello specchio del corridoio ho visto il mio viso sorridente che diceva dell'immensa gioia che provavo. La mia vita aveva fatto un balzo in avanti. Un pezzo di crescita da donare al maestro era avvenuto. Quella grande paura era stata la mia occasione. Dietro al grande ostacolo avevo trovato una grande felicità.
Oggi il mio cancro è stato rimosso, e oncologicamente parlando la situazione è molto buona. Posso comunque dire che questa esperienza non la considero tale perché attraverso il Daimoku tutto è andato per il meglio e sono guarita. Davvero non è per questo che la considero un'esperienza. Non ho mai praticato per guarire la malattia ma per usare ogni cosa mi capitasse o mi dicessero per rafforzare la mia vita, per sentirmi a mio agio in qualunque circostanza, per sperimentare quella grande crescita che ho desiderato. Non è stato facile, certo che no, perché in superficie le onde erano talvolta alte e minacciose, ma dentro, profondamente, pregando sentivo una grande gioia, sentivo che quella burrasca era la mia opportunità di percepire la forza di anni di pratica, la forza del Daimoku che rasserena. Avevo la possibilità di vivere la malattia da un punto di vista differente, e provavo immensa gioia per aver iniziato a praticare e per avere la capacità di guardare la vita dal punto di vista della fede. Davvero non mi sono mai sentita così forte.
Pochi giorni fa la mia compagna di stanza in ospedale, una donna deliziosa di una sessantina d'anni che era arrivata con una grande paura di tutto quello che doveva affrontare e che ho avuto modo di avvolgere con questo mio stato vitale che mi accompagnava, ricordando quei giorni insieme ha detto così: «Oh Giò, che risate in quei giorni, che forza che sentivo, non me lo sarei mai immaginata. Senza te non sarebbe stato così». Le sue parole mi hanno riempito di felicità perché avevo deciso che durante il ricovero io avrei avuto una missione: incoraggiare le persone intorno a me. Tutti mi dicevano: prendi la stanza singola così puoi stare con gli amici e recitare tanto Daimoku. Ho scelto di no, volevo poter incoraggiare chi avrei incontrato. E Clem, la mia compagna di stanza, con le sue paure e nevrosi iniziali è stata la mia occasione. La nostra camera in ospedale era davvero un luogo pieno di energia bella.
I miei parenti e amici non praticanti mi dicevano: «Ma tu stai così perché fai quella cosa là?».
Sì, stavo così perché avevo deciso di accogliere la sfida del mio maestro e stavo crescendo. Felicemente crescendo. (G. G.)

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Non mi sono mai sentita così forte

In prima persona

In prima persona

intervista a cura di Monica Piccini

Quando ci siamo riuniti la prima volta per parlare di questo numero (la strategia per la vittoria) tu hai detto di avere un'esperienza da raccontare. Pentita?
Quando si decide di contribuire a kosen-rufu la vita si muove in direzione della nostra felicità. Anche se ciò che viene fuori sulle prime potrebbe non piacerci. La mia esperienza è quella di perseverare nel Daimoku (due ore al giorno da più di due anni) per realizzare i miei desideri in campo sentimentale. Quando mi sono proposta di raccontare questa esperienza ero appena andata a vivere con la mia compagna, dopo un anno e mezzo di lotte condivise. Lei si ritrovava a vivere la sua prima relazione con una donna, ma finché non si scioglie il giudizio che si ha verso se stessi, ciò che pensano gli altri ha un peso enorme anche sulla coppia. Ho cercato quindi di sostenerla, avendo già affrontato questo nodo davanti al Gohonzon cinque anni fa. Non è stato facile: non avere l'approvazione delle persone più care l'ha fatta traballare diverse volte. Quest'estate per esempio avevamo deciso di interrompere la relazione, per poi rimetterci insieme poco prima della grande attività del 22 ottobre.

Ci vedi un nesso con le passate esperienze d'amore?
Sì, è come se pensassi che in una relazione io non possa avere tutto quel che desidero. Se c'è la passione non c'è la stabilità, se c'è la condivisione non c'è il vero amore. Come se una cosa escludesse l'altra. Non solo, se reagisco e chiedo qualcosa di più è come se sentissi di pretendere troppo. Il risultato è che a quel punto scendo a compromessi con il mio desiderio più profondo.

In fondo non ti senti perfettamente dotata...
Infatti, non do dignità a quel che desidero perché non riconosco il mio valore. E non manifesto una caratteristica del Budda: l'indipendenza.
Questo dell'indipendenza non a caso è il leit motiv delle mie esperienze sentimentali.

In questo periodo come hai affrontato la lotta per l'indipendenza?
Al momento sto a metà strada ma ho preso delle decisioni difficili. Nella sfera affettiva ho determinato di non accontentarmi più, di conseguenza ho deciso di chiudere la mia storia in corso, nonostante i sentimenti ancora vivi. Questo è successo nel momento in cui ho voluto condividere con voi lettori questo percorso. Di nuovo, da parte della mia compagna si erano manifestati dubbi. Mi sembrava un incubo. Ma per la prima volta non ho chiuso gli occhi di fronte alla mia insoddisfazione e ho rispolverato l'elenco delle caratteristiche della persona che voglio accanto. Accontentandomi non avrei rispettato né me stessa né lei. Questa è stata la vera controtendenza per me. Questa volta ho deciso io, indipendentemente!

Quale sarà il prossimo passo?
Riuscire a mantenere questa decisione non è facile. Devo rimanere costante nel Daimoku senza guardare gli effetti del momento. Voglio trasformare poi la mia situazione economica: mi piacerebbe avere una casa mia e diventare, lo posso dire? ricca...

...anche se per diventarlo è necessario avere un lavoro...
Sulla realizzazione professionale - sono fotografa professionista - ci sto lavorando. Anche se la fatica più grande è crederci davanti al Gohonzon! Perché, ci risiamo, la mia oscurità mi fa pensare che non posso avere tutto quel che desidero. Credo sia sempre legato al valore.

E la ciliegina sulla torta?
Sviluppare un io solido come il monte Fuji. Voglio percepire ogni giorno la mia Buddità. In questi giorni di sofferenza in alcuni momenti ho percepito l'indipendenza di cui parla il Buddismo: sentirsi felici a prescindere dalla circostanze. Voglio che questa diventi la nuova tendenza della mia vita.

Passami una domanda cattiva. Quindi così felice potresti rimanere anche con la ragazza che hai appena lasciato?
Essere felici a prescindere non significa accontentarsi. Per quanto ancora sinceramente innamorata ho preso una decisione e voglio portarla fino in fondo. è una questione di fede.
Proteggo ogni giorno la convinzione che facendo la mia rivoluzione umana e sviluppando io le caratteristiche che cerco nell'altra, per il principio di esho funi attirerò la donna della mia vita. Se dovesse essere la ragazza che ho appena lasciato si manifesterà chiaramente, stavolta senza dubbi. Ma non voglio mettere più limiti al Gohonzon. Sono due anni che approfondisco il Gosho Ammonimento contro l'attaccamento al proprio feudo. Sono curiosa di vedere "le terre" che mi spettano.
Intanto voglio godermi il percorso. A cuore aperto.
(J. G.)

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Indipendente, senza accontentarmi

In prima persona

In prima persona

All'inizio sembrava facile. Credevo fosse questione di poco. In realtà le cose erano ben peggiori di quanto potessi credere. Non mi ero mai trovata in una situazione simile. Mai in ufficio avevo assistito a comportamenti così poco "professionali", mai con urla, insulti e malignità di tale livello. Anche se le mie convivenze lavorative erano sempre state poco positive, mi trovavo ad affrontare una realtà per me davvero nuova. Non solo dovevo fare i conti con un lavoro pesante e difficile, ma anche con dinamiche di relazione che mi disorientavano del tutto.
Comincio a praticare, dopo aver ricevuto guida, per la felicità delle mie colleghe, comincio con slancio ma non vedo nessun risultato nell'immediato. Mi butto giù, le ore di lavoro sono tante, la mia attività buddista è prossima allo zero e senza neanche rendermene conto proseguo in una pratica senza convinzione. E senza risultati.
Mi bastano un paio di mesi per toccare il fondo. La situazione prende una piega davvero senza speranza. Ho tutto l'ufficio contro, compreso il capo che mi toglie il saluto e si rivolge a me solo per schernirmi. Sono quasi sul punto di lasciare il lavoro, ne parlo coi miei compagni di fede. Decido di non mollare sulla base della sofferenza, ma piuttosto di darmi un mese di tempo per decidere su altri presupposti.
A questo punto mi ritrovo davanti al Gohonzon a recitare senza neanche capire quello che sto facendo, tanto sono sconvolta dagli episodi che vivo ogni giorno. Ha inizio una battaglia inedita. Decido di tornare a studiare con uno spirito di ricerca che avevo perso, di ricordare esperienze che ho letto e che mi confortano. Mi affido ai Gosho in cui Nichiren incoraggia Shijo Kingo alle prese con le invidie dei suoi colleghi e con l'ostilità del suo signore. Dopo qualche giorno comincio a tornare in me, a capire che nonostante tutti i miei errori e le mie mancanze non mi merito assolutamente quello che mi sta accadendo e che devo comportarmi mantenendo un atteggiamento dignitoso. Lotto perché ci sia giustizia. Affronto i miei limiti, in primo luogo quelli che riguardano la pratica. Questo è il veleno che si deve trasformare in medicina. È il momento di dimostrarmi che fede significa non nutrire dubbi. Si tratta di un braccio di ferro continuo e costante, devo vincere qui e ora. E allora determino e metto delle scadenze impossibili.
Sono anch'io stupita ma alla fine riesco a vincere: le mie colleghe una a una lasciano l'ufficio, il mio capo se ne va e ne arriva un altro. Io rimango e mi viene rinnovato il contratto. Ma soprattutto, le due colleghe che mi avevano più nuociuto, e che godevano dell'appoggio incondizionato di tutto l'ambiente, escono fuori per quello che sono. Avevo chiesto giustizia.
Sebbene sia stata durissima, abbia sofferto di ansia e incubi e altre difficoltà di questo genere, posso dire che ce l'ho fatta, senza farmi venire un esaurimento nervoso. Dopo questa esperienza credo davvero di aver fatto un salto di qualità nella fede. E tra l'altro, proprio in quel periodo, ho deciso di sposarmi e di costruire la mia vita indipendentemente da quella situazione.
In ogni modo, la lezione più importante che credo di aver imparato è che davvero la strategia del Sutra del Loto deve essere anteposta alle nostre tendenze karmiche, ai nostri ragionamenti spesso oscurati, e che dobbiamo sfidarci ogni giorno nel cercare di assumere un comportamento il più vicino possibile a quello che ci indicano Nichiren e il presidente Ikeda. Una sfida enorme, ma che determina la vittoria. (A. S.)

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Così ho vinto nel mio lavoro

In prima persona

In prima persona

intervista a cura di Gianna Mazzini

Perché hai cominciato praticare?
Per due ragioni. La prima è che quando lessi la storia di Nichiren Daishonin mi colpì il fatto che si diceva che quando sei di fronte a una persona dovresti vedere solo che è un Budda e non come appare. Quando hai una malattia come la mia la gente ti guarda per come appari e non per quello che sei, uno come loro. Fukyo s'inchinava anche davanti ai malvagi in quanto Budda, perché di loro vedeva la natura di Budda. Questa cosa mi colpì. Ricordo che pensai: magari troverò persone che mi guarderanno con occhi differenti. Questa è stata la mia scintilla.
La seconda ragione è che molti insegnamenti religiosi ti promettono la felicità dopo la morte, e invece il Buddismo ti dice che la felicità può essere qui e ora. Questo mi ha fatto venire voglia di provare. Certo avevo molti dubbi, ma continuando i dubbi hanno cominciato a dissiparsi.

Qual è la tua malattia?
Nel '75 quando avevo appena otto anni cominciai a salire a fatica le scale e di lì a poco mi diagnosticarono la distrofia muscolare di Duchenne, una malattia progressiva.
Non è mai stata la malattia però a farmi soffrire, certo vivo con un respiratore, non posso muovermi e parlo con difficoltà, ma la cosa che mi ha sempre fatto soffrire di più è l'atteggiamento delle persone nei miei confronti. Con la malattia si impara a convivere, ma non si impara mai a convivere accanto alla stupidità e all'ignoranza. Da lì è cominciata la mia battaglia culturale, di civiltà. E se la vinci non vinci solo per te ma per tutti quelli che la maggioranza ritiene diversi.

La tua più grande vittoria?
Non accettare la sconfitta, come dice il mio maestro Daisaku Ikeda. Non accettare la sconfitta è già una grande vittoria.
Poi ci sono le vittorie concrete: ho trovato una donna con cui condividere emozioni. Ho recitato a teatro con un respiratore automatico. Mi sento un po' come Gagarin (primo uomo nello spazio, n.d.r.). Sono l'unico, credo, che abbia recitato col respiratore. In scena ho fatto quattro personaggi (un omosessuale, un disabile - ma questo era facile - una madre ebrea e un padre nero) con ironia per alleggerire la sofferenza sia mia che delle persone che assistevano allo spettacolo.
Ho un computer che mi permette di scrivere e viaggiare con internet ovunque e raggiungere un sacco di persone.
Quando ho momenti di difficoltà mi chiedo: ma come era la tua vita prima di praticare? Era peggiore, il Buddismo mi dà uno stimolo continuo.
Quando scrivo cerco sempre di non scrivere cose negative perché sento una responsabilità: non dare cattivi esempi e dire la mia verità, per quanto possibile.
A livello materiale ho dei limiti ma a livello delle idee no. Voglio migliorare il cuore della gente e anche il mio.

Ti sei mai ispirato allo spirito di Shijo Kingo?
Quando ho sentito parlare di Shijo Kingo mi ci sono rivisto molto: irascibile e fin troppo diretto. La collera è sbagliata solo se spari a casaccio, ma se la indirizzi bene arricchisce. Questo non vuol dire che non sbaglio più, ma molto meno di prima.

Hai difficoltà a recitare Daimoku?
Il respiratore a volte mi taglia la frase, ma dove non arriva la voce arriva la mente.

Che obiettivi hai?
Riuscire, nel mio piccolo, col teatro, a sfondare questo muro di pregiudizi che ci sono nella vita. Farlo diventare il mio lavoro, che mi dia indipendenza economica perché lo stato non aiuta molto le famiglie dei disabili. Cercare di migliorare il cuore della donna che frequento, essere un trait-d'union con le cose belle della vita.
Tirare fuori il bello dalla vita.
Una volta ero con un accompagnatore e mi si ruppe la batteria al litio, rimasi senza respiratore e dovevo azionare il ventilatore manuale e, sapendo che lui poteva spaventarsi, ridevo per evitare che si impressionasse.
Un'altra volta accadde mentre prendevo un farmaco. Può capitare che io abbia dell'ansia, dovuta alle fatiche della respirazione, e una volta presi un farmaco che fece reazione con altri farmaci. Persi conoscenza e mi portarono all'ospedale. Cominciai a recitare Daimoku e tutto tornò normale. Passai comunque la notte in rianimazione ma stavo bene. Riuscire a scherzare con gli infermieri un'ora dopo aver rischiato la vita è un segno della forza che il Buddismo mi ha dato.
Essendo poeta e scrittore io osservo molto, osservo le persone. Vedo spesso gente che racconta sempre la stessa esperienza e penso che magari non sono ancora riusciti a superarla. I problemi ci saranno sempre ma perlomeno facciamo sbagli nuovi!
Ho cominciato a praticare nel 2005. Fino al 2006 avevo la terza media. In due anni ho fatto cinque anni di scuola superiore prendendo il diploma di operatore turistico. Avevo bisogno di un diploma per andare all'università. Nel 2009 mi sono iscritto alla facoltà di Discipline dello spettacolo e della comunicazione e ho dato quattordici esami da autodidatta (non posso frequentare), superandoli tutti con trenta e trenta e lode. Mi mancano nove esami alla laurea.
Ho detto a mia madre: ho fatto un salto che neanche Bubka (storico recordman di salto con l'asta, n.d.r.)... Lo stato vitale che aumenta fa aumentare la voglia di sfidarsi. (S. M.)

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La strategia per la vittoria

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