Stiamo parlando della continuazione o meno della vita sulla Terra. Il concetto di eredità si proietta nel futuro con tutta la forza del presente: perché è adesso che possiamo scegliere cosa mettere in salvo. Partire dall’oggi per creare il domani, preservando questa eredità: nella salvaguardia della mia vita c’è quella della vita che verrà. Il presente contiene il futuro che scegliamo.
«Il messaggio lanciato attraverso ogni pannello di questa mostra è un appello a impegnarci insieme per la costruzione di una società globale sostenibile, con la speranza condivisa che "se cambio io, cambia il mondo"».
Con queste parole Daisaku Ikeda conclude il suo messaggio per l'inaugurazione della mostra "L'eredità della vita. Il clima è una scelta, cambiamo il futuro".
Alcuni dei temi toccati nel corso della conferenza di apertura – l'importanza dell'oggi per cambiare il domani, l'urgenza di agire perché la rovina è alle porte, la cura dell'interiorità poiché solo così possiamo sostenere le nostre scelte, la coscienza che sfidando il limite è possibile creare valore, la necessità della condivisione di scelte politiche ed economiche con le persone e le comunità, una nuova "amicizia" tra ambiente e agricoltura, l'empowerment delle giovani generazioni – permettono di tracciare, attraverso parole chiave, un percorso tra i pannelli della mostra mettendone in luce contenuti di particolare interesse.
Solidarietà d’azione per un pianeta in codice rosso
Una grande rete di cittadini globali
Dal messaggio di Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai Internazionale (Tokyo, 25 settembre 2021)
[…] Come ha sottolineato il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres nel rapporto presentato lo scorso mese dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico - che egli ha definito un «codice rosso per l'umanità» - ci stiamo avvicinando a un momento in cui non possiamo permetterci di rimandare di un solo istante la questione del cambiamento climatico.
Finora, numerose persone di tutto il mondo che hanno a cuore le sorti del nostro pianeta hanno continuato a impegnarsi senza sosta, con tutte le forze, per evitare che il problema si aggravasse. C'è urgente bisogno di espandere ulteriormente questa “solidarietà d'azione” e accelerare la riduzione delle emissioni di gas serra.
[…] Quando penso all'importanza di questa "solidarietà d'azione" globale, mi tornano in mente le parole che Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma, condivise in occasione del nostro dialogo, avvenuto quasi mezzo secolo fa, durante il quale parlò della sua visione di un futuro in cui l’umanità si impegnasse in una direzione comune. Peccei espresse la sua forte convinzione che, per quanto critico sia l’andamento della situazione in cui versa l’umanità, «noi esseri umani abbiamo il potere di invertire il flusso della corrente». Sosteneva inoltre che la “rivoluzione umana”, che permette a ogni persona di manifestare a pieno le proprie illimitate capacità innate, costituisce «la chiave che ci consente un’azione positiva tesa all’adozione di un corso totalmente diverso e alla rinascita della fortuna dell’essere umano».
In quell’occasione affermai con sicurezza che a determinare un cambio di rotta verso la risoluzione dei problemi che affliggono l’umanità sono unicamente le azioni che si possono compiere a livello individuale, e che solo espandendo la rete di persone impegnate in tal senso sarebbe stato possibile indirizzare il corso della società e della civiltà nella giusta direzione. Non posso fare a meno di pensare che oggi tutto questo rappresenti un problema della massima urgenza.
Ciò che conta è il presente
È il momento di rendere urgente l'importante
Alberto Aprea Quali cause stiamo ponendo oggi? Nichiren Daishonin scrive: «Se vuoi conoscere gli effetti del futuro guarda le cause del presente», perché ciò che facciamo adesso decide il nostro futuro.
Il presidente Ikeda racconta che i gingko biloba sono tradizionalmente conosciuti in Giappone come gli alberi “nonno-nipotino” poiché, se qualcuno pianta un gingko adesso, i suoi frutti verranno raccolti dai nipoti, e scrive: «A me pare che questo nome voglia significare: non vivo per me stesso ma per il bene delle generazioni che verranno dopo di me». Anche il movimento della Cintura verde fondato dall'ambientalista keniota Wangari Maathai, premio Nobel per la pace scomparsa nel 2011, mirava a risvegliare in ogni membro della comunità locale un senso di responsabilità verso la propria terra e verso il futuro. A chi le diceva: «Non voglio piantare quest'albero perché non crescerà abbastanza in fretta», lei rispondeva che gli alberi di cui stavano godendo i frutti erano stati piantati da chi li aveva preceduti. Allo stesso modo adesso era necessario piantare nuovi alberi a beneficio della comunità futura.
«È un lavoro di squadra - diceva - se lo fai da sola corri il rischio che quando non ci sarai più nessun altro lo farà». La realizzazione di un grande obiettivo richiede molti anni e la cooperazione di un gran numero di persone. La questione di come trasmettere questo spirito alle generazioni successive è quindi cruciale nello sforzo di risolvere i problemi globali che ci troviamo di fronte.
Anche quando i risultati non sono immediatamente visibili, l'educazione sviluppa radici profonde nella società ed esercita un'influenza sempre più positiva nel passaggio da una generazione all'altra. Questa è la ragione per cui gli sforzi della Soka Gakkai per promuovere la risoluzione dei problemi globali sono sempre concentrati sull’idea dell’
empowerment delle persone, come indicano i titoli delle mostre che abbiamo realizzato: “Semi del cambiamento”, “I semi della speranza” e l'attuale “L'eredità della vita”. Noi crediamo che piantare i semi di una nuova consapevolezza nel cuore delle persone sia il mezzo più efficace per aprire nuove strade a un futuro sostenibile.
(
presidente dell'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai)
Come vogliamo stare al mondo?
Dal cambiamento interiore partono pensieri, parole e azioni che influenzano ogni cosa
Monsignor Derio Olivero Partire da noi per cambiare. Spesso ci sembra che il discorso della cura seria della nostra interiorità sia spiritualistico, astratto; ma in realtà soltanto riprendendo la cura dell'interiorità possiamo giungere a fare scelte reali e a sostenerle. Credo che il nostro occidente abbia un bisogno enorme di spiritualità intesa proprio come risposta alla domanda: come vogliamo stare al mondo? Ce lo dobbiamo chiedere su tante tematiche, ma in particolare proprio riguardo all'ecologia. Come vogliamo stare al mondo? Possiamo rispondere solo entrando dentro di noi e tirando fuori le nostre energie migliori, per riuscire a riprendere fiducia nei sogni e nelle scelte coraggiose che abbiamo di fronte.
(presidente della Commissione per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso della Conferenza episcopale italiana)
Raccogliamo la sfida del limite
Azzerare le emissioni entro il 2050
Guido Giordano Il concetto di interdipendenza tra i fenomeni dell'universo è uno dei più sofisticati della tradizione buddista. Dal punto di vista scientifico è soltanto da poco che abbiamo iniziato a comprendere i sistemi complessi e così, mentre da un lato siamo capaci di costruire macchine sofisticatissime e mandare razzi su Marte, dall'altro quando si tratta di capire quali siano le relazioni tra il nostro modo di vivere, il nostro modo di produrre e di consumare e gli effetti che questi hanno sulla biosfera, siamo essenzialmente disarmati. Per questo è così importante illuminarci, farci illuminare dalle parole di giganti della contemporaneità che hanno pensato a questi temi anche in tempi molto precedenti all’insorgere del dramma ambientale che stiamo vivendo oggi. Daisaku Ikeda scrisse insieme a Aurelio Peccei un dialogo in forma di libro che significativamente si intitola
Campanello d'allarme per il XXI secolo dove non solo venivano illustrati i limiti del nostro modello di sviluppo, ma venivano poste le basi per la riscrittura del sistema di valori che ne sta alla base.
Quando parliamo di limite ci viene in mente qualcosa che ci opprime, ma se invece guardiamo la cosa dal punto di vista del valore che possiamo creare nel momento in cui raccogliamo la sfida del limite, improvvisamente si aprono orizzonti inattesi, inaspettati e assolutamente positivi. Oggi abbiamo il dovere di raccogliere la sfida ambientale e di offrire alle generazioni future una prospettiva in cui questa Terra sia come oggi, o anche meglio, non soltanto dal punto di vista del sistema naturale ma delle relazioni tra noi esseri umani. Da questo punto di vista per esempio è importante riflettere su ciò che ci conviene: ci conviene vivere in un mondo meno inquinato, ci conviene vivere in un mondo più giusto, ci conviene produrre e consumare meno e meglio. E riscrivere i valori per far sì che tutte e tutti, e non soltanto noi esseri umani ma ogni essere vivente, siano al centro delle nostre azioni.
(
professore di Vulcanologia presso il dipartimento di Scienze dell'Università Roma Tre)
La crescita è lenta, la rovina è rapida
Non è maltempo, è emergenza climatica
Ugo Bardi Il dibattito sull'argomento dei cambiamenti climatici oggi è molto acceso e sappiamo tutti in che direzione stiamo andando. Molti di noi propongono metodi per non andarci, per tornare indietro ed evitare danni peggiori.
Spesso però non abbiamo chiaro come questa visione del cambiamento climatico sia nata e si sia evoluta nel tempo. Il primo studio [del 1972] che affrontava il problema è un’analisi fatta da un gruppo di scienziati del Mit negli Stati Uniti che si intitolava
I limiti dello sviluppo. Già in questo libro ormai cinquantenario si trova una curva che rappresenta la previsione dell'andamento dell'inquinamento nel corso del tempo: una traiettoria che cresce e poi diminuisce, e in fase di crescita ha effetti climatici importanti sul sistema terrestre.
A quell'epoca non era chiarissimo che l'inquinamento fosse dovuto principalmente al gas serra, o climalterante, che è il CO2 o biossido di carbonio. Ma questo è proprio quello che sta succedendo; negli ultimi 50 anni abbiamo visto la concentrazione di CO2 aumentare in modo progressivo e nonostante tutti i tentativi fatti per ridurre le emissioni non c'è stato alcun successo. Quindi, dove stiamo andando?
Una caratteristica dei sistemi cosiddetti complessi è che hanno transizioni di fase rapide e imprevedibili. Quello che succede sempre è che prendono di sorpresa, una cosa che ho chiamato “effetto Seneca”. Un sistema complesso tipicamente segue questa curva: cresce lentamente e ha poi un declino molto rapido. Come avrebbe detto il filosofo Seneca all'epoca sua: «La crescita è lenta ma la rovina è rapida». Questo è ciò che chiamiamo “transizione di fase”. Adesso stiamo andando verso un mondo molto più caldo di quello in cui noi e i nostri antenati siamo vissuti fino a oggi; stiamo andando verso un’incognita, verso qualcosa che cambierà enormemente le cose che ci stanno intorno e non sappiamo bene come. Sappiamo che ci troveremo a vivere in un mondo molto più caldo, forse più umido, con un livello del mare molto più alto: si parla di metri, anche di decine di metri di risalita del livello del mare. Un mondo in cui l'agricoltura avrà delle grosse difficoltà a produrre cibo, per non parlare di quelle che ha già per sfamare 8 miliardi di persone.
Un periodo indubbiamente molto difficile della cui scala temporale sappiamo poco. C'è chi parla di pochi decenni, chi di secoli, chi di millenni o anche magari di più. A seconda delle ipotesi possiamo avere tempo di adattarci e di fare qualcosa per ridurre le emissioni; di provare ad arrivare a questo nuovo mondo, in cui ormai è difficile evitare di andare. Ma ci sono dei limiti riguardo a quello che possiamo fare. La capacità decisionale degli esseri umani di incidere sulle proprie attività è molto limitata: abbiamo visto in più di trent'anni molti tentativi di ridurre le emissioni che non hanno avuto successo.
Stiamo oggi fronteggiando una transizione climatica epocale nella storia dell'umanità: se riusciremo a superarla non è detto che il futuro sia così brutto come alcuni lo dipingono.
(
professore di Chimica fisica presso l'Università di Firenze e membro del Club di Roma)
Ambiente e agricoltura: una nuova alleanza
La sicurezza alimentare non è un concetto astratto
Maurizio Martina È fondamentale ragionare della connessione profonda esistente tra la trasformazione agricola e alimentare che si sta compiendo nel mondo e la grande sfida climatica. Abbiamo davanti un trend demografico sempre in crescita e un aumento della produzione agricola che rischia di essere inferiore agli anni passati proprio a causa dei vorticosi cambiamenti climatici che stanno cambiando gli elementi fondamentali delle nostre agricolture: acqua, terra e disponibilità produttive. Questo è un tema decisivo, ed è fondamentale parlarne perché bisogna accompagnare la transizione ecologica ambientale con la transizione agricola e alimentare. Ambiente e agricoltura non possono essere nemici, ambiente e agricoltura devono darsi la mano e le singole persone, i governi, le comunità devono accompagnare questo percorso comune. Penso che una parte della soluzione, nella grande questione climatica, stia in un nuovo modello agricolo alimentare. Non abbiamo bisogno di omologazioni alimentari globali, ma di valorizzare le nostre diversità anche in questo ambito, verso la massima sostenibilità integrale dello sviluppo.
(
vice direttore generale della Fao)
Una politica accettata e condivisa
Una transizione ecologica giusta
Carlo Orecchia Ho sempre pensato che il cambiamento climatico fosse una grande occasione per un cambiamento dell'economia, in particolare per un ripensamento qualitativo del concetto di crescita verso un paradigma di sostenibilità. E affinché la transizione sia giusta, penso che sia necessaria una forte unità tra gli individui. Da un punto di vista tecnico teorico sappiamo quali politiche mettere in campo, che ci troviamo di fronte a un fallimento del mercato, che c'è bisogno di un intervento pubblico. Sappiamo anche che la cooperazione internazionale è difficile perché nessun paese vuole per primo sostenere i costi della transizione e aspetta che siano altri paesi a farlo. Proprio per questo penso che l'obiettivo di riduzione delle emissioni e quindi di transizione economica debba essere condiviso e altresì calarsi nella realtà locale; non deve essere imposto dall’alto. Ci sarà bisogno di una pluralità di azioni: sarà necessario un cambiamento del sistema di produzione, che deve diventare sostenibile, e anche degli stili di vita da parte di tutti noi, da parte dei consumatori. Ma la cosa importante è che non si dimentichi mai, nel perseguimento dell'obiettivo, che la singola politica economica sia accettata e condivisa nel territorio locale.
(
economista, Ministero dell'economia e delle finanze)
Posso fare qualcosa per i problemi del mondo
Nuovi programmi educativi per la formazione di uomini e donne in grado di diventare agenti del cambiamento
Maria Chiara Pettenati In quale contesto opera la scuola italiana? Da una ricerca dell’Ocse Pisa condotta nel 2018 sulla disposizione dei giovani quindicenni a mettere in gioco le loro capacità per prosperare in un futuro di un mondo fortemente complesso e interconnesso, emerge che nelle scuole del nostro paese si parla in classe di temi globali come il cambiamento climatico, la salute pubblica, i conflitti, le migrazioni, la fame, la povertà, le disuguaglianze in misura significativamente minore rispetto agli altri paesi dell'area Ocse. Dalla stessa ricerca è emerso inoltre che solo il 50 per cento dei quindicenni si trova d'accordo o molto d'accordo con l’affermazione: “Penso di poter fare qualcosa per i problemi del mondo”.
La domanda che mi pongo, e che vorrei porvi, è: ma questa non-azione dei giovani è forse dovuta alla loro sfiducia in merito agli effetti del loro agire su questi temi cioè, in altri termini, i giovani non agiscono perché pensano che la loro azione sia inutile? È una grande sfida che i sistemi educativi di tutto il mondo stanno affrontando, a cui credo questa mostra possa contribuire in termini di ispirazione e dare un contributo al dibattito.
(
dirigente di ricerca presso l'Indire, Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa del Ministero dell'istruzione)
Cambio io
LA MOSTRA IN PRATICA
Il concetto di base del percorso espositivo è il rispetto della sacralità della vita, insieme all’interconnessione tra tutto ciò che esiste e alla rivoluzione umana individuale.
La mostra si colloca all’interno della campagna "Cambio io, cambia il mondo: pensare globalmente, cambiare interiormente, agire localmente", iniziata nel 2020 e proiettata verso il 2030, e si prefigge di sensibilizzare la popolazione alle sfide urgenti da affrontare per salvaguardare il benessere del pianeta.
I 18 pannelli dell’esposizione (predisposti sia per una visita dal vivo, sia per una visione in digitale grazie a una versione completamente dedicata al web) guidano i visitatori e le visitatrici alla scoperta dell’immenso potenziale che ogni persona può mettere in atto per affrontare e trasformare la grave situazione che l’umanità ha di fronte, accompagnando a una presa di consapevolezza sulla situazione globale e incoraggiando allo stesso tempo a trasformare il dolore e l’indignazione in determinazione e coraggio per cambiare. Si tratta di pannelli interattivi che, oltre a numerosi dati, presentano contenuti multimediali "extra" accessibili attraverso la lettura di un QR Code.
Su ogni pannello, accanto alla scritta "cambio io" è evidenziato un aspetto da trasformare: il presente, la salute, le parole, l'energia, le città, la produzione e il consumo, gli alberi, la sicurezza alimentare, la direzione, la visione, l'azione, per citarne alcuni. L’obiettivo è trasmettere speranza e incoraggiare all’azione, per far sorgere interiormente una necessità, una promessa, che renda tutti e tutte responsabili del clima e agenti del cambiamento.
La mostra al momento è visitabile solo
online, all’indirizzo
www.ereditadellavita.it. Non appena la situazione sanitaria lo consentirà, sarà esposta nelle varie città italiane. È in preparazione una versione speciale della mostra dedicata ai bambini e alle bambine.