C’è differenza tra essere discepoli prima e dopo la scomparsa di Daisaku Ikeda? Riusciremo a sviluppare quella visione incisiva e sempre nuova che aveva il nostro maestro? Quella sua convinzione assoluta di trasformare l’impossibile?

Sono aspetti che hanno a che fare con la relazione di non dualità di maestro e discepolo, che Sensei spiegava con estrema chiarezza già ai tempi della Campagna del Kansai nel 1956: «È abbastanza semplice per un discepolo seguire le parole del maestro in modo meccanico, ma è raro che un discepolo consegua la condizione vitale e mentale in cui è in grado di cogliere perfettamente l’intenzione del maestro e di basarsi sulla stessa fonte di motivazione. Tuttavia, la non dualità di maestro e discepolo dipende essenzialmente dal fatto di compiere questo difficile processo» (RU, 10, 99).
Per essere al passo con il cuore di Sensei, per essere davvero protagonisti, servono ispirazione, passione e il coraggio di mettersi in gioco. Cercando, attraverso la preghiera, quella “saggezza della verità che funziona in accordo con le circostanze mutevoli” di cui parla Nichiren Daishonin ne La raccolta degli insegnamenti orali.

«I tempi stanno cambiando rapidamente» scriveva anni fa Daisaku Ikeda. «L’essenza fondamentale della nostra fede non cambierà mai, ma il nostro comportamento, così come lo stile dell’organizzazione, devono adeguarsi. La Soka Gakkai è sempre stata al passo con i tempi grazie ai giovani; utilizzando la loro energia è stata in grado di prendere l’iniziativa e di mantenere lo slancio per progredire. Dobbiamo tenere il passo con i cambiamenti della società e conoscere i nuovi modi di pensare dei giovani. Questa è un’altra ragione per cui abbiamo bisogno che la nostra organizzazione incoraggi i giovani uomini e le giovani donne, in modo che esprimano liberamente ciò che pensano e condividano le loro idee con gli adulti» (NRU, 24, 168).

Essere discepoli oggi

Nella "nuova partenza della Soka Gakkai in tutto il mondo" qual è la bussola da seguire? La direzione che Sensei ha indicato è chiara e lungimirante: i giovani sono la chiave di un futuro luminoso. Qui di seguito testimonianze e riflessioni di alcuni e alcune di loro.

Il 15 novembre ero di fronte a casa sua
Ho avuto la fortuna di instaurare un rapporto con il maestro quando da piccolo, nel gruppo fulmini, ci facevano vedere i suoi video: uno dei primi ricordi che ho è quello della danza del ventaglio. Da allora questo rapporto è maturato da una semplice ammirazione a un profondo legame.
Dieci anni fa gli scrissi la prima lettera, a cui mi rispose con una poesia che per me è una guida eterna, e poi un'altra nel 2019. Ho sempre desiderato incontrarlo anche solo per un minuto, ma ricordo che durante l’esperienza più traumatica della mia vita, quando in seguito a un’aggressione ero sul limbo della morte, pensai solamente a lui e capii che il legame più puro tra maestro e discepolo esiste solo nel cuore e nel Daimoku di ognuno di noi.
Negli anni ho comunque messo l’obiettivo di andare in Giappone per fare un’esperienza di incontro con il maestro. Nelle ultime lettere ho sempre espresso questo desiderio, e dopo cinque anni di costanza e di risparmi sono partito con mio padre a novembre dello scorso anno, ritrovandomi misticamente, sapendolo solo due giorni dopo, di fronte a casa di Sensei il 15 novembre alle 16.30 circa, proprio mentre se ne stava andando e immediatamente dopo aver partecipato all’ultima cerimonia al Daiseido con il maestro in vita. Da quel momento ho sentito profondamente che questo legame è eterno e solido come il monte Fuji, vive nella nostra quotidianità e nelle nostre lotte. Essere discepoli oggi è per me vivere in ogni respiro il sogno del maestro di avere dei discepoli leader di pace e di umanità, ricordando che senza i discepoli il maestro non esisterebbe. (Leonardo Khairallah)

Continuo a scrivergli anche ora
Ho iniziato a praticare in quinta superiore e da subito le parole del nostro maestro Ikeda hanno toccato il mio cuore, stupendomi della fiducia che ricevevo da parte sua. Durante l'adolescenza avevo vissuto situazioni in cui il comportamento degli adulti intorno a me era tutt'altro che d'esempio o di incoraggiamento nei miei confronti. La pratica buddista e le parole di Sensei mi facevano conoscere un'altra realtà.
Decisi di approfondire la relazione maestro-discepolo nel 2019, dopo quasi tre anni che avevo ricevuto il Gohonzon. Fu un momento di svolta, perché da lì ho avuto molte occasioni di fare attività nella Soka Gakkai, e senza rendermene conto ho deciso di sforzarmi per aprire il mio cuore e di conseguenza accelerare la mia rivoluzione umana.
Nell'estate 2020 iniziai a scrivere costantemente al nostro maestro per raccontargli le mie lotte all'università, esame per esame. Gli promisi che avrei terminato gli studi in onore di due miei amici che avevano perso la vita prematuramente in incidenti stradali e non avevano potuto terminare il loro percorso universitario. Sensei rispose a quella lettera scrivendomi che stava recitando Daimoku per loro. Per tre anni ho scritto regolarmente al nostro maestro cercando di parlargli di me con sincerità, rassicurata dal fatto che lui conosce il nostro cuore. Gli ho raccontato le difficoltà che ho vissuto quando è emersa la malattia nella mia famiglia oppure di quando i miei sentimenti erano rimasti feriti da alcune relazioni sentimentali. Gli ho promesso che avrei trasformato tutto il veleno in medicina, riportando grandi vittorie nell'attività e nella mia vita, basando ogni mia relazione su un profondo rispetto.
Ogni volta che avvicinavo il mio cuore a quello del maestro ricevevo una risposta chiara riguardo a quel dubbio che mi assillava o alla strada da intraprendere quando mi sentivo confusa: intendo dire che l'azione da fare per il mio benessere si palesava con chiarezza, e io sentendo che mi potevo fidare andavo avanti con coraggio. Tutt'ora scrivo in un quaderno delle parole per il nostro maestro, segnando in alto la data e decidendo di avanzare passo dopo passo; questa è una bellissima abitudine che ho costruito nel tempo per dialogare con lui attraverso la scrittura. Inoltre lo scorso anno, poiché andavo a lavorare in treno, durante il viaggio potevo leggere diverse pagine de La nuova rivoluzione umana. Ricordo che una mattina ero in ritardo e tra le pagine lessi proprio un incoraggiamento severo del nostro maestro riguardo al nostro atteggiamento sul posto di lavoro, e decisi di migliorarmi ancora di più. La nuova rivoluzione umana è davvero uno strumento incredibile per agire cuore a cuore col nostro maestro! (Elena Benni)

Una prospettiva a lungo termine mi ha fatto uscire dal lutto
Nel corso degli ultimi mesi mi sto interrogando, con il Daimoku al centro di tutto, su cosa significhi essere veramente discepoli del presidente Ikeda.
Dal momento della sua scomparsa, per circa due settimane mi sono sentito fortemente spaesato, con le lacrime che mi scendevano dagli occhi ogni giorno. Proprio in quel periodo ho avuto modo di partecipare a un corso che ha rimesso al centro della mia vita il punto essenziale: essere un discepolo significa prima di tutto prendere in mano le redini della mia vita con il bagaglio karmico che ho scelto di assumermi e decidere di ricercare attivamente, in ogni istante, il cuore della persona che mi ha cambiato la vita, per dimostrare con la prova concreta la grandezza del mio maestro e influenzare il mio ambiente.
Credo che la prova vera e propria sia rendere concreto tutto ciò non solo quando mi sento sufficientemente pronto, o quando sto affrontando una sfida che conosco o che sento di poter superare perché ne conosco i limiti, ma soprattutto quando la mia testa mi dice che quel dialogo che sto intraprendendo, o quella avversità che sto affrontando, sono impossibili da vincere, e che non riuscirò a mettere al centro di quelle determinate situazioni la filosofia del rispetto della dignità della vita. Ma questo è quello che ha affrontato il nostro maestro, aprendo le porte a un’epoca in cui questo insegnamento diverrà la base della società. La profonda percezione di questo aspetto ha in qualche modo messo fine alla mia fase di lutto, donandomi un vigore che non si basa su aspetti temporanei ma sulla profonda volontà di vedere realizzata la visione del nostro maestro. Il fatto di avere una prospettiva ad ampio termine è ciò che ha realmente trasformato quel periodo di inerzia in cui mi ero ritrovato e ha nutrito la fiducia nel fatto che quando si è nel flusso di kosen-rufu ci sono solo sfide necessarie, che possono sempre essere vinte con il coraggio.
Proprio per questo motivo, mentre negli anni passati sentivo uno scollamento tra chi aveva conosciuto personalmente Sensei e chi no, adesso non sento più questo distacco, perché non solo ho vissuto nella stessa epoca del mio maestro ma perché posso incontrarlo nel mio cuore ogni qual volta la mia determinazione arde della gratitudine che mi spinge a prendere l’iniziativa e fare quel passo in avanti. Ora, insieme agli altri giovani, sono determinato a intraprendere il cammino che ha tracciato per la seconda serie delle sette campane e pronto a scrivere i prossimi volumi de La nuova rivoluzione umana. (Andrea Yuji Balestra)

Avere sempre una luce accesa
Ricordo ancora il momento preciso in cui ho scelto Daisaku Ikeda come maestro per la mia vita. Avevo 14 anni e, alla mostra Senzatomica, ho appreso tutti gli sforzi che Ikeda aveva compiuto per creare un mondo di pace. Lì ho capito che potevo fidarmi di lui, perché ho visto che era un uomo “di fatti” e non solo di parole: ho deciso profondamente che mi sarei unita alla sua lotta.
In questi 11 anni ho approfondito il mio legame con lui interrogandomi ciclicamente su cosa significasse per me avere un maestro, continuando a sceglierlo come tale ogni giorno; le risposte che mi sono data sono tante, una delle più importanti è che per me avere un maestro significa avere sempre – anche nei momenti più bui e spaventosi – una luce accesa. Daisaku Ikeda per me è una fonte di ispirazione a livello culturale, filosofico, umanitario, educativo e personale. Con le sue parole e le sue esperienze mi ha regalato uno sguardo sul mondo e sull’umanità ricco di speranza, che mi sprona a vivere ogni circostanza della vita con tutto il mio cuore e con profondo coraggio, senza compromessi.
Ripenso spesso a come debba essersi sentito al momento di iniziare il suo viaggio per kosen-rufu: davanti a sé si aprivano orizzonti sconosciuti, ma nel taschino aveva la foto del suo maestro, deciso a proseguire per lui e insieme a lui. Un legame eterno che è stato la sua forza.
Ora anche noi abbiamo di fronte uno scenario nuovo, tutto da scrivere e da conquistare. Sento forte la responsabilità di essere parte di quella generazione di discepoli che hanno vissuto e praticato con il maestro in vita: così come ognuno dei nostri tre maestri contemporanei aveva una precisa missione rispetto al progresso di kosen-rufu, così anche le diverse generazioni di discepoli penso abbiano missioni precise. Percepisco che abbiamo la missione collettiva di decidere con ancora più determinazione di far conoscere il cuore del nostro maestro a tutti i futuri discepoli affinché – anche se non avranno praticato nello stesso momento in cui Sensei ha praticato in questa esistenza – possano creare un legame diretto con lui, traendone i massimi benefici.
Questo legame trascende la vita e la morte, lo spazio e il tempo. Per me essere una discepola significa scegliere di agire per la felicità delle persone, per non lasciare incompiuto nessuno dei sogni del mio maestro, primo fra tutti realizzare un mondo sicuro, di pace, e libero dalle armi nucleari. Desidero arrivare alla fine di questa esistenza regalando a Sensei una vita speciale e piena di valore. (Michela Pasi)

Tra ieri e oggi non è diverso, quello che conta è che sono un suo discepolo
Tante volte ho letto le frasi di Daisaku Ikeda. Tante volte ho ripreso le parole di Daisaku Ikeda. Tante volte ho percepito le sensazioni di Daisaku Ikeda. E tutte queste volte sono state necessarie, tutte, non una di meno. Perché quando ho scelto lui come mio maestro, in quel preciso momento sono diventato un discepolo, e non uno a caso, proprio un suo discepolo. Un discepolo di Daisaku Ikeda.
I miei primi trent'anni di vita li ho vissuti con lui a fianco, non fisicamente, ma spiritualmente, attraverso i suoi scritti, i suoi interventi e le sue foto, perché, pur non incontrandolo da vivo, ho sempre percepito un legame profondo. Come è possibile?
Sensei stesso lo spiega nel suo romanzo La nuova rivoluzione umana: «La relazione tra maestro e discepolo può essere paragonata a quella tra l’ago e il filo. Nel cucire, l’ago guida il filo attraverso la stoffa, ma alla fine non è più necessario ed è il filo che resta per tenere salde le cuciture. Io sono l’ago. Voi siete coloro che rimarranno sul palcoscenico di kosen-rufu dopo che io non ci sarò più» (NRU, 9, 125).
Quando non ci sarà più.
Alla fine è successo, Daisaku Ikeda è scomparso il 15 novembre 2023, e personalmente mi trovo a un punto di svolta che mi rende orgoglioso di aver vissuto l’adolescenza quando lui era ancora vivo. Mi ricordo quando ogni mattina mi svegliavo e già prima di andare a scuola mi trovavo sul cellulare una nuova puntata de La nuova rivoluzione umana che Sensei scriveva giornalmente, e che arrivava da noi in Italia dopo qualche ora.
Questo è sicuramente un momento cruciale, perché quei ricordi sono diventati la base per attingere e approfondire quel legame mistico con il maestro, ora che lui non c’è più. Ma l’azione di leggere le sue parole, ritrovare le sue frasi e rivivere i suoi ricordi lo rende presente nel mio cuore più intensamente di prima, ora come non mai. La lotta contro l’oscurità fondamentale della nostra vita ci rende capaci di continuare a crescere e di capire cosa significa risvegliarci alla nobile missione di kosen-rufu, come ha imparato Ikeda dal suo maestro Toda e come quest’ultimo ha capito da Makiguchi.
Essere discepoli oggi non è poi così diverso da essere stati discepoli ieri. È invece importante soffermarsi sul fatto di essere discepoli di Daisaku Ikeda: non è semplicemente seguire le orme di chi ha già percorso una strada, ma è alzarsi in prima persona per continuare a fare ciò che ha fatto lui. Infatti sappiamo bene che quando il maestro non può agire direttamente è compito dei discepoli alzarsi e farlo al posto suo.
Anzi, è compito dei discepoli alzarsi e farlo con lui, dall'infinito passato all’eterno futuro. (Lorenzo Console)

Dieci pagine al giorno per cambiare la mia vita
Avere l’occasione di riflettere su cosa significhi essere discepoli oggi assume ancora più importanza, specialmente per noi giovani.
In un mondo che non solo corre fulmineo, ma che esige che lo superiamo in velocità, senza perdere colpi e performando al meglio, noi spesso ci sentiamo persi. Perché non sentirsi in grado è più comune di quanto sembri, e la necessità di una vera guida diventa sempre più rilevante.
Ma fa paura. Perché la nostra cultura ci vuole indipendenti, nei confini della nostra mente. Eppure quanta libertà possiamo scoprire non tanto nell’affidarci, quanto nello scegliere un maestro. E lì, sì, possiamo davvero volare brillando del nostro massimo potenziale. Come Edmond Dantes, il Conte di Montecristo, come i grandi delle storie che ci hanno emozionato fin dall’infanzia: noi, protagonisti del nostro viaggio, che scegliamo un maestro come bussola.
Daisaku Ikeda è il maestro che ho scelto. Ma la prospettiva, a dispetto di quanto la nostra cultura occidentale ci induca a pensare, è invertita: è il discepolo a essere la causa, non il maestro.
Resta però una domanda: come? Nel mio percorso buddista non è stato semplice comprendere cosa significasse la figura del maestro. Ma questa relazione è ciò che mi ha spinta a realizzare le esperienze più grandiose: dal lavoro, all’amore per me stessa, a quello per un’altra persona. Però, appunto: come? Oltre al Daimoku, ho iniziato a parlare con il mio maestro grazie ai suoi scritti.
Ogni giorno dieci pagine, mentre bevevo il caffè. Quindici minuti al giorno, così, per cambiare la mia vita. Per conoscere una persona incredibile per umanità, lungimiranza, saggezza, coraggio e compassione. Per vederla ricevere riconoscimenti dal mondo intero. E per sapere che sì: il mio maestro è fiero di me. E allora comincio a esserlo anche io. Inizia così la nostra epoca di discepoli, che portiamo avanti la missione del nostro maestro: realizzare i nostri sogni per un mondo di pace. (Nina Mistretta)

[box] L’era dei discepoli, il tempo dei successori: verso il prossimo 16 marzo

Marzo è, nella storia della Soka Gakkai, il mese in cui i successori si alzano per rispondere alle profonde aspettative del maestro ed ereditare la missione di kosen-rufu. Nel 1958, il 16 marzo fu il giorno in cui il maestro Toda affidò il futuro della Soka Gakkai ai giovani, diciassette giorni prima di morire. Nel 2024, è il primo che viviamo dopo la scomparsa del maestro Ikeda.

I giovani discepoli di tutto il mondo hanno preso l’iniziativa di aprire una nuova strada. Il 24 marzo si terrà in Giappone un evento storico, il “Future Action Festival”, organizzato dai giovani di diverse associazioni insieme alla Soka Gakkai, tra cui Green Peace, Croce Rossa Internazionale, Youth for TPNW, International Tropical Timber Organization (ITTO), Hiroshiman Youth Action for a Nuclear-Free World. Vi parteciperanno 70.000 giovani per creare insieme un movimento giovanile globale che porterà alla realizzazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile nel 2030.

In Italia, sabato 16 marzo i giovani si riuniranno per dare il via a una nuova ondata di speranza che possa arrivare al cuore di tantissime persone: un evento che prevede in contemporanea una riunione in ciascuna regione. Tutta l’Italia riparte con Sensei.[/box]

Cosa significa per me

Possiamo illuminare la notte e mostrare come trasformare l'oscurità

C’è differenza tra essere discepoli prima e dopo la scomparsa di Daisaku Ikeda? Riusciremo a sviluppare quella visione incisiva e sempre nuova che aveva il nostro maestro? Quella sua convinzione assoluta di trasformare l’impossibile?

Essere discepoli oggi

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