prima puntata / seconda parte della serie

A partire da questo numero presentiamo la seconda parte della serie "La saggezza per creare la pace e la felicità" - il settimo e l'ottavo capitolo - una selezione di brani scelti da testi di Daisaku Ikeda sul tema della rivoluzione umana a cura della Soka Gakkai Internazionale.
"Rivoluzione umana" è la definizione utilizzata dal secondo presidente della Soka Gakkai Josei Toda per descrivere quel processo fondamentale di trasformazione interiore attraverso il quale ci liberiamo dalle catene del nostro "piccolo io", imprigionato dall'ego e dall'autocommiserazione, e accresciamo l'altruismo del "grande io" capace di preoccuparsi e di agire per gli altri e, in ultima analisi, per l'umanità intera.
Toda utilizzò questa espressione per indicare in termini moderni il conseguimento dello stato vitale della Buddità, l'obiettivo supremo della pratica buddista, sottolineando l'importanza del miglioramento personale come esseri umani nella vita presente.
Lo scopo della pratica buddista quindi non è altro che realizzare la nostra rivoluzione umana.

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La rivoluzione umana

Che cos'è la rivoluzione umana

È il cuore che è importante

Quattro storie di vita e di cambiamenti

 Il mio desiderio era morire

Due matrimoni falliti, quattro figli piccoli da crescere da sola e una madre "iceberg" che consideravo la causa dei miei mali. Mia cugina mi parla di Nam-myoho-renge-kyo e mi consiglia di provare a recitare per realizzare un mio desiderio.
Faticosamente recito Daimoku affinché la mia vita abbia fine.
Ero stanca, depressa e stremata, non ce la facevo più.
Dopo qualche giorno di Nam-myoho-renge-kyo il mio desiderio si trasforma: voglio uscire dalla mia situazione di infinita tristezza e solitudine, voglio guarire dalla depressione ed essere felice.
Quindi decido di risolvere alcuni nodi della mia vita e vado da un'illustre psicologa non buddista che, con mia grande sorpresa, mi consiglia di continuare a recitare.
Lo inizio a fare come una terapia, mattina e sera.
Ricevo il Gohonzon dopo due mesi e il cambiamento in me è palese. Mia madre, alla quale ho fatto shakubuku, accortasi della mia trasformazione riceve il Gohonzon due mesi dopo di me. È sempre stato molto faticoso recitare insieme a lei, a causa delle vicissitudini che abbiamo sperimentato durante la mia infanzia e adolescenza. Purtroppo mi ha sempre affidato alle cure di medici sbagliati, che quando ero piccola mi imbottivano di psicofarmaci e da adolescente sono arrivati a molestarmi. Mi riferisco a una particolare visita ginecologica di uno dei più famosi specialisti condotta su di me bambina illibata appena dodicenne, lasciata da sola con lui, come fossi una donna adulta già pronta a quel tipo di visita. Fui distrutta dallo shock.
È stato questo episodio in particolare, dopo qualche anno di pratica, a riaffiorare in modo ossessivo, facendomi odiare mia madre e impedendomi di essere felice al punto che non riuscivo più a sorridere con nessuno, ero sempre arrabbiata e ogni volta che potevo le vomitavo addosso ciò che era accaduto a causa della sua noncuranza nei miei confronti.
Parlo con un'amica buddista la quale mi consiglia di fare "tabula rasa" nella mia mente e ripartire da "zero". Non significa negare l'accaduto, è un fatto storico, ma ricominciare da ora a vivere il rapporto con mia madre. Ero certa che fosse impossibile, tale era il mio risentimento verso di lei. Ma la nostra pratica promette che l'impossibile diventa possibile.
Ho iniziato a recitare con questo scopo senza pensare a nulla, solo ascoltando Nam-myoho-renge-kyo. E il mio sogno si è avverato. Il rapporto con mia madre si è, incredibilmente, trasformato. Non riuscivo a crederlo.
Sono trascorsi due anni da allora e la amo di un amore assoluto, totale, inebriante. La abbraccio, la bacio e le dico che le voglio bene.
Ho desiderato per tanti anni una mamma diversa dalla mia, quelle delle altre erano sempre più belle, più buone, più moderne. Adesso non la cambierei per nulla al mondo, siamo amiche, confidenti, "birichine...", c'è un'unione, tra me e lei, che va al di là delle parole. (K. K.)

 Quel baratro che mi ha fatto rinascere

Ho iniziato a recitare Daimoku nel dicembre 2007 grazie al mio amico Francesco che mi ha parlato del potere di Nam-myoho-renge-kyo nel periodo più buio della mia vita.
Avevo una splendida famiglia, un buon lavoro, la forza fisica e l'amore delle persone che mi circondavano. Davo per scontata questa fortuna e ciò mi portò a rovinare tutto.
Per il desiderio di ottenere ancora di più iniziai a svolgere un secondo lavoro che mi impegnava fino a sera. Pensavo soltanto a lavorare, non avevo mai tempo per me né da dedicare ai miei figli, e mi sentivo sempre meno energico.
Così nel 2002 entrai in un meccanismo infernale. Avevo trentadue anni e iniziai ad assumere quotidianamente cocaina.
All'inizio sembrava mi aiutasse a concentrarmi sul lavoro e che io riuscissi a gestirne l'effetto in maniera efficiente. Ma con il passare del tempo cresceva il desiderio di assumerla in quantità sempre maggiori. La reazione sul mio corpo non era più quella degli inizi, non stavo bene come prima, anzi stavo veramente male. In casa giocavo sempre meno con mio figlio e mi sottraevo alle sue richieste, la realtà era che non ce la facevo perché ero sotto l'effetto della droga.
Per acquistare le dosi giornaliere nel giro di cinque anni avevo contratto ingenti debiti prendendo prestiti personali, cessioni decennali sullo stipendio, emettendo cambiali e soprattutto accumulando debiti con chi mi forniva la cocaina.
La mia giornata era un ciclo infernale che continuava persino quando arrivavo a casa la sera: fingevo di aver già mangiato, spegnevo il telefonino per paura di ricevere chiamate dai creditori, controllavo sempre se il naso era pulito. Giunsi a rubare i soldi a mia moglie, a vendere l'oro di famiglia, a ritirare i risparmi dal libretto di mio figlio e a fare tante altre cose.
A ottobre 2006 nacque la nostra seconda figlia. Ero sicuro che con la sua nascita avrei avuto il coraggio di smettere, ma non fu così.
L'anno seguente, dopo neanche un mese dalla morte di suo padre, mia moglie casualmente scoprì la verità sulla mia dipendenza e sulla nostra situazione finanziaria. Le crollò il mondo addosso, insieme alla stima, alla fiducia, alle aspettative che aveva nei miei confronti. La famiglia, il grande punto fermo della sua vita per il quale si era sacrificata e in cui aveva sempre creduto, si stava sgretolando.
Ma dopo un lunga notte insonne trovò la forza di aiutarmi. L'indomani mi accompagnò presso un centro di recupero per tossicodipendenti e intraprendemmo un rapporto terapeutico che ci ha aiutato tantissimo ad affrontare sia il mio problema di dipendenza sia il nostro rapporto di coppia.
Fu in questo periodo di grande sconvolgimento, nel dicembre 2007, che il mio vecchio amico Francesco mi disse di provare a recitare Nam-myoho-renge-kyo.
Ogni sera lo incontravo nel ristorante dove trovai lavoro come cameriere, lavoravamo insieme e vedevo in lui una forza fisica e una serenità invidiabili. Gli chiesi come poteva avere quel tipo di atteggiamento in quell'ambiente che a me suscitava solo collera, mi rispose che praticava il Buddismo e che avrei potuto provare anch'io. Conoscendolo bene mi fidai subito e pochi giorni dopo partecipai alla mia prima riunione. Sentii profondamente che potevo ricominciare da lì. Cosi iniziai a recitare Daimoku con costanza e a marzo 2008 ricevetti il Gohonzon.
Recitando Daimoku capii che la mia rivoluzione umana dipendeva soltanto da me. Lasciai il centro di recupero e mi immersi pienamente nel Gohonzon. Sentivo di colmare il vuoto interiore e anche la dipendenza, non avevo più bisogno di drogarmi e non mi interrogavo più sul perché ero arrivato a quella situazione. Più recitavo Daimoku, più prendevo possesso della mia mente, iniziavo a percepire la grandezza del potere di Nam-myoho-renge-kyo e sentivo che la luce di una nuova alba stava per arrivare. Cambiarono le mie preghiere, all'inizio solo egoistiche, cambiò il mio atteggiamento e iniziai ad agire guidato dalla fede.
Un grande beneficio fu quello di affrontare in maniera serena le banche e i creditori. Incredibilmente le loro richieste si presentavano come scandite da un ordine temporale che mi permetteva di soddisfarle una per volta. Arrivò anche un aiuto economico da mio cognato per saldare i debiti più imminenti. Tra alti e bassi percepivo che il futuro poteva essere diverso e che potevo trasformare il veleno in medicina.
Nel giugno 2008 mi ritrovai tra le mani una dose di cocaina e non riuscendo a resistere ricaddi per una volta nel mio errore. Provai vergogna e andai davanti al Gohonzon, dove piansi e determinai una volta per tutte che non avrei mai più offeso la mia vita: è lì che ho vinto.
Mia moglie, vedendo il mio cambiamento, nell'ottobre 2008 iniziò a praticare e nel febbraio successivo con mia grande gioia è entrata a far parte della SGI.
In occasione dello studio del Gosho Ripagare i debiti di gratitudine decisi di recitare Daimoku per le persone che, nel bene e nel male, mi avevano portato a conoscere il Buddismo di Nichiren Daishonin. Quindi per chi mi aveva fatto shakubuku e per chi mi aveva venduto la cocaina.
Dopo appena quindici giorni mi telefonò "l'amico pusher" dicendomi che gli erano stati diagnosticati due tumori. Andai a trovarlo in ospedale, volevo parlargli della pratica ma il discorso andò sul fatto che aveva bisogno di soldi perché voleva operarsi all'estero. Gli risposi che avrei fatto il possibile per racimolarli e andai via senza avergli parlato di Nam-myoho-renge-kyo. Pochi giorni dopo venni a sapere che era morto per overdose di morfina. La sensazione che provai fu bruttissima, avevo pensato solo ai soldi e non allo shakubuku.
Da quel momento mi sono detto che non avrei mai più rimandato di parlare alle persone della pratica per non avere nessun rimpianto.
Basandomi sulla strategia del Sutra del Loto e cercando di applicare quotidianamente nella mia vita le guide di Sensei ho deciso di rideterminare ogni giorno di vivere con lo spirito "da ora in poi".
A poco più di tre anni posso dire che mai avrei immaginato che le cose potessero prendere, in così poco tempo, il verso giusto. Quel grosso macigno che era piombato addosso a me e alla mia famiglia non ci ha distrutto, anzi è stato il fondamento su cui abbiamo costruito una nuova vita più solida e piena di valore. (F. D. G.)

 Felice per me stessa

Avevo vissuto negli Stati Uniti per quasi dieci anni e il mio ritorno in Italia era stato burrascoso, non riuscivo a far valere la mia esperienza e a stabilizzare la mia vita. Nel 2001, dopo la mia prima settimana di Daimoku si è aperto tutto: la mia carriera ha fatto un grande balzo e mi sono trovata dopo poco ad avere grandi responsabilità in un lavoro che adoravo. A quel punto si erano create le condizioni per avere un bambino e sono subito rimasta incinta. Ma nel giro di un anno e mezzo ho perso tre gravidanze, hanno chiuso il canale con cui collaboravo e, dulcis in fundo, nel momento di massima vulnerabilità il mio compagno mi ha lasciata per un'altra, con cui ha avuto subito un figlio.
Una persona alla quale chiesi una guida mi disse: «Un figlio o un marito non sono la felicità assoluta, tu diventa felice per te stessa».  Due ore di Daimoku al giorno per due anni, e tanta attività. Ho deciso di rimettere l'obiettivo di incontrare l'uomo della mia vita e, già che c'ero, che condividesse il mio percorso di fede! Dopo un'intensa attività per il 16 marzo sono tornata a Roma per lavoro, un programma tv - neanche a farlo apposta - sulle adozioni, che mi ha chiarito molte cose sull'argomento maternità. Mi sono resa conto di ammirare molto chi sceglie di essere genitore prima di ogni altra cosa, ma che non era necessariamente la mia strada. Che liberazione, sentire che potevo essere chi volevo e non dovevo per forza diventare madre per essere felice!
Ero felice per me stessa, ma mi mancava un compagno. Così nel Gongyo di capodanno del 2010 ho deciso di incontrarlo entro il mio compleanno, che sarebbe stato due mesi dopo. E un mese dopo ho incontrato Piero. Siamo diventati immediatamente grandi amici, gli ho fatto shakubuku e lui ha cominciato a praticare. Fra le caratteristiche della persona che cercavo avevo messo quella che fosse straniero, oppure un italiano che avesse vissuto all'estero come me, perché  negli Stati Uniti mi era mancata l'Italia e qui mi  mancavano certe cose dell'America. Il Gohonzon, più creativo di me, mi ha portato tutte e due: Piero è mezzo italiano e mezzo americano.
Stavamo per andare in vacanza ma per un fastidio all'orecchio ho dovuto fare una risonanza magnetica. Ho trovato per caso un tumore benigno al cervello, mi aspettava un intervento delicato. Piero mi è stato vicino e ha recitato come un leone: lì ho capito che era l'uomo della mia vita. Nel mezzo della paura, sapevo che era proprio per poter affrontare un momento come quello che mi allenavo da anni con la pratica. Pochi giorni fa l'ultimo controllo, che è andato benissimo. «Il suo - mi ha detto il medico - è davvero un caso eccezionale».
Non importa a che punto è la nostra rivoluzione, bisogna ricordare che l'inverno si trasforma sempre in primavera, ed è proprio nei momenti più bui che possiamo cambiare il nostro karma. Più freddo è l'inverno, più gloriosa la fioritura. (C. R.)

 Uscire da quel tunnel insieme a tante ragazze come me

Ho iniziato a praticare nel 1997. La mia vita nei sette anni precedenti era stata caratterizzata da profonde crisi depressive trasformatesi poi in disturbi dell'alimentazione, bulimia e fame compulsiva.
Passavo delle fasi talmente oscure che spesso pensavo di farla finita con la mia vita di cui non mi sentivo per niente padrona. La situazione infatti migliorava solo quando iniziavo una relazione sentimentale che mi dava l'illusione di essere più forte e comunque in grado di piacere a qualcuno. Puntualmente però al termine della relazione, sentendomi rifiutata, mi reputavo di nuovo senza valore e, per autopunirmi, ricominciavo a mangiare senza fine fino a sentirmi male e questo poteva andare avanti per diversi giorni con conseguente depressione e repulsione per me stessa. Insomma un circolo vizioso di infinita sofferenza al quale non sapevo porre fine, nonostante mi fossi sforzata nel cercare aiuti psicologici, farmacologici e anche nella religione cattolica con cui ero cresciuta... niente, non funzionava nulla.
Il primo grande beneficio della pratica è stato quello di riprendere saldamente in mano la mia vita, di avere coscienza del mio valore, della mia Buddità, di tutte quelle doti che riuscivo a vedere solo negli altri! Ho scoperto finalmente di avere e di sentire anch'io questo potere e soprattutto di essere un Bodhisattva della Terra con una missione: aiutare tante ragazze come me a uscire da quel tunnel, aiutarle cioè a scoprire la loro immensa potenzialità! Finalmente avevo ritrovato la speranza! La frase del presidente Ikeda che mi ha incoraggiato molto in quei primi anni, in cui a volte la mia tendenza karmica emergeva nuovamente, è stata: «Quando la determinazione cambia tutto inizia a muoversi nella direzione che desideriamo. Nell'istante in cui decidete di vincere, ogni nervo e fibra del vostro essere si orienteranno verso quella realizzazione. D'altra parte se pensate "non funzionerà mai", proprio in quel momento ogni cellula del vostro essere si indebolirà, smettendo di lottare, e tutto volgerà verso il fallimento».
Mi sono tanto sforzata per non abbandonare mai questa lotta di cui parla Sensei, a volte con tanta gioia ed entusiasmo, con lo stato vitale alle stelle, a volte con grande pesantezza e sofferenza, ma l'effetto della pratica, dello studio e delle innumerevoli attività non ha tardato a trasformarsi in una serie infinita di benefici.
Nella mia malattia c'è stato un importante punto di svolta. Nel 2001, dopo quattro anni di pratica e un netto miglioramento, ho avuto una brutta ricaduta dopo l'ennesima delusione sentimentale. In quei giorni, a causa di un incidente con la moto, mi sono ritrovata a casa dei miei genitori, luogo in cui tutto era cominciato.
Ed è stato proprio ripartendo da lì che ho dovuto trasformare il mio karma. Dopo una decina di giorni di forte sofferenza nel cuore e totale scoraggiamento e oscurità, grazie all'aiuto dei compagni di fede che mi hanno riportato a praticare sono riuscita finalmente a vedere chiaro che se non ero io per prima ad amarmi e rispettarmi profondamente non avrei potuto incontrare una persona che potesse amarmi e rispettarmi. Ho così deciso davanti al Gohonzon, per la prima volta con così tanta forza e determinazione, che da quel giorno mi sarei amata al cento per cento così come ero, con cinque o dieci chili in più, con la bulimia o senza, con un fidanzato al mio fianco o da sola... insomma mi sarei amata perché ero un Budda!
Da quel giorno è come se tutti i fiori fossero sbocciati contemporaneamente in un prato coperto di neve: non ho mai più avuto un attacco di bulimia e la depressione è totalmente sparita dalla mia vita; dopo un mese ho conosciuto mio marito e con lui costruito una famiglia con due bambine splendide; ho un rapporto col cibo sereno anzi "idilliaco" mi dicono gli amici con un pizzico di invidia, perché posso mangiare ciò che voglio e non prendere neanche un etto!
Posso dire che in questi diciotto anni di pratica, al di là dei benefici visibili che ho ricevuto, la gioia più intensa e duratura sta nella consapevolezza di aver scoperto il mio profondo valore e nella capacità di aiutare gli altri a fare lo stesso: vedere i benefici che ricevono i compagni di fede e tutti coloro che cerco di aiutare produce una gioia immensa in me, quella felicità assoluta di cui parla questo Buddismo!
Ma la lotta con la mia oscurità è sempre aperta e gli ostacoli in agguato: sto combattendo con una serie di difficoltà enormi e ostacoli dal lato economico e sto lottando con le mie tendenze negative e i miei limiti per migliorarmi come madre e come figlia... Sono certa che, insieme ai miei compagni di fede e con Nam-myoho-renge-kyo sempre presente nelle mie giornate, ce la farò per dare a tutti un'ulteriore prova di questa pratica immensamente meravigliosa... dipende solo da me! (S. C.)

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Un risveglio dall'oscurità

Un piccolo gruppo di ragazze e ragazzi si confrontano su alcuni punti che Daisaku Ikeda indica come centrali nelle pagine dedicate alla rivoluzione umana

Nell'introduzione (p. 9) il presidente Ikeda spiega che il significato più profondo della rivoluzione umana è racchiuso nell'impegno a coltivare la propria individualità, come un fiore di campo che non spreca il suo tempo a desiderare di essere un fiore di ciliegio o a provare invidia per i fiori del susino, ma fiorisce in libertà con tutta la propria forza. Scrive: «Vivete la vita nel modo che vi è proprio, siate voi stessi; questa è l'essenza della rivoluzione umana». Cosa significa per voi essere fedeli a voi stessi?

Michele, 16 anni
Ciò che mi ha colpito di questa introduzione è l'importanza di crescere in maniera propria, senza curarsi delle dinamiche dell'ambiente esterno e senza provare invidia, preoccupandosi solo di essere migliori del giorno prima. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, ultimamente sto capendo quanto sia determinante crescere a modo proprio. La nostra felicità dipende soprattutto dalla realizzazione dei nostri desideri, e se non sentiamo questi desideri nel cuore alla fine non proveremo la felicità che tanto stiamo cercando. Io avevo molta difficoltà a capire quali fossero gli studi che volevo intraprendere. Il campo specifico l'avevo chiaro, io amo la musica. Ma non sapevo quale scuola frequentare. Ero in difficoltà perché quella in cui mi trovavo era molto stressante, con degli insegnanti che a mio avviso non erano in grado di assumersi le proprie responsabilità. Provavo molta rabbia e un senso di ingiustizia che mi portavano a preoccuparmi troppo dell'ambiente in cui vivevo, che criticavo e giudicavo, invece di concentrarmi sul mio cambiamento personale.
Per risolvere questo problema ho recitato Daimoku. Il Daimoku mi ripuliva come da una patina che non mi faceva vedere ciò che avevo davanti e mi ha aiutato a sentire la voce del mio cuore, a capire quale fosse il mio vero desiderio.
Così, ho deciso di lasciare quella scuola e ne ho cercata un'altra che rispecchiasse di più me stesso. Trovata questa scuola, si sono fin da subito presentate nuove opportunità e mi è arrivata la proposta di fare un'audizione per un conservatorio olandese. Ho capito che da una singola convinzione, quella di percorrere la strada che sentiamo nostra, si aprono possibilità che prima neanche avremmo immaginato.
Sento che questa esperienza è stata importante per la mia rivoluzione umana, che secondo me significa risvegliarsi alla propria missione, per me portare la pratica buddista agli altri tramite quello che mi piace, cioè la musica. Un cambiamento grande che può essere improvviso. Un attimo, basta un attimo.

Luca, 27 anni
Per me essere fedeli a se stessi è una ricerca continua. È rispettare profondamente quello che sentiamo. Significa non dare niente per scontato: ad esempio se ho ancora dei dubbi riguardo a qualcosa, non dare per scontato che ho capito se in realtà non ho capito fino in fondo. Non sentirmi in imbarazzo se non ho capito, ma continuare finché non ho la certezza assoluta di aver capito. Rispettare profondamente i miei dubbi e le mie domande.
Il Daimoku è utilissimo in questo, perché spesso la mia tendenza è quella di cercare subito la risposta, invece a volte è più utile rimanere nella domanda dandole rispetto e valore. Il Daimoku è proprio lo strumento per dare spazio alle mie domande.
Sono d'accordo con Michele sul fatto che è importantissimo scegliere una direzione. Anche se sono un po' più grande di lui, io mi trovo in un momento della mia vita in cui la direzione non è chiarissima. Per me è importante dare rispetto anche al fatto che non ho trovato una direzione. Mi devo concentrare nel momento presente, nell'azione presente. E ho una fiducia assoluta che attraverso il Daimoku posso scegliere passo dopo passo cosa fare.

Lucrezia, 17 anni
Leggendo il materiale sulla rivoluzione umana [pubblicato in questo numero, n.d.r.] mi ha colpito molto il passo che afferma: «[...] La nostra rivoluzione umana consiste nel migliorare noi stessi nel profondo della nostra interiorità. Ha anche un aspetto di eternità. [...] Per questo motivo è importante trasformare noi stessi come esseri umani. Possiamo adornare le nostre vite di fama, successo, titoli accademici, conoscenza, danaro, ma se siamo poveri di umanità le nostre vite rimarranno povere e vuote dentro. Ciò che conta è chi siamo una volta eliminate tutte queste cose esterne, chi siamo come noi stessi. La rivoluzione umana è la sfida di cambiare quel nucleo interno, la nostra vita, il nostro io» (p. 13).
Io ho sempre pensato di dover essere la più brava, di dover essere la prima, e questo mi dava una pesantezza indescrivibile. Da un certo punto di vista mi spingeva a fare sempre meglio, a superare i miei limiti, però dall'altra parte mi metteva pressione perché lo facevo solo per essere superiore a qualcun altro, non per dimostrare a me stessa che potevo migliorare. La mia oscurità sta proprio nel pensare che una persona debba essere per forza migliore di qualcun'altra. Secondo me con questo atteggiamento non possiamo far avanzare kosen-rufu che parte invece da un'idea di uguaglianza: siamo tutti Budda con capacità che manifestiamo grazie al Daimoku. Anche questo punto però a volte mi ha portato fuori strada perché pensavo che siccome avevo il Daimoku allora ero migliore degli altri, ed era un pensiero che proprio non mi andava giù.
Un'esperienza che ho fatto a riguardo è stato il totale cambiamento nel mio atteggiamento nello studio. L'anno scorso studiavo tantissimo ma solo per avere alla fine dell'anno il premio dalla preside come migliore studentessa. Così, quando non ho ricevuto il premio, mi sono sentita triste, incapace, vivevo il fatto di non aver vinto come un'ingiustizia. Mi sono resa conto così di essere presuntuosa, un po' arrogante. Con l'anno nuovo, anche se ancora non avevo così chiaro questo mio problema, ho deciso di cambiare, e grazie al Daimoku sono riuscita a trasformare totalmente il mio modo di studiare, non più per prendere bei voti ma per arricchirmi come persona, per accrescere la mia cultura. Il fine non era legato al mio ego, ma alla convinzione che se una persona studia può davvero portare un miglioramento nella società. Grazie a questa esperienza non ho più provato invidia verso i compagni ma ho cercato una collaborazione con loro. La voglia di essere migliore degli altri ha lasciato il posto al desiderio di imparare insieme.
Alla fine dell'anno siamo stati premiati io e un mio amico e per la prima volta non ho vissuto questo premio con superbia ma come un riconoscimento per essermi impegnata nella mia rivoluzione umana. Mi sono resa conto che la spinta per questo cambiamento interiore è stata la sofferenza che ho provato dopo la delusione di non aver vinto il premio l'anno scorso, grazie alla quale ho potuto trasformare questo aspetto della mia vita.

Gloria, 24 anni
Per me rimanere fedeli a se stessi significa accettarsi. Sono estremamente perfezionista e molto competitiva ma non nei confronti degli altri, verso me stessa. Proprio per questo è una competizione che non riesco a vincere mai.
La mia sfida giornaliera è accettare ciò che vivo, riconoscere le funzioni demoniache che mi allontanano da questa sfida e vincere, nel senso di utilizzare le varie situazioni a mio favore, riconfermando che vado bene così come sono.
Quando ho deciso di cambiare facoltà ho dovuto affrontare questa mia tendenza a essere perfetta, impeccabile, colei che non sbaglia mai. Dopo essermi laureata alla triennale di fisica teorica, che ritenevo la migliore facoltà e dove mi ero trovata benissimo, mi si è presentato un grande dubbio: sentivo che nel futuro non avrei voluto fare la professione del fisico. È stata una scelta sofferta; ho dovuto recitare tanto Daimoku per capire che cosa in realtà volessi fare realmente. Alla fine ho trovato nella naturopatia la mia strada. Sono rimasta fedele a me stessa recitando Daimoku, l'azione che ci mette in grado di far emergere il valore dalla nostra vita, anche quando non sappiamo cosa fare o come creare questo valore.
Ancora non esercito la professione per la quale sto studiando, e attualmente faccio un lavoro che non mi piace, che non è "il mio". Tante volte ho desiderato lasciarlo, pensando che fosse un fallimento fare un lavoro che non piace, ma recitando Nam-myoho-renge-kyo ho deciso di rimanere, percependo che in ogni luogo posso fare la mia rivoluzione umana. Per me il punto di partenza è riconoscere la sfida che vivo e dare valore a tutto, anche nei momenti in cui non mi sento in grado di ottenere risultati.
Il presidente Ikeda afferma che la rivoluzione umana di una singola persona contribuirà al cambiamento del destino di una nazione e dell'intera umanità. La mia sfida è credere profondamente che la mia trasformazione abbia questa influenza.

Alessandra, 23 anni
Sensei dice che fare la rivoluzione umana significa essere se stessi e per me questo non è per niente facile. È difficile essere noi stessi e far emergere la nostra personalità se pensiamo di non andare bene. Però mi incoraggia tantissimo il presidente Ikeda quando dice: «Essere se stessi [...] significa anche condurre un'esistenza di cui poter essere orgogliosi. Il mio più grande orgoglio è quello di essere discepolo di Toda; per questo non temo niente» (p. 9). Questa è un po' la mia salvezza. Io non riesco a essere fedele a me stessa perché non lo so neanche io chi sono, cosa voglio, che lavoro voglio fare, qual è il mio talento, che amicizie voglio avere, in che parte del mondo voglio vivere. Una confusione assoluta. Però il fatto di aver scelto di essere discepola del presidente Ikeda mi fa sentire fedele a me stessa. Per me la relazione maestro-discepolo è l'ancora di salvezza.

Sensei afferma che la rivoluzione umana non è semplicemente una crescita naturale ma è una trasformazione profonda, una svolta epocale, la cui essenza è però rimanere fedeli a se stessi. Come avviene, nella vostra vita, la fusione di questi due aspetti apparentemente in opposizione?

Luca
Per me questo cambiamento profondo consiste nel dedicare la mia vita a qualcosa di più grande. Ikeda ci insegna che per trovare il proprio io autentico è necessario sfidarsi per kosen-rufu. Perché quello che spesso pensiamo di noi stessi è soltanto una minuscola parte di ciò che potremmo essere.
Nella mia esperienza, quando ho iniziato la Laurea magistrale in Psicologia ho cercato di fare a ogni mio compagno di classe dei complimenti che non fossero prese in giro ma delle lodi autentiche. Grazie a questa sfida ho capito molte cose di me, sono riuscito a superare tanti limiti e si è creata una classe molto unita. Prima ero molto timido, avevo difficoltà a relazionarmi con persone sconosciute. Alla fine ho scoperto che la mia timidezza è soltanto un blocco mentale, perché quando ho veramente a cuore la felicità di un'altra persona riesco a superare anche la timidezza più tenace.
Inoltre, per fare un altro esempio, sono una persona molto distratta, mi piace l'arte, sono poco portato per le cose concrete. Quando è morto mio padre però il desiderio di sostenere la mia famiglia era così grande che mi sono impegnato tanto nelle cose burocratiche e mi sono riscoperto una persona invece molto portata anche per gli aspetti più materiali, attenta, ritrovandomi addirittura a correggere il commercialista che aveva commesso alcuni errori. Questo cambiamento è stato davvero inaspettato.
Prima Lucrezia ha citato la frase di Ikeda in cui afferma che la rivoluzione umana ha a che fare con l'eternità della vita. Personalmente ho potuto sperimentare queste parole. Attraverso il Daimoku è come se riuscissi a essere in relazione anche con chi non c'è più. Più faccio Daimoku e più riscopro nella ricerca che porto avanti all'università alcuni concetti di psicologia che mia madre, che purtroppo non c'è più, stava studiando. Tempo fa ho ritrovato alcuni appunti scritti da lei che trattano proprio di psicologia applicata alla creatività, proprio ciò che studio io oggi. Sento che sto portando avanti la mia ricerca e la mia rivoluzione umana insieme a lei.

Gloria
La rivoluzione umana è una trasformazione totale che già esiste come potenzialità nella nostra vita. Per comprendere questo è indispensabile fare Daimoku e studiare in modo da sviluppare una forte fede. Sono abbastanza conservatrice e quando devo affrontare di fronte al Gohonzon un cambiamento, una trasformazione, ciò che mi ferma è la paura. In quel momento ho due strade: smettere di fare Daimoku, fare finta di niente, evitando questa paura, oppure accettarla e con coraggio vivere quel cambiamento. Penso che quella trasformazione che ci spaventa in realtà è già presente. Siamo già adesso le persone future che saremo.

Una domanda per tutti. Riassumete in una parola il beneficio della pratica, la rivoluzione umana che avete fatto da quando avete iniziato a praticare. 

Luca: la possibilità di tirare fuori la mia creatività.
Michele: l'umiltà.
Gloria: sentire di essere in grado di stare da sola perché ho Sensei al mio fianco che crede in me.
Lucrezia: la tenacia.
Alessandra: scoprire che c'è qualcosa di più importante del successo, della realizzazione, della perfezione e percepire quanto è importante l'umanità.

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La rivoluzione umana

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