E se fosse possibile?
Siamo in viaggio verso destinazioni sconosciute.
In quanto esseri umani, questa è una nostra, preziosa, prerogativa.
La vita offre tanti scenari. Lavoro, amore, famiglia, studio, malattia, amicizia, morte, nascita.
È come una corsa della metro. A ogni fermata, nell'ottica del buddismo, abbiamo la possibilità di sperimentare il grande potere che ha la vita di trasformare le difficoltà in ricchezza. È un potere nascosto, sotterraneo, ma più grandioso del mare e del cielo.
Il tragitto che percorriamo nelle prossime pagine è scandito dalle parole di Daisaku Ikeda, che si offrono come una luce per rischiarare il nostro mondo. Ikeda è unoi dei grandi maestri nella storia del Buddismo.
Il Buddismo si occupa della vita. In ogni istante miliardi di persone vivono e si spostano portando con sé le proprie storie, ed entrano in contatto. Coloro che qui sono saliti a bordo, a ogni fermata raccontano una storia legata al Buddismo.
Tutti abbiamo le potenzialità per superare lo sconforto e la fiducia. Tutti abbiamo il coraggio e la forza per costruire un'esistenza realizzata. Anche queste sono nostre prerogative. Trovare una grande strada per creare la pace e la felicità è possibile.
Nelle pagine seguenti:
ogni fermata della metro - religione, lavoro, amore, amicizia ecc. - rappresenta un aspetto cruciale della vita. Una frase di Daisaku Ikeda tratta da "Messaggio alla gioventù" (che riportiamo interamente da p. 28 a p. 45) e alcune testimonianze di vita incoraggiano a scendere con fiducia a quella stazione per proseguire il cammino con rinnovata determinazione.
Religione
«In gioventù non c'è niente di irreparabile. L'unico vero errore che potete fare è arrendervi o lasciare spazio alla paura di fallire, impedendo a voi stessi di provare a realizzare qualcosa.» (Daisaku Ikeda)
Il Buddismo, come ogni religione, nasce dall'innato desiderio di vivere felici.
La preghiera altro non è che un'espressione di questo desiderio e, in questo senso, anche chi non si considera religioso prega spesso per qualcosa. Le religioni sono nate a partire dalle preghiere e ne sono il risultato. Ovviamente, per una serie di diversi fattori, ci sono aspetti che caratterizzano ciascun tipo di fede e scuola religiosa. Tuttavia, il desiderio comune è il medesimo.
Per il Buddismo della Soka Gakkai, che si basa sugli insegnamenti del Budda Nichiren Daishonin, la religione ha il compito di far emergere la forza immensa di cui è intrinsecamente dotata la vita, grazie a cui possiamo superare tutte le sofferenze che inevitabilmente si affrontano nel corso dell'esistenza.
In ogni momento, in tutto l'universo, si verificano un numero non calcolabile di eventi, a partire da ciò che avviene in ogni singola cellula del nostro corpo, e così in ogni fenomeno nel cosmo. Attimo dopo attimo, quanta vita nasce e quanta vita muore! È un movimento di energia vitale maestoso. Secondo il Buddismo, ogni singolo essere vivente è espressione di questa forza vitale cosmica e, misticamente, la racchiude interamente e può manifestarla in modo tangibile. Nam-myoho-renge-kyo è questa Legge fondamentale dell'universo e la preghiera, nel Buddismo della Soka Gakkai, consiste proprio nel recitare Nam-myoho-renge-kyo davanti al Gohonzon, la forma concreta che Nichiren Daishonin ha dato a questa Legge.
Il "Budda" è, allo stesso tempo, la vita a livello universale e chi si risveglia a questa dimensione mistica e aiuta gli altri a fare lo stesso, dedicandosi con ogni fibra del suo essere a questo grande desiderio, o missione. È un desiderio che si accorda con l'intimità più profonda di ognuno di noi, e lottare per trasformarlo in realtà è ciò che ci consente di vivere appieno la nostra umanità.
D'altro canto, sono poche le persone che hanno cominciato a praticare il Buddismo spinti da una qualche vocazione religiosa o da motivazioni umanitarie. Tuttavia, un approccio che miri al miglioramento delle proprie circostanze personali, in ottica buddista, non contrasta in alcun modo con l'ideale di pace e felicità di tutta l'umanità. Anzi, costituisce il carburante necessario per procedere in un viaggio lungo e arduo, meraviglioso.
Scrive Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai Internazionale: «La pratica buddista si svolge nel mondo reale, nella società. Noi pratichiamo il Buddismo di Nichiren Daishonin - una filosofia finalizzata alla trasformazione della realtà - per sviluppare e migliorare noi stessi, per creare il massimo valore nel luogo e nel momento in cui ci troviamo».
In ogni tempo, sono la forza e la passione dei giovani a creare la storia. Le esperienze di profondo cambiamento di ciascuno di noi, e il sodalizio per la pace che noi giovani adesso stringiamo per trasformare la realtà e vivere una vita assolutamente felice, aprono la strada a un'epoca di gioia e realizzazione per un numero sempre crescente di persone.
Il Buddismo, come ogni religione, nasce dall'innato desiderio di vivere felici.
La preghiera altro non è che un'espressione di questo desiderio e, in questo senso, anche chi non si considera religioso prega spesso per qualcosa. Le religioni sono nate a partire dalle preghiere e ne sono il risultato. Ovviamente, per una serie di diversi fattori, ci sono aspetti che caratterizzano ciascun tipo di fede e scuola religiosa. Tuttavia, il desiderio comune è il medesimo.
Per il Buddismo della Soka Gakkai, che si basa sugli insegnamenti del Budda Nichiren Daishonin, la religione ha il compito di far emergere la forza immensa di cui è intrinsecamente dotata la vita, grazie a cui possiamo superare tutte le sofferenze che inevitabilmente si affrontano nel corso dell'esistenza.
In ogni momento, in tutto l'universo, si verificano un numero non calcolabile di eventi, a partire da ciò che avviene in ogni singola cellula del nostro corpo, e così in ogni fenomeno nel cosmo. Attimo dopo attimo, quanta vita nasce e quanta vita muore! È un movimento di energia vitale maestoso. Secondo il Buddismo, ogni singolo essere vivente è espressione di questa forza vitale cosmica e, misticamente, la racchiude interamente e può manifestarla in modo tangibile. Nam-myoho-renge-kyo è questa Legge fondamentale dell'universo e la preghiera, nel Buddismo della Soka Gakkai, consiste proprio nel recitare Nam-myoho-renge-kyo davanti al Gohonzon, la forma concreta che Nichiren Daishonin ha dato a questa Legge.
Il "Budda" è, allo stesso tempo, la vita a livello universale e chi si risveglia a questa dimensione mistica e aiuta gli altri a fare lo stesso, dedicandosi con ogni fibra del suo essere a questo grande desiderio, o missione. È un desiderio che si accorda con l'intimità più profonda di ognuno di noi, e lottare per trasformarlo in realtà è ciò che ci consente di vivere appieno la nostra umanità.
D'altro canto, sono poche le persone che hanno cominciato a praticare il Buddismo spinti da una qualche vocazione religiosa o da motivazioni umanitarie. Tuttavia, un approccio che miri al miglioramento delle proprie circostanze personali, in ottica buddista, non contrasta in alcun modo con l'ideale di pace e felicità di tutta l'umanità. Anzi, costituisce il carburante necessario per procedere in un viaggio lungo e arduo, meraviglioso.
Scrive Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai Internazionale: «La pratica buddista si svolge nel mondo reale, nella società. Noi pratichiamo il Buddismo di Nichiren Daishonin - una filosofia finalizzata alla trasformazione della realtà - per sviluppare e migliorare noi stessi, per creare il massimo valore nel luogo e nel momento in cui ci troviamo».
In ogni tempo, sono la forza e la passione dei giovani a creare la storia. Le esperienze di profondo cambiamento di ciascuno di noi, e il sodalizio per la pace che noi giovani adesso stringiamo per trasformare la realtà e vivere una vita assolutamente felice, aprono la strada a un'epoca di gioia e realizzazione per un numero sempre crescente di persone.
Lavoro
«Risplendete lì dove siete. Immergendovi nel vostro lavoro invece di evitarlo riuscirete ad aprire una strada per andare nella direzione migliore possibile: alla fine capirete che tutti gli sforzi profusi fino a quel momento avevano un significato e che tutto ciò che avete vissuto è un tesoro per la vostra vita. Quando questo accadrà avrete vinto». (Daisaku Ikeda)
Matteo, 36 anni
Quando nel 2005, grazie alla mia fidanzata, incontrai il Buddismo, decisi di sperimentarlo mettendomi un obiettivo impossibile: affermarmi nella musica dance/elettronica. Così cominciai a praticare costantemente, con il primo risultato di trasformare le mie crisi di panico e il mio senso di impotenza e frustrazione davanti alle sfide, iniziando a sviluppare un forte senso di identità e a percepire il mio lavoro come la mia missione.
L'atteggiamento che avevo nella vita personale e in quella lavorativa era di crescente apertura, finalmente accettavo consigli professionali perché alla base c'era il costante desiderio di migliorarmi. Questo aveva generato effetti immediati: il lavoro come professionista nella mia città mi aveva reso economicamente indipendente e nel 2009 un mio amico, vedendo i miei cambiamenti, iniziò a praticare.
Il mio legame con il presidente Ikeda diventava sempre più forte, e decisi di sperimentare un suo discorso in cui dice che alla base del successo c'è uno sforzo continuo e costante. Ciò mi consentì nel 2011 non solo di collaborare con artisti di livello internazionale ma di esibirmi in diverse parti del mondo, tra cui il Sud America e numerose città europee.
Nel 2012 rilanciai con un obiettivo impossibile: diventare il primo nelle classifiche mondiali. Fu un espediente che mi consentì per prima cosa di superare il grande limite interiore di non sentirmi all'altezza di quel risultato. Sforzandomi di percepire io per primo il valore della mia vita e delle mie lotte arrivai a sentire profondamente che avrei meritato quella posizione.
Risultai primo in classifica per più di un mese!
Quel successo non è stato l'unico: da quel momento la mia musica, grazie a uno stile rinnovato, è diventata fonte di ispirazione per tutti gli artisti in questo ambito. I miei viaggi inoltre mi hanno consentito di far conoscere la pratica e Daisaku Ikeda in tutti i luoghi in cui sono stato. L'impegno nella Soka Gakkai e il legame con il mio maestro mi hanno reso capace di fronteggiare qualsiasi ostacolo e difficoltà con lo spirito di non arrendermi mai, e questo atteggiamento ha incoraggiato in questi anni diversi amici che hanno deciso di cominciare a praticare.
Alessandra, 24 anni
Dopo 3 anni di immensi sacrifici, nel novembre 2014 mi sono laureata in scienze infermieristiche e mi sono trovata di fronte alla difficoltà davvero ardua di entrare nel mondo lavorativo. In quella difficile situazione mi sono impegnata ancora di più nella pratica buddista e nel sostenere con tutta me stessa le attività della Soka Gakkai per realizzare il sogno di kosen-rufu. Grazie a questa sfida ho ottenuto un grande beneficio: neanche due mesi dopo ho iniziato a lavorare come infermiera in una prestigiosa clinica privata di Roma.
Eppure poco dopo è sorto dentro di me un enorme malessere: quel mestiere a stretto contatto le persone, dover sempre rispondere ai bisogni del paziente, sempre di corsa, così stancante fisicamente, così usurante... Mi chiedevo: «Ma perché io? Come ci sono finita qui?». Mi sembrava tutto terribilmente sbagliato.
Cercavo di capire quale potesse essere il mio mestiere se non quello che facevo. Cercavo disperatamente un talento, una passione. E poiché l'unica cosa che mi è sempre veramente piaciuta è scrivere, mi iscrissi alla facoltà di Lettere moderne alla Sapienza. Non era semplice per niente. Ormai vivevo con il mio ragazzo, lavoravo tantissimo e la vita era piena di enormi sfide quotidiane. Nonostante numerose difficoltà riuscii a dare un esame e a prendere 28! La gioia fu enorme. Diedi un altro esame e poi ancora un altro.
Il mio lavoro come infermiera però era decisamente peggiorato, mi sembrava così umile, così "poco" per me. Il pensiero di prendere una seconda laurea invece mi eccitava e mi eccitava anche vedere tutto intorno persone fiere di me.
Di colpo però sentii un'ansia fortissima salire giorno dopo giorno. Mi accorsi di essere spinta a fare tutti questi sforzi dalla paura di deludere gli altri, di rimanere una persona "mediocre", "normale", "come tante altre". Chiesi sinceramente a me stessa per quale motivo non volessi fare l'infermiera e provai a valutare bene il mio mestiere, decisi di cercare il mio maestro e di capire cosa pensava lui a riguardo.
Il 7 agosto 2016 partecipai a una lezione di Buddismo tutta incentrata sul lavoro... non ci potevo credere! Ogni parola era perfettamente indirizzata a me. Uscii immensamente incoraggiata e mentre recitavo Daimoku iniziai a pensare: «Ma se fossi proprio nata per fare l'infermiera?» «Se fosse questa la mia missione?», «Se non fosse poi tutto così sbagliato?». Mi diedi un'altra chance, e credendo al cento per cento nelle parole del mio maestro riscoprii un lavoro completamente diverso.
Ho scelto di lasciare la facoltà di Lettere e di onorare questo lavoro così prezioso e così difficile. Ho letto la delusione negli occhi di alcune persone intorno a me, ma questa volta ho deciso di fare un'esperienza diversa, più profonda. Non è sempre semplice, assolutamente. Anche perché le ore di lavoro sono tante e noi siamo sempre troppo poche. Ma io sono certa che, basandomi sugli insegnamenti del Buddismo, sarò sempre ripagata e non avrò mai rimpianti.
Matteo, 36 anni
Quando nel 2005, grazie alla mia fidanzata, incontrai il Buddismo, decisi di sperimentarlo mettendomi un obiettivo impossibile: affermarmi nella musica dance/elettronica. Così cominciai a praticare costantemente, con il primo risultato di trasformare le mie crisi di panico e il mio senso di impotenza e frustrazione davanti alle sfide, iniziando a sviluppare un forte senso di identità e a percepire il mio lavoro come la mia missione.
L'atteggiamento che avevo nella vita personale e in quella lavorativa era di crescente apertura, finalmente accettavo consigli professionali perché alla base c'era il costante desiderio di migliorarmi. Questo aveva generato effetti immediati: il lavoro come professionista nella mia città mi aveva reso economicamente indipendente e nel 2009 un mio amico, vedendo i miei cambiamenti, iniziò a praticare.
Il mio legame con il presidente Ikeda diventava sempre più forte, e decisi di sperimentare un suo discorso in cui dice che alla base del successo c'è uno sforzo continuo e costante. Ciò mi consentì nel 2011 non solo di collaborare con artisti di livello internazionale ma di esibirmi in diverse parti del mondo, tra cui il Sud America e numerose città europee.
Nel 2012 rilanciai con un obiettivo impossibile: diventare il primo nelle classifiche mondiali. Fu un espediente che mi consentì per prima cosa di superare il grande limite interiore di non sentirmi all'altezza di quel risultato. Sforzandomi di percepire io per primo il valore della mia vita e delle mie lotte arrivai a sentire profondamente che avrei meritato quella posizione.
Risultai primo in classifica per più di un mese!
Quel successo non è stato l'unico: da quel momento la mia musica, grazie a uno stile rinnovato, è diventata fonte di ispirazione per tutti gli artisti in questo ambito. I miei viaggi inoltre mi hanno consentito di far conoscere la pratica e Daisaku Ikeda in tutti i luoghi in cui sono stato. L'impegno nella Soka Gakkai e il legame con il mio maestro mi hanno reso capace di fronteggiare qualsiasi ostacolo e difficoltà con lo spirito di non arrendermi mai, e questo atteggiamento ha incoraggiato in questi anni diversi amici che hanno deciso di cominciare a praticare.
Alessandra, 24 anni
Dopo 3 anni di immensi sacrifici, nel novembre 2014 mi sono laureata in scienze infermieristiche e mi sono trovata di fronte alla difficoltà davvero ardua di entrare nel mondo lavorativo. In quella difficile situazione mi sono impegnata ancora di più nella pratica buddista e nel sostenere con tutta me stessa le attività della Soka Gakkai per realizzare il sogno di kosen-rufu. Grazie a questa sfida ho ottenuto un grande beneficio: neanche due mesi dopo ho iniziato a lavorare come infermiera in una prestigiosa clinica privata di Roma.
Eppure poco dopo è sorto dentro di me un enorme malessere: quel mestiere a stretto contatto le persone, dover sempre rispondere ai bisogni del paziente, sempre di corsa, così stancante fisicamente, così usurante... Mi chiedevo: «Ma perché io? Come ci sono finita qui?». Mi sembrava tutto terribilmente sbagliato.
Cercavo di capire quale potesse essere il mio mestiere se non quello che facevo. Cercavo disperatamente un talento, una passione. E poiché l'unica cosa che mi è sempre veramente piaciuta è scrivere, mi iscrissi alla facoltà di Lettere moderne alla Sapienza. Non era semplice per niente. Ormai vivevo con il mio ragazzo, lavoravo tantissimo e la vita era piena di enormi sfide quotidiane. Nonostante numerose difficoltà riuscii a dare un esame e a prendere 28! La gioia fu enorme. Diedi un altro esame e poi ancora un altro.
Il mio lavoro come infermiera però era decisamente peggiorato, mi sembrava così umile, così "poco" per me. Il pensiero di prendere una seconda laurea invece mi eccitava e mi eccitava anche vedere tutto intorno persone fiere di me.
Di colpo però sentii un'ansia fortissima salire giorno dopo giorno. Mi accorsi di essere spinta a fare tutti questi sforzi dalla paura di deludere gli altri, di rimanere una persona "mediocre", "normale", "come tante altre". Chiesi sinceramente a me stessa per quale motivo non volessi fare l'infermiera e provai a valutare bene il mio mestiere, decisi di cercare il mio maestro e di capire cosa pensava lui a riguardo.
Il 7 agosto 2016 partecipai a una lezione di Buddismo tutta incentrata sul lavoro... non ci potevo credere! Ogni parola era perfettamente indirizzata a me. Uscii immensamente incoraggiata e mentre recitavo Daimoku iniziai a pensare: «Ma se fossi proprio nata per fare l'infermiera?» «Se fosse questa la mia missione?», «Se non fosse poi tutto così sbagliato?». Mi diedi un'altra chance, e credendo al cento per cento nelle parole del mio maestro riscoprii un lavoro completamente diverso.
Ho scelto di lasciare la facoltà di Lettere e di onorare questo lavoro così prezioso e così difficile. Ho letto la delusione negli occhi di alcune persone intorno a me, ma questa volta ho deciso di fare un'esperienza diversa, più profonda. Non è sempre semplice, assolutamente. Anche perché le ore di lavoro sono tante e noi siamo sempre troppo poche. Ma io sono certa che, basandomi sugli insegnamenti del Buddismo, sarò sempre ripagata e non avrò mai rimpianti.
Passaggi da Lucia a Daniele
La pratica buddista si trasmette da cuore a cuore in una serie di passaggi. E la vita si trasforma in modo meraviglioso.
Lucia
Ho iniziato a praticare per curiosità nel 1977 all'età di 17 anni. A casa i miei genitori mi attaccavano e mi ostacolavano nella pratica, soprattutto mia madre che era molto cattolica. Spesso recitavo Daimoku e Gongyo di nascosto. La situazione in famiglia era molto difficile: mio fratello più grande, a cui avevo parlato del Buddismo, aveva gravi problemi di esaurimento nervoso e quando ricevetti il Gohonzon fu ricoverato. Si respirava un'aria di pesantezza e sofferenza, non riuscivo a sentire speranza e fiducia in un cambiamento.
In previsione della visita del presidente Ikeda in Italia, che sarebbe avvenuta nel 1981, mi proposero di fare un'attività per quell'evento. Accettai perché volevo migliorare la mia pratica, la mia vita e soprattutto sentire la relazione maestro-discepolo. In quel periodo parlai della pratica a Paola, una mia carissima amica. Desideravo con tutto il cuore che iniziasse a praticare, ma lei era scettica e manifestava resistenze a riguardo. Due giorni prima di quell'attività, Paola si offrì di accompagnarmi con il motorino per cercare un vestito adatto, e mentre giravamo tutta la città mi prendeva in giro, non riusciva a capire perché fossi tanto presa da quell'evento.
L'incontro con il presidente Ikeda, che porto con me come un tesoro, cambiò il mio atteggiamento nella pratica buddista e nella vita. Compresi che fino ad allora avevo accettato passivamente i miei problemi, e decisi di tirar fuori il coraggio di affrontarli realmente. Subito la mia amica Paola iniziò a praticare e così molte persone a cui avevo parlato del Buddismo, tra cui mio fratello maggiore.
Grazie a una pratica costante e a sforzi continui la situazione familiare si è trasformata completamente e da tempo anche mia madre e mia sorella sono diventate membri di questa meravigliosa organizzazione.
Paola
Ho resistito con scetticismo per un po', quando Lucia mi parlò del Buddismo, ma in seguito all'arrivo di Daisaku Ikeda a Firenze, nel maggio del 1981, ho iniziato a praticare costantemente. Poco dopo sono partita per l'India, dove i pochi membri indiani mi hanno fortemente sostenuta e incoraggiata. Avevo 23 anni e porto con me il ricordo dell'accoglienza ricevuta dai pionieri di quella terra.
Stufa delle mie infinite illusioni, tornata a Roma il mio primo scopo è stato quello di incontrare un ragazzo con cui costruire una relazione di valore. Così come il Buddismo insegna una fede come l'acqua che scorre e non come fuoco che brucia e si esaurisce in poco tempo, io desideravo vivere un amore, e una vita, che scorressero limpidi senza fermarsi davanti agli ostacoli. Pochi giorni dopo ho conosciuto Massimo, l'uomo con il quale ho realizzato il mio desiderio e che ancora oggi imparo tutti i giorni ad amare.
Insieme ci siamo trasferiti da Roma a Tuscania. Ciò che ha sostenuto il mio passaggio da metropolitana convinta ad abitante di un piccolo centro è l'aver cercato di mettere in pratica lo spirito di alzarmi e prendere l'iniziativa, come insegnano il Daishonin e i maestri della Soka Gakkai. Poco dopo, anche nei paesi vicini sono emerse persone con lo stesso desiderio. A Marta hanno iniziato a praticare Secondo e Tiziana, amici con cui in questi anni ho condiviso gioie e dolori, occasioni per crescere come veri pionieri...
Secondo
Proprio oggi mi ha chiamato al telefono Vittorio, il mio primo amico a cui avevo parlato della pratica e che aveva ricevuto il Gohonzon nel 2001.
Attualmente abita in Inghilterra e mi ha raccontato che dove vive ci sono solo cinque praticanti e che gli sembra di dover ricominciare da capo. Per incoraggiarlo gli ho ricordato di quando, all'inizio del lontano 2001, determinai profondamente che sorgessero tante persone preziose, soprattutto giovani di valore. Avevo già parlato a tante persone del Buddismo con scarsi successi, ma iniziai l'anno con una decisione rinnovata, incoraggiato quotidianamente dagli scritti di Daisaku Ikeda. Ci fu un'esplosione di giovani, al punto che non si entrava più nella stanza del Gohonzon dove facevamo le riunioni. Nel giugno dello stesso anno eravamo ventitré e fu necessario dividere il gruppo in due. La svolta ci fu quando Vittorio parlò della pratica a Roberto, il quale a sua volta condivise il Buddismo con molti suoi amici, parecchi membri della sua famiglia, vari parenti e anche il suo cane Burt.
Ogni mese quattro-cinque persone ricevevano il Gohonzon.
Mi sembrava impossibile, non sapevo cosa dire a tutta quella gente, però ho cercato di trasmettere come meglio potevo la pratica corretta.
In questi anni ho ricevuto grandi benefici. È nato mio figlio anche se sembrava impossibile, tanto che fino all'ultima visita ci eravamo preparati all'asportazione del feto. In quel periodo con mia moglie Tiziana abbiamo recitato tantissimo Daimoku. Io ero anche in cassa integrazione, ma dopo la nascita del bambino ho ottenuto il lavoro che desideravo...
Vittorio
Quando i miei amici Secondo e Tiziana, nel 1995, mi dissero che con il Buddismo avrei potuto affrontare e risolvere ogni problema della mia vita, a me, che oltre a esser contrario alle religioni soffrivo di depressione, la cosa sembrò un po' folle. Ma quando mi fecero ascoltare il Daimoku davanti al Gohonzon, quel suono mi diede subito l'idea di qualcosa di potente e positivo.
Decisi di provare, c'erano tante cose che volevo cambiare. Uscire dalla depressione in primis. Sperimentai subito i benefici del Daimoku, ma tendevo a smettere appena stavo meglio. Ringrazierò sempre i miei amici per la costanza e la tenacia con cui mi hanno seguito e incoraggiato in un periodo in cui nel raggio di 30 km eravamo solo in cinque a praticare. Per anni abbiamo condiviso esperienze e benefici creando profondi legami di amicizia e rispetto, sempre con il desiderio di far conoscere la pratica a più persone possibile. La grande crescita ci fu tra il 2000 ed il 2005 quando tante persone, tanti giovani, cominciarono a praticare. Uno di loro era Roberto...
Roberto
Ho cominciato a praticare grazie a Vittorio. La gratitudine che sento per lui è molto profonda, perché mi ha dato la possibilità di agganciare la mia vita al Gohonzon e al maestro e di farla galoppare verso una felicità indistruttibile! Grazie alla fede ho potuto trasformare tantissimi aspetti della vita: il lavoro, la situazione economica, le relazioni con la mia famiglia e l'aspetto sentimentale. Sono diventato papà.
Ma il punto non è aver realizzato o migliorato tante cose, bensì il modo in cui vivo tutto questo grazie al Buddismo. La fede buddista mi dà la possibilità ogni giorno di decidere di non essere mai sconfitto dai problemi e di sentire una speranza profonda nel cuore.
Poco tempo dopo aver cominiciato a praticare, non potendo trattenere la gioia che mi dava la recitazione del Daimoku, ho cominciato a condividerla con i miei amici e familiari. Piano piano hanno cominciato a praticare tutti, compreso Daniele, il mio amico più intimo con cui avevo condiviso gioie e dolori da sempre. Per me è stata una grande gioia vedere come trasformava la vita grazie al Daimoku e oggi ci sosteniamo quotidianamente nella fede e nelle sfide della vita.
Daniele
Inizialmente, quando Roberto mi parlò per la prima volta di Nam-myoho-renge-kyo, rimasi perplesso. Entrambi siamo cresciuti in un ambiente particolare, contornato da dipendenze. Non capivo, pensavo fosse l'ennesima stranezza.
Ciò che mi fece cambiare idea fu l'enorme cambiamento che vidi in lui: nei pensieri (prima sempre pessimisti), nelle parole (sempre di lamentela), nelle azioni (riflesso di pensieri e parole). Tutto cambiò radicalmente nella direzione opposta alle nostre cattive tendenze e quando io cercavo di riportarlo in basso, lui riusciva invece a portare in alto me. Ispirato da questo, iniziai a praticare di nascosto e subito sentii una gioia incredibile legata alla fiducia che prima non c'era, percepivo la possibilità di poter cambiare la mia vita e da quel momento non ho mancato di coltivare la fede neanche un giorno.
Ne conseguirono grandi cambiamenti in famiglia, con gli amici e, soprattutto, all'università. La gioia che provavo diventò incontenibile, al punto di condividere con tutte le persone intorno a me questa meravigliosa pratica. Alcuni amici universitari iniziarono a loro volta a praticare e così io iniziai a riconoscere la mia missione. Spesso mi capita di pensare che non avrei potuto vivere una vita migliore.
Lucia
Ho iniziato a praticare per curiosità nel 1977 all'età di 17 anni. A casa i miei genitori mi attaccavano e mi ostacolavano nella pratica, soprattutto mia madre che era molto cattolica. Spesso recitavo Daimoku e Gongyo di nascosto. La situazione in famiglia era molto difficile: mio fratello più grande, a cui avevo parlato del Buddismo, aveva gravi problemi di esaurimento nervoso e quando ricevetti il Gohonzon fu ricoverato. Si respirava un'aria di pesantezza e sofferenza, non riuscivo a sentire speranza e fiducia in un cambiamento.
In previsione della visita del presidente Ikeda in Italia, che sarebbe avvenuta nel 1981, mi proposero di fare un'attività per quell'evento. Accettai perché volevo migliorare la mia pratica, la mia vita e soprattutto sentire la relazione maestro-discepolo. In quel periodo parlai della pratica a Paola, una mia carissima amica. Desideravo con tutto il cuore che iniziasse a praticare, ma lei era scettica e manifestava resistenze a riguardo. Due giorni prima di quell'attività, Paola si offrì di accompagnarmi con il motorino per cercare un vestito adatto, e mentre giravamo tutta la città mi prendeva in giro, non riusciva a capire perché fossi tanto presa da quell'evento.
L'incontro con il presidente Ikeda, che porto con me come un tesoro, cambiò il mio atteggiamento nella pratica buddista e nella vita. Compresi che fino ad allora avevo accettato passivamente i miei problemi, e decisi di tirar fuori il coraggio di affrontarli realmente. Subito la mia amica Paola iniziò a praticare e così molte persone a cui avevo parlato del Buddismo, tra cui mio fratello maggiore.
Grazie a una pratica costante e a sforzi continui la situazione familiare si è trasformata completamente e da tempo anche mia madre e mia sorella sono diventate membri di questa meravigliosa organizzazione.
Paola
Ho resistito con scetticismo per un po', quando Lucia mi parlò del Buddismo, ma in seguito all'arrivo di Daisaku Ikeda a Firenze, nel maggio del 1981, ho iniziato a praticare costantemente. Poco dopo sono partita per l'India, dove i pochi membri indiani mi hanno fortemente sostenuta e incoraggiata. Avevo 23 anni e porto con me il ricordo dell'accoglienza ricevuta dai pionieri di quella terra.
Stufa delle mie infinite illusioni, tornata a Roma il mio primo scopo è stato quello di incontrare un ragazzo con cui costruire una relazione di valore. Così come il Buddismo insegna una fede come l'acqua che scorre e non come fuoco che brucia e si esaurisce in poco tempo, io desideravo vivere un amore, e una vita, che scorressero limpidi senza fermarsi davanti agli ostacoli. Pochi giorni dopo ho conosciuto Massimo, l'uomo con il quale ho realizzato il mio desiderio e che ancora oggi imparo tutti i giorni ad amare.
Insieme ci siamo trasferiti da Roma a Tuscania. Ciò che ha sostenuto il mio passaggio da metropolitana convinta ad abitante di un piccolo centro è l'aver cercato di mettere in pratica lo spirito di alzarmi e prendere l'iniziativa, come insegnano il Daishonin e i maestri della Soka Gakkai. Poco dopo, anche nei paesi vicini sono emerse persone con lo stesso desiderio. A Marta hanno iniziato a praticare Secondo e Tiziana, amici con cui in questi anni ho condiviso gioie e dolori, occasioni per crescere come veri pionieri...
Secondo
Proprio oggi mi ha chiamato al telefono Vittorio, il mio primo amico a cui avevo parlato della pratica e che aveva ricevuto il Gohonzon nel 2001.
Attualmente abita in Inghilterra e mi ha raccontato che dove vive ci sono solo cinque praticanti e che gli sembra di dover ricominciare da capo. Per incoraggiarlo gli ho ricordato di quando, all'inizio del lontano 2001, determinai profondamente che sorgessero tante persone preziose, soprattutto giovani di valore. Avevo già parlato a tante persone del Buddismo con scarsi successi, ma iniziai l'anno con una decisione rinnovata, incoraggiato quotidianamente dagli scritti di Daisaku Ikeda. Ci fu un'esplosione di giovani, al punto che non si entrava più nella stanza del Gohonzon dove facevamo le riunioni. Nel giugno dello stesso anno eravamo ventitré e fu necessario dividere il gruppo in due. La svolta ci fu quando Vittorio parlò della pratica a Roberto, il quale a sua volta condivise il Buddismo con molti suoi amici, parecchi membri della sua famiglia, vari parenti e anche il suo cane Burt.
Ogni mese quattro-cinque persone ricevevano il Gohonzon.
Mi sembrava impossibile, non sapevo cosa dire a tutta quella gente, però ho cercato di trasmettere come meglio potevo la pratica corretta.
In questi anni ho ricevuto grandi benefici. È nato mio figlio anche se sembrava impossibile, tanto che fino all'ultima visita ci eravamo preparati all'asportazione del feto. In quel periodo con mia moglie Tiziana abbiamo recitato tantissimo Daimoku. Io ero anche in cassa integrazione, ma dopo la nascita del bambino ho ottenuto il lavoro che desideravo...
Vittorio
Quando i miei amici Secondo e Tiziana, nel 1995, mi dissero che con il Buddismo avrei potuto affrontare e risolvere ogni problema della mia vita, a me, che oltre a esser contrario alle religioni soffrivo di depressione, la cosa sembrò un po' folle. Ma quando mi fecero ascoltare il Daimoku davanti al Gohonzon, quel suono mi diede subito l'idea di qualcosa di potente e positivo.
Decisi di provare, c'erano tante cose che volevo cambiare. Uscire dalla depressione in primis. Sperimentai subito i benefici del Daimoku, ma tendevo a smettere appena stavo meglio. Ringrazierò sempre i miei amici per la costanza e la tenacia con cui mi hanno seguito e incoraggiato in un periodo in cui nel raggio di 30 km eravamo solo in cinque a praticare. Per anni abbiamo condiviso esperienze e benefici creando profondi legami di amicizia e rispetto, sempre con il desiderio di far conoscere la pratica a più persone possibile. La grande crescita ci fu tra il 2000 ed il 2005 quando tante persone, tanti giovani, cominciarono a praticare. Uno di loro era Roberto...
Roberto
Ho cominciato a praticare grazie a Vittorio. La gratitudine che sento per lui è molto profonda, perché mi ha dato la possibilità di agganciare la mia vita al Gohonzon e al maestro e di farla galoppare verso una felicità indistruttibile! Grazie alla fede ho potuto trasformare tantissimi aspetti della vita: il lavoro, la situazione economica, le relazioni con la mia famiglia e l'aspetto sentimentale. Sono diventato papà.
Ma il punto non è aver realizzato o migliorato tante cose, bensì il modo in cui vivo tutto questo grazie al Buddismo. La fede buddista mi dà la possibilità ogni giorno di decidere di non essere mai sconfitto dai problemi e di sentire una speranza profonda nel cuore.
Poco tempo dopo aver cominiciato a praticare, non potendo trattenere la gioia che mi dava la recitazione del Daimoku, ho cominciato a condividerla con i miei amici e familiari. Piano piano hanno cominciato a praticare tutti, compreso Daniele, il mio amico più intimo con cui avevo condiviso gioie e dolori da sempre. Per me è stata una grande gioia vedere come trasformava la vita grazie al Daimoku e oggi ci sosteniamo quotidianamente nella fede e nelle sfide della vita.
Daniele
Inizialmente, quando Roberto mi parlò per la prima volta di Nam-myoho-renge-kyo, rimasi perplesso. Entrambi siamo cresciuti in un ambiente particolare, contornato da dipendenze. Non capivo, pensavo fosse l'ennesima stranezza.
Ciò che mi fece cambiare idea fu l'enorme cambiamento che vidi in lui: nei pensieri (prima sempre pessimisti), nelle parole (sempre di lamentela), nelle azioni (riflesso di pensieri e parole). Tutto cambiò radicalmente nella direzione opposta alle nostre cattive tendenze e quando io cercavo di riportarlo in basso, lui riusciva invece a portare in alto me. Ispirato da questo, iniziai a praticare di nascosto e subito sentii una gioia incredibile legata alla fiducia che prima non c'era, percepivo la possibilità di poter cambiare la mia vita e da quel momento non ho mancato di coltivare la fede neanche un giorno.
Ne conseguirono grandi cambiamenti in famiglia, con gli amici e, soprattutto, all'università. La gioia che provavo diventò incontenibile, al punto di condividere con tutte le persone intorno a me questa meravigliosa pratica. Alcuni amici universitari iniziarono a loro volta a praticare e così io iniziai a riconoscere la mia missione. Spesso mi capita di pensare che non avrei potuto vivere una vita migliore.
Amore
«Un rapporto è sano quando due persone si incoraggiano a vicenda per raggiungere i rispettivi scopi e condividono le speranze e i sogni di entrambe. Una relazione dovrebbe essere fonte di ispirazione, vigore e speranza per vivere la propria vita al massimo». (Daisaku Ikeda)
Adriana, 19 anni
A metà dicembre mi sono ritrovata a dover affrontare la sofferenza della fine di una relazione importante. Questo "affrontare", per me, ha significato accettare di stare male, non nascondere ciò che provavo davvero e non fingere di stare diversamente. Ho recitato molto Daimoku, spesso piangendo, e mi sono dedicata ai miei amici, condividendo quello che stavo passando senza sminuirlo né ingigantirlo, semplicemente così come lo sentivo.
Ho la tendenza a sentirmi sola e a tenermi dentro i sentimenti: sfidandomi di essere sincera con gli altri e con me stessa ho potuto incoraggiare moltissimi miei amici, praticanti e non, stringendo ancora di più i legami di amicizia.
Ho sentito di non essere sola, di avere sempre un maestro che crede in me profondamente e totalmente.
Ho sperimentato che non sempre un sorriso fatto mentre si soffre è una finzione: può essere un'offerta che si fa all'altro, una "controtendenza" al nostro dolore. Grazie a questa situazione ho scoperto di avere una grande fiducia in me stessa. Non mi sono messa in dubbio, sminuita o incolpata; anzi, ho determinato di trasformare questa sofferenza in un'occasione per sviluppare la mia indipendenza e il mio coraggio. Sono riuscita a percepire e comprendere che questo star male non faceva perdere interesse o valore alla mia vita, che abbattermi e bloccarmi non aveva alcun senso.
La mattina di Capodanno, passate due settimane dalla rottura, ho sentito di amare la vita così com'è, con gioie e sofferenze, alle quali non dobbiamo dare il potere di trascinarci nell'euforia o nell'inferno. Sono certa di avere ancora tanto da migliorare e trasformare, ma il più grande risultato è credere profondamente, con leggerezza, di poter vincere.
«Testa alta, dunque! Se avrete vissuto con tutte le vostre forze sarete dei veri vincitori» (Daisaku Ikeda, I protagonisti del XXI secolo).
Emanuele, 33 anni
Quando ho conosciuto Michela lei stava affrontando una brutta malattia con una breve prospettiva di vita, che l'aveva trasformata fisicamente. Tutto questo mi spaventava, soprattutto perché sentivo farsi largo dentro di me un sentimento speciale nei suoi confronti. Ho deciso di non ignorare ciò che provavo ma piuttosto di fargli spazio nella mia vita: Michela sarebbe potuta essere la più bella storia d'amore della mia vita e io volevo viverla, anche se fosse durata pochi mesi, anche se dovevo lottare contro il giudizio che scaturiva dalla mia mente. Così ho sperimentato la libertà di concedermi una logica nuova, la mia!
Dopo pochi mesi Michela ha ricevuto il Gohonzon e in seguito ha superato completamente il suo problema di salute.
Ogni giorno devo trasformare il pensiero che mi dice che se c'è qualcosa che non va, se mi sento infelice o insoddisfatto, questo dipende da fattori esterni, dagli altri. Imparare a ricordarmi che "dipende da me" ha permesso a me e a Michela di goderci tanti momenti insieme e ha salvato non solo la nostra relazione ma anche la mia capacità di riconoscere da dove ha origine la mia felicità.
Nel 2016 ci siamo sposati. Da subito ho deciso che questo evento sarebbe servito a incoraggiare tante persone, ho recitato due ore di Daimoku per quasi cinque mesi e letto ogni giorno il Diario giovanile di Daisaku Ikeda.
Il risultato è stato un bellissimo matrimonio, durante il quale tutti gli invitati hanno conosciuto il Buddismo. Inoltre in quel periodo tre nostri amici hanno ricevuto il Gohonzon e iniziato questo cammino bellissimo.
A causa degli strascichi lasciati dalla malattia di mia moglie, credevamo che avere figli avrebbe comportato dover affrontare un lungo e faticoso percorso. Ma alla fine del 2016 abbiamo scoperto che diventeremo genitori. Questo per noi significa aver trasformato l'impossibile in possibile, risultato di tutti gli sforzi fatti per realizzare una società pacifica sulla base del Buddismo, come ci insegna ogni giorno il nostro maestro.
Adriana, 19 anni
A metà dicembre mi sono ritrovata a dover affrontare la sofferenza della fine di una relazione importante. Questo "affrontare", per me, ha significato accettare di stare male, non nascondere ciò che provavo davvero e non fingere di stare diversamente. Ho recitato molto Daimoku, spesso piangendo, e mi sono dedicata ai miei amici, condividendo quello che stavo passando senza sminuirlo né ingigantirlo, semplicemente così come lo sentivo.
Ho la tendenza a sentirmi sola e a tenermi dentro i sentimenti: sfidandomi di essere sincera con gli altri e con me stessa ho potuto incoraggiare moltissimi miei amici, praticanti e non, stringendo ancora di più i legami di amicizia.
Ho sentito di non essere sola, di avere sempre un maestro che crede in me profondamente e totalmente.
Ho sperimentato che non sempre un sorriso fatto mentre si soffre è una finzione: può essere un'offerta che si fa all'altro, una "controtendenza" al nostro dolore. Grazie a questa situazione ho scoperto di avere una grande fiducia in me stessa. Non mi sono messa in dubbio, sminuita o incolpata; anzi, ho determinato di trasformare questa sofferenza in un'occasione per sviluppare la mia indipendenza e il mio coraggio. Sono riuscita a percepire e comprendere che questo star male non faceva perdere interesse o valore alla mia vita, che abbattermi e bloccarmi non aveva alcun senso.
La mattina di Capodanno, passate due settimane dalla rottura, ho sentito di amare la vita così com'è, con gioie e sofferenze, alle quali non dobbiamo dare il potere di trascinarci nell'euforia o nell'inferno. Sono certa di avere ancora tanto da migliorare e trasformare, ma il più grande risultato è credere profondamente, con leggerezza, di poter vincere.
«Testa alta, dunque! Se avrete vissuto con tutte le vostre forze sarete dei veri vincitori» (Daisaku Ikeda, I protagonisti del XXI secolo).
Emanuele, 33 anni
Quando ho conosciuto Michela lei stava affrontando una brutta malattia con una breve prospettiva di vita, che l'aveva trasformata fisicamente. Tutto questo mi spaventava, soprattutto perché sentivo farsi largo dentro di me un sentimento speciale nei suoi confronti. Ho deciso di non ignorare ciò che provavo ma piuttosto di fargli spazio nella mia vita: Michela sarebbe potuta essere la più bella storia d'amore della mia vita e io volevo viverla, anche se fosse durata pochi mesi, anche se dovevo lottare contro il giudizio che scaturiva dalla mia mente. Così ho sperimentato la libertà di concedermi una logica nuova, la mia!
Dopo pochi mesi Michela ha ricevuto il Gohonzon e in seguito ha superato completamente il suo problema di salute.
Ogni giorno devo trasformare il pensiero che mi dice che se c'è qualcosa che non va, se mi sento infelice o insoddisfatto, questo dipende da fattori esterni, dagli altri. Imparare a ricordarmi che "dipende da me" ha permesso a me e a Michela di goderci tanti momenti insieme e ha salvato non solo la nostra relazione ma anche la mia capacità di riconoscere da dove ha origine la mia felicità.
Nel 2016 ci siamo sposati. Da subito ho deciso che questo evento sarebbe servito a incoraggiare tante persone, ho recitato due ore di Daimoku per quasi cinque mesi e letto ogni giorno il Diario giovanile di Daisaku Ikeda.
Il risultato è stato un bellissimo matrimonio, durante il quale tutti gli invitati hanno conosciuto il Buddismo. Inoltre in quel periodo tre nostri amici hanno ricevuto il Gohonzon e iniziato questo cammino bellissimo.
A causa degli strascichi lasciati dalla malattia di mia moglie, credevamo che avere figli avrebbe comportato dover affrontare un lungo e faticoso percorso. Ma alla fine del 2016 abbiamo scoperto che diventeremo genitori. Questo per noi significa aver trasformato l'impossibile in possibile, risultato di tutti gli sforzi fatti per realizzare una società pacifica sulla base del Buddismo, come ci insegna ogni giorno il nostro maestro.
Amicizia
«L'amicizia è il vostro tesoro più prezioso. Vi prego di diventare persone dal cuore grande come un fiume possente, come l'oceano, come il cielo azzurro. Da cuori così vasti nasceranno amicizie meravigliose». (Daisaku Ikeda)
Andrea, 31 anni
Sono nato in una famiglia di praticanti. Mio padre faceva uso di eroina; quando avevo quattro anni è stato portato via con l'ambulanza. Essendo una persona violenta negli anni seguenti è stato allontanato legalmente dalla famiglia.
Sin da piccolo avevo una salute cagionevole. Soffrivo di ansia, che spesso si trasformava in rabbia. La difficoltà di concentrarmi a scuola mi portava a essere tra gli ultimi della classe e spesso avevo bisogno di un sostegno: ero convinto di essere stupido.
Quando avevo 15 anni mio padre morì di cirrosi epatica per abuso di alcol e io cominciai a fare uso di droghe per nascondere il senso di colpa e di impotenza che avevo dentro. Fu un circolo vizioso per non toccare la realtà che era troppo pesante da affrontare.
A 19 anni mia sorella mi invitò ad una festa, che in realtà era una riunione buddista. Lì ho conosciuto un ragazzo di 30 anni che aveva una cura nei miei riguardi alla quale non ero abituato; la sua determinazione mi dava fiducia e cominciai a fare Daimoku con lui. Tutte le volte che uscivo da una recitazione ero rivitalizzato, nel giro di pochi mesi smisi di fare uso di droghe e diventai membro della Soka Gakkai. Il Daimoku e l'accettazione del fatto che soffrivo di depressione sono state la base da cui cominciare. Leggendo le guide di Ikeda ho iniziato a condividere la pratica con gli altri, e a distanza di un anno il mio amico Luca ha ricevuto il Gohonzon.
Il mio stato vitale di base stava cambiando, ho finito le superiori, ho cominciato a impegnarmi nelle attività che noi giovani facciamo al Centro culturale buddista per accogliere le persone e fare in modo che tutto si svolga al meglio e senza incidenti. Durante questa attività ho cominciato a provare gioia: più mi sforzavo di curare quel luogo e le relazioni, più emergeva fiducia in me stesso, che riportavo nella vita.
Nei primi sei anni ho praticato per vincere la depressione e comprendere la relazione con la morte. Posso dire che, condividendo con gli altri le mie lotte, ho potuto conoscermi a fondo e capire chi sono. Negli ultimi cinque anni ho scoperto l'importanza di mettermi obiettivi impossibili e vincere sulle mie paure, e mi sono reso conto di poter realizzare qualsiasi cosa. Ora sono socio di una cooperativa agricola e artigiano di biciclette in bamboo. La mia vita respira la voglia di vivere.
Quando pratico per mio padre sento che lui ora è felice e il nostro legame è eternamente forte, dialogo con lui ogni giorno e condivido le mie lotte. Passo dopo passo, ho trasformato l'ansia di morire e la paura di vivere, procedendo fianco a fianco con mio papà e il mio maestro.
Luca, 31 anni
Quando Andrea mi parlò del Buddismo vedeva in me un potenziale nascosto molto bene. Avevo vent'anni e da sette utilizzavo sostanze stupefacenti. Il loro utilizzo era stato un crescendo rapido, da una piccola trasgressione a una grave dipendenza il passo fu breve.
Dopo aver parlato con Andrea iniziai subito a recitare Daimoku: fu una sensazione bellissima, provai una gioia pura e appagante. Continuai ligio nei giorni a venire. Dopo due settimane ebbi un grave problema di salute legato all'uso delle droghe; la famiglia di Andrea mi aveva aperto le porte di casa, recitavo tutti i giorni con loro. Smisi subito con qualsiasi tipo di assunzione. Iniziarono le crisi di astinenza che debellai con una forte preghiera. Una lotta inconsapevole, poiché ignoravo che la causa fosse l'astinenza. Fu una battaglia fatta di crisi depressive, debolezza improvvisa e attacchi di panico. La famiglia di Andrea, la famiglia Soka, non mi ha mai lasciato. Dopo altre tre settimane ricevetti il Gohonzon, era il 30 aprile del 2006: ero felice e a mio agio, mia madre e mio fratello erano lì con me. Da allora mamma dice sempre "Santo Budda" e mio fratello il 3 dicembre scorso ha ricevuto il Gohonzon.
Devo tutto al mio maestro Ikeda, ai compagni di fede e ad Andrea che quel giorno, con coraggio, mi ha salvato. Grazie a loro ho imparato a vincere a ogni costo, grazie a loro non sono stato sconfitto dai problemi economici, dal tumore di tre anni fa e da quell'oscurità che tutti i giorni vuol vedermi fermo a ristagnare nelle mie tendenze. Oggi ho una splendida famiglia, Sara e Mattia Hiroki, con i quali mi impegnerò ogni giorno accanto al maestro, senza mai arrendermi.
Andrea, 31 anni
Sono nato in una famiglia di praticanti. Mio padre faceva uso di eroina; quando avevo quattro anni è stato portato via con l'ambulanza. Essendo una persona violenta negli anni seguenti è stato allontanato legalmente dalla famiglia.
Sin da piccolo avevo una salute cagionevole. Soffrivo di ansia, che spesso si trasformava in rabbia. La difficoltà di concentrarmi a scuola mi portava a essere tra gli ultimi della classe e spesso avevo bisogno di un sostegno: ero convinto di essere stupido.
Quando avevo 15 anni mio padre morì di cirrosi epatica per abuso di alcol e io cominciai a fare uso di droghe per nascondere il senso di colpa e di impotenza che avevo dentro. Fu un circolo vizioso per non toccare la realtà che era troppo pesante da affrontare.
A 19 anni mia sorella mi invitò ad una festa, che in realtà era una riunione buddista. Lì ho conosciuto un ragazzo di 30 anni che aveva una cura nei miei riguardi alla quale non ero abituato; la sua determinazione mi dava fiducia e cominciai a fare Daimoku con lui. Tutte le volte che uscivo da una recitazione ero rivitalizzato, nel giro di pochi mesi smisi di fare uso di droghe e diventai membro della Soka Gakkai. Il Daimoku e l'accettazione del fatto che soffrivo di depressione sono state la base da cui cominciare. Leggendo le guide di Ikeda ho iniziato a condividere la pratica con gli altri, e a distanza di un anno il mio amico Luca ha ricevuto il Gohonzon.
Il mio stato vitale di base stava cambiando, ho finito le superiori, ho cominciato a impegnarmi nelle attività che noi giovani facciamo al Centro culturale buddista per accogliere le persone e fare in modo che tutto si svolga al meglio e senza incidenti. Durante questa attività ho cominciato a provare gioia: più mi sforzavo di curare quel luogo e le relazioni, più emergeva fiducia in me stesso, che riportavo nella vita.
Nei primi sei anni ho praticato per vincere la depressione e comprendere la relazione con la morte. Posso dire che, condividendo con gli altri le mie lotte, ho potuto conoscermi a fondo e capire chi sono. Negli ultimi cinque anni ho scoperto l'importanza di mettermi obiettivi impossibili e vincere sulle mie paure, e mi sono reso conto di poter realizzare qualsiasi cosa. Ora sono socio di una cooperativa agricola e artigiano di biciclette in bamboo. La mia vita respira la voglia di vivere.
Quando pratico per mio padre sento che lui ora è felice e il nostro legame è eternamente forte, dialogo con lui ogni giorno e condivido le mie lotte. Passo dopo passo, ho trasformato l'ansia di morire e la paura di vivere, procedendo fianco a fianco con mio papà e il mio maestro.
Luca, 31 anni
Quando Andrea mi parlò del Buddismo vedeva in me un potenziale nascosto molto bene. Avevo vent'anni e da sette utilizzavo sostanze stupefacenti. Il loro utilizzo era stato un crescendo rapido, da una piccola trasgressione a una grave dipendenza il passo fu breve.
Dopo aver parlato con Andrea iniziai subito a recitare Daimoku: fu una sensazione bellissima, provai una gioia pura e appagante. Continuai ligio nei giorni a venire. Dopo due settimane ebbi un grave problema di salute legato all'uso delle droghe; la famiglia di Andrea mi aveva aperto le porte di casa, recitavo tutti i giorni con loro. Smisi subito con qualsiasi tipo di assunzione. Iniziarono le crisi di astinenza che debellai con una forte preghiera. Una lotta inconsapevole, poiché ignoravo che la causa fosse l'astinenza. Fu una battaglia fatta di crisi depressive, debolezza improvvisa e attacchi di panico. La famiglia di Andrea, la famiglia Soka, non mi ha mai lasciato. Dopo altre tre settimane ricevetti il Gohonzon, era il 30 aprile del 2006: ero felice e a mio agio, mia madre e mio fratello erano lì con me. Da allora mamma dice sempre "Santo Budda" e mio fratello il 3 dicembre scorso ha ricevuto il Gohonzon.
Devo tutto al mio maestro Ikeda, ai compagni di fede e ad Andrea che quel giorno, con coraggio, mi ha salvato. Grazie a loro ho imparato a vincere a ogni costo, grazie a loro non sono stato sconfitto dai problemi economici, dal tumore di tre anni fa e da quell'oscurità che tutti i giorni vuol vedermi fermo a ristagnare nelle mie tendenze. Oggi ho una splendida famiglia, Sara e Mattia Hiroki, con i quali mi impegnerò ogni giorno accanto al maestro, senza mai arrendermi.
Passaggi da Roberto ad Angela
«La Soka Gakkai è stata costruita da persone comuni che, impegnandosi nel dialogo con una persona dopo l'altra, l'hanno resa uno straordinario movimento globale per la pace, la cultura e l'educazione». (Daisaku Ikeda)
Roberto M.
All'epoca - 1979 - militavo in Lotta Continua, tipico giovane anni '70 formato con una cultura marxista, hippie, psichedelica, mitteleuropea. Lavoravo ed ero già sposato da tre anni. All'improvviso, intorno a me cominciarono a materializzarsi presenze particolari: studiavo musica con un insegnante il quale alla prima lezione mi disse che l'unica cosa che conta nella vita è Nam-myoho-renge-kyo e che tutti i filosofi che avevo studiato non avevano capito nulla. Interruppi le lezioni. Poi un mio amico un giorno mi chiese se volevo sentire nella mia vita sgorgare acqua pura di sorgente: lo sollecitai a cambiare spacciatore. Cambiai insegnante di musica, ma anche questa era buddista. Alla sua prima richiesta di praticare cedetti e iniziai senza più smettere fino a oggi. Anche mia moglie Marta, autonomamente, iniziò a frequentare gli zadankai.
Abbracciai Ikeda come maestro: di suoi scritti in italiano ne arrivavano pochi, ma quelli che leggevo diventavano subito comportamento attivo. Stavo cambiando come non mi era mai successo prima. Diffondere la pratica buddista era il mio imperativo categorico: uscivo di casa la mattina pensando che avevo di fronte a me uno sterminato numero di umani potenzialmente Budda. Tra questi un giovane che avevo conosciuto quando frequentavo gli scout, molto più piccolo di me: intelligentissimo e, all'epoca, perdutamente innamorato di una ragazza di cui ripeteva il nome come un mantra... Quel ragazzino si chiama Roberto. Iniziò a praticare e presto la sua casa divenne una specie di centro buddista di zona.
Da quei giorni a oggi è cambiato tutto, dentro e fuori di me. Ho salvato la vita a mia madre, malata mentale, grazie alla straordinaria capacità di empatia che si acquisisce con "la pratica per gli altri". Con mia moglie abbiamo costruito una relazione meravigliosa, tante malattie mi hanno sfiorato senza provocare danni.
Ora la mia posta in gioco è ottenere l'Illuminazione per me e per tutte le persone che mi accompagnano in questa vita. Seguire Ikeda come maestro lo rende possibile e ogni giorno lo leggo e metto in pratica anche le virgole... Non c'è via migliore per diventare felici!
Roberto T.
Verso la fine degli anni '70, venendo da un forte impegno in politica, ero giunto alla conclusione che il problema non erano le ideologie ma le persone che le portavano avanti e detenevano il potere. In quel periodo mi ricordai di aver incontrato alcuni mesi prima tale Roberto. Roberto era un tipo alternativo, oltre che un amico di famiglia e fratello di un mio caro amico, nei cui confronti avevo sempre avuto una certa stima. Era stato lui un giorno a dirmi in tono serio: «Ti devo parlare di una cosa importantissima». In quella circostanza lo vidi totalmente cambiato e per questo a distanza di qualche mese ero andato a cercarlo per scoprire questa cosa così importante, che avrebbe completamente cambiato il corso della mia vita.
Non avevo ben capito di che religione si trattasse, ma si parlava di rivoluzione umana e questo concetto faceva quadrare di colpo le mie idee. Andavo ancora al liceo e cominciai a parlare a tutti dicendo di aver conosciuto una cosa incredibile.
Partecipavo a tutte le riunioni e andavo presto tutte le mattine a casa di Roberto e della moglie Marta a fare Gongyo, così i benefici non si fecero attendere.
Tra le persone a cui parlai della pratica c'era anche mio cugino Gianfranco, il quale mi presentò il suo amico Alfredo, e anche a lui parlai della pratica. Alfredo, detto Alfredino, era di poco più giovane di me, molto simpatico, un piccolo giamburrasca, e iniziò subito a praticare diventando ben presto un campione nella recitazione del Daimoku.
Dopo un paio di anni incontrai il presidente Ikeda in Giappone e da quel momento decisi che avrei utilizzato la mia vita per migliorare questo mondo. Da allora ho realizzato una vita piena di significato. Ho affrontato difficoltà di tutti i tipi senza mai esserne troppo scoraggiato, ho una bella famiglia con tre figli. Ma la cosa di cui vado più fiero e che mi rende felice è di aver preso parte, e oggi più di prima, alla realizzazione del sogno di kosen-rufu in Italia.
Alfredo
Ho iniziato a praticare nel 1984, a 19 anni. I primi tempi sono stati molto belli e intensi, caratterizzati da un grande impegno da parte mia nell'attività buddista. A un certo punto sono iniziate le difficoltà, grandi difficoltà! Ho attraversato alcuni anni molto bui: ero giovane, 24-25 anni, sposato da poco, un figlio piccolo, con una situazione lavorativa assai precaria. Per di più mi ero trasferito da Roma a Modica, in Sicilia.
Dopo qualche anno tornai a Roma con un matrimonio fallito, un figlio lontano, senza lavoro, a casa di mamma.
Sostenni un colloquio presso una ditta di pulizie ma non fui mai richiamato. Fu a quel punto che presi la decisione di recitare Daimoku finché davanti al Gohonzon non avessi capito perché nella mia vita non si manifestava il grande potere del Buddismo. Ho veramente praticato tantissimo, fino a quando mi sono sentito pienamente soddisfatto, consapevole che la mia vita era cambiata e che ormai era solo questione di tempo per vedere manifestarsi grandi benefici.
È stato un periodo fantastico e, dopo due anni, sono stato assunto da una ditta di disinfestazioni. Dopo altri due anni ne sono diventato il proprietario. Questa società faceva parte dello stesso gruppo della ditta di pulizie dove avevo sostenuto quel colloquio anni prima: l'ufficio, il proprietario, la segretaria: era tutto uguale. Che grande vittoria!
Riguardo a mio figlio, ho recitato tantissimo Daimoku per la sua felicità, con la determinazione che la mia fede e la mia pratica sarebbero state la colonna portante per la sua crescita. Sofferenza e difficoltà non sono mancate, tuttavia è andato sempre tutto bene: oggi Mirko è un giovane di valore, impegnato su tanti fronti, in primo luogo nelle attività della Soka Gakkai. Questo è senza dubbio uno dei risultati più grandi della mia vita.
La mia determinazione è praticare per tutta la vita insieme al maestro e ai compagni di fede, continuando a dare il mio contributo per kosen-rufu.
Mirko
Ogni volta che si è trattato di prendere una decisione inerente al mio futuro ho sempre avuto difficoltà a fare la scelta che più mi rendesse felice. Diverse le situazioni e i contesti, ma puntualmente mi ritrovavo a cercare una risposta o una conferma all'esterno. In fondo, costruire la mia felicità mi è sempre sembrata un'impresa impossibile. O, comunque, profondamente, non mi sono mai sentito all'altezza.
Ho conosciuto il Buddismo grazie a mamma e papà, essendo loro membri della Soka Gakkai da prima che nascessi, e li ringrazio tantissimo per questo. In particolare, la mia fortuna in assoluto più grande è quella di aver incontrato Daisaku Ikeda. Sento di poter vivere accanto a quello che reputo uno dei "grandi" della storia dell'umanità e provo una grande gratitudine perché ciò sta dando un senso profondo alla vita mia e di ogni persona che incontro.
Una cosa che ho imparato vivendo come discepolo di Ikeda è che la felicità deriva dallo sconfiggere le proprie debolezze, e che l'amicizia è una lotta condivisa per essere felici. Credo che la vita sia una continua scalata per la conquista di se stessi e che ogni passo è una grande conquista. Io, a 27 anni, non sono che all'inizio di questa scalata.
Ho conseguito due lauree, una in Scienze Politiche e una in Giurisprudenza, entrando nel mondo del lavoro prima di finire la seconda. Non sono stati anni facili. Rimane indimenticabile il primo giorno di università in Giurisprudenza: io spaesato, appena trasferito dalla Sicilia. Ma ho incontrato Angela, mia amica dai tempi delle scuole medie, che subito mi ha chiesto: «Ma tu vai ancora a quelle riunioni sul Buddismo?», e da lì è partita una nuova storia. L'aver condiviso il Buddismo con tanti miei amici e aver visto come si sono trasformate le loro vite illumina ogni ricordo, specialmente i più difficili, di un profondo e meraviglioso significato.
La strada dei miei sogni, da sempre, è quella che conduce all'insegnamento, ma ogni volta scartavo questa possibilità. Evitavo di prendere la strada che più mi rendeva felice temendo di andare incontro a un futuro infelice.
Con gli oltre sessanta esami sostenuti all'università posso iniziare molte carriere differenti, ma non quella che desidero. Perciò ho deciso di riprendere gli studi per poter insegnare. Nel mio cuore arde una fiamma potente, questa è la mia vita e già in questo momento sento di essere un insegnante che ama i suoi studenti, lotta per la loro felicità e può sostenerli nelle scelte che loro stessi prenderanno, con lo spirito che sto imparando dal mio maestro Ikeda.
Angela
Quando Mirko mi ha parlato del Buddismo, nel 2012, ero scettica; tuttavia incoraggiata dalle sue esperienze, ho deciso di sperimentare.
Prima di quel momento ero molto insicura e cercavo sempre di essere perfetta per piacere agli altri. Profondamente sentivo dentro un vuoto cosmico e facevo tanta fatica a creare qualcosa che mi facesse sentire davvero felice e appagata. Questa condizione interiore si rifletteva in tutti gli aspetti della mia vita: all'università il voto era più importante di tutto e mi ritrovavo con tanti esami arretrati perché non mi sentivo mai pronta; con la mia famiglia avevo un rapporto conflittuale e tendevo a colmare i miei vuoti con atteggiamenti distruttivi: fumo, alcol, relazioni sentimentali dipendenti.
Recitando Daimoku ho cominciato a sentirmi sempre più forte e capace di provare una felicità più profonda, un senso di appagamento che andava al di là delle apparenze esteriori, del voto all'università, di come mi vedevano gli altri. Nel tempo, ho imparato a canalizzare le mie energie in una direzione costruttiva, ad accogliermi e a piacermi così com'ero. Ho riscoperto il piacere di studiare riuscendo a concludere l'università in tempo e creando splendidi legami di amicizia. Ho ricostruito i rapporti con la mia famiglia e sono riuscita a vivere una relazione sentimentale di valore. Adesso sento nel cuore una profonda fiducia nella mia vita e in quella degli altri e riesco a gioire nell'essere, semplicemente, Angela.
Roberto M.
All'epoca - 1979 - militavo in Lotta Continua, tipico giovane anni '70 formato con una cultura marxista, hippie, psichedelica, mitteleuropea. Lavoravo ed ero già sposato da tre anni. All'improvviso, intorno a me cominciarono a materializzarsi presenze particolari: studiavo musica con un insegnante il quale alla prima lezione mi disse che l'unica cosa che conta nella vita è Nam-myoho-renge-kyo e che tutti i filosofi che avevo studiato non avevano capito nulla. Interruppi le lezioni. Poi un mio amico un giorno mi chiese se volevo sentire nella mia vita sgorgare acqua pura di sorgente: lo sollecitai a cambiare spacciatore. Cambiai insegnante di musica, ma anche questa era buddista. Alla sua prima richiesta di praticare cedetti e iniziai senza più smettere fino a oggi. Anche mia moglie Marta, autonomamente, iniziò a frequentare gli zadankai.
Abbracciai Ikeda come maestro: di suoi scritti in italiano ne arrivavano pochi, ma quelli che leggevo diventavano subito comportamento attivo. Stavo cambiando come non mi era mai successo prima. Diffondere la pratica buddista era il mio imperativo categorico: uscivo di casa la mattina pensando che avevo di fronte a me uno sterminato numero di umani potenzialmente Budda. Tra questi un giovane che avevo conosciuto quando frequentavo gli scout, molto più piccolo di me: intelligentissimo e, all'epoca, perdutamente innamorato di una ragazza di cui ripeteva il nome come un mantra... Quel ragazzino si chiama Roberto. Iniziò a praticare e presto la sua casa divenne una specie di centro buddista di zona.
Da quei giorni a oggi è cambiato tutto, dentro e fuori di me. Ho salvato la vita a mia madre, malata mentale, grazie alla straordinaria capacità di empatia che si acquisisce con "la pratica per gli altri". Con mia moglie abbiamo costruito una relazione meravigliosa, tante malattie mi hanno sfiorato senza provocare danni.
Ora la mia posta in gioco è ottenere l'Illuminazione per me e per tutte le persone che mi accompagnano in questa vita. Seguire Ikeda come maestro lo rende possibile e ogni giorno lo leggo e metto in pratica anche le virgole... Non c'è via migliore per diventare felici!
Roberto T.
Verso la fine degli anni '70, venendo da un forte impegno in politica, ero giunto alla conclusione che il problema non erano le ideologie ma le persone che le portavano avanti e detenevano il potere. In quel periodo mi ricordai di aver incontrato alcuni mesi prima tale Roberto. Roberto era un tipo alternativo, oltre che un amico di famiglia e fratello di un mio caro amico, nei cui confronti avevo sempre avuto una certa stima. Era stato lui un giorno a dirmi in tono serio: «Ti devo parlare di una cosa importantissima». In quella circostanza lo vidi totalmente cambiato e per questo a distanza di qualche mese ero andato a cercarlo per scoprire questa cosa così importante, che avrebbe completamente cambiato il corso della mia vita.
Non avevo ben capito di che religione si trattasse, ma si parlava di rivoluzione umana e questo concetto faceva quadrare di colpo le mie idee. Andavo ancora al liceo e cominciai a parlare a tutti dicendo di aver conosciuto una cosa incredibile.
Partecipavo a tutte le riunioni e andavo presto tutte le mattine a casa di Roberto e della moglie Marta a fare Gongyo, così i benefici non si fecero attendere.
Tra le persone a cui parlai della pratica c'era anche mio cugino Gianfranco, il quale mi presentò il suo amico Alfredo, e anche a lui parlai della pratica. Alfredo, detto Alfredino, era di poco più giovane di me, molto simpatico, un piccolo giamburrasca, e iniziò subito a praticare diventando ben presto un campione nella recitazione del Daimoku.
Dopo un paio di anni incontrai il presidente Ikeda in Giappone e da quel momento decisi che avrei utilizzato la mia vita per migliorare questo mondo. Da allora ho realizzato una vita piena di significato. Ho affrontato difficoltà di tutti i tipi senza mai esserne troppo scoraggiato, ho una bella famiglia con tre figli. Ma la cosa di cui vado più fiero e che mi rende felice è di aver preso parte, e oggi più di prima, alla realizzazione del sogno di kosen-rufu in Italia.
Alfredo
Ho iniziato a praticare nel 1984, a 19 anni. I primi tempi sono stati molto belli e intensi, caratterizzati da un grande impegno da parte mia nell'attività buddista. A un certo punto sono iniziate le difficoltà, grandi difficoltà! Ho attraversato alcuni anni molto bui: ero giovane, 24-25 anni, sposato da poco, un figlio piccolo, con una situazione lavorativa assai precaria. Per di più mi ero trasferito da Roma a Modica, in Sicilia.
Dopo qualche anno tornai a Roma con un matrimonio fallito, un figlio lontano, senza lavoro, a casa di mamma.
Sostenni un colloquio presso una ditta di pulizie ma non fui mai richiamato. Fu a quel punto che presi la decisione di recitare Daimoku finché davanti al Gohonzon non avessi capito perché nella mia vita non si manifestava il grande potere del Buddismo. Ho veramente praticato tantissimo, fino a quando mi sono sentito pienamente soddisfatto, consapevole che la mia vita era cambiata e che ormai era solo questione di tempo per vedere manifestarsi grandi benefici.
È stato un periodo fantastico e, dopo due anni, sono stato assunto da una ditta di disinfestazioni. Dopo altri due anni ne sono diventato il proprietario. Questa società faceva parte dello stesso gruppo della ditta di pulizie dove avevo sostenuto quel colloquio anni prima: l'ufficio, il proprietario, la segretaria: era tutto uguale. Che grande vittoria!
Riguardo a mio figlio, ho recitato tantissimo Daimoku per la sua felicità, con la determinazione che la mia fede e la mia pratica sarebbero state la colonna portante per la sua crescita. Sofferenza e difficoltà non sono mancate, tuttavia è andato sempre tutto bene: oggi Mirko è un giovane di valore, impegnato su tanti fronti, in primo luogo nelle attività della Soka Gakkai. Questo è senza dubbio uno dei risultati più grandi della mia vita.
La mia determinazione è praticare per tutta la vita insieme al maestro e ai compagni di fede, continuando a dare il mio contributo per kosen-rufu.
Mirko
Ogni volta che si è trattato di prendere una decisione inerente al mio futuro ho sempre avuto difficoltà a fare la scelta che più mi rendesse felice. Diverse le situazioni e i contesti, ma puntualmente mi ritrovavo a cercare una risposta o una conferma all'esterno. In fondo, costruire la mia felicità mi è sempre sembrata un'impresa impossibile. O, comunque, profondamente, non mi sono mai sentito all'altezza.
Ho conosciuto il Buddismo grazie a mamma e papà, essendo loro membri della Soka Gakkai da prima che nascessi, e li ringrazio tantissimo per questo. In particolare, la mia fortuna in assoluto più grande è quella di aver incontrato Daisaku Ikeda. Sento di poter vivere accanto a quello che reputo uno dei "grandi" della storia dell'umanità e provo una grande gratitudine perché ciò sta dando un senso profondo alla vita mia e di ogni persona che incontro.
Una cosa che ho imparato vivendo come discepolo di Ikeda è che la felicità deriva dallo sconfiggere le proprie debolezze, e che l'amicizia è una lotta condivisa per essere felici. Credo che la vita sia una continua scalata per la conquista di se stessi e che ogni passo è una grande conquista. Io, a 27 anni, non sono che all'inizio di questa scalata.
Ho conseguito due lauree, una in Scienze Politiche e una in Giurisprudenza, entrando nel mondo del lavoro prima di finire la seconda. Non sono stati anni facili. Rimane indimenticabile il primo giorno di università in Giurisprudenza: io spaesato, appena trasferito dalla Sicilia. Ma ho incontrato Angela, mia amica dai tempi delle scuole medie, che subito mi ha chiesto: «Ma tu vai ancora a quelle riunioni sul Buddismo?», e da lì è partita una nuova storia. L'aver condiviso il Buddismo con tanti miei amici e aver visto come si sono trasformate le loro vite illumina ogni ricordo, specialmente i più difficili, di un profondo e meraviglioso significato.
La strada dei miei sogni, da sempre, è quella che conduce all'insegnamento, ma ogni volta scartavo questa possibilità. Evitavo di prendere la strada che più mi rendeva felice temendo di andare incontro a un futuro infelice.
Con gli oltre sessanta esami sostenuti all'università posso iniziare molte carriere differenti, ma non quella che desidero. Perciò ho deciso di riprendere gli studi per poter insegnare. Nel mio cuore arde una fiamma potente, questa è la mia vita e già in questo momento sento di essere un insegnante che ama i suoi studenti, lotta per la loro felicità e può sostenerli nelle scelte che loro stessi prenderanno, con lo spirito che sto imparando dal mio maestro Ikeda.
Angela
Quando Mirko mi ha parlato del Buddismo, nel 2012, ero scettica; tuttavia incoraggiata dalle sue esperienze, ho deciso di sperimentare.
Prima di quel momento ero molto insicura e cercavo sempre di essere perfetta per piacere agli altri. Profondamente sentivo dentro un vuoto cosmico e facevo tanta fatica a creare qualcosa che mi facesse sentire davvero felice e appagata. Questa condizione interiore si rifletteva in tutti gli aspetti della mia vita: all'università il voto era più importante di tutto e mi ritrovavo con tanti esami arretrati perché non mi sentivo mai pronta; con la mia famiglia avevo un rapporto conflittuale e tendevo a colmare i miei vuoti con atteggiamenti distruttivi: fumo, alcol, relazioni sentimentali dipendenti.
Recitando Daimoku ho cominciato a sentirmi sempre più forte e capace di provare una felicità più profonda, un senso di appagamento che andava al di là delle apparenze esteriori, del voto all'università, di come mi vedevano gli altri. Nel tempo, ho imparato a canalizzare le mie energie in una direzione costruttiva, ad accogliermi e a piacermi così com'ero. Ho riscoperto il piacere di studiare riuscendo a concludere l'università in tempo e creando splendidi legami di amicizia. Ho ricostruito i rapporti con la mia famiglia e sono riuscita a vivere una relazione sentimentale di valore. Adesso sento nel cuore una profonda fiducia nella mia vita e in quella degli altri e riesco a gioire nell'essere, semplicemente, Angela.
Famiglia
«Amore e gratitudine per i propri genitori sono la base della vera umanità. Le persone grandi amano i loro genitori e se ne prendono cura». (Daisaku Ikeda)
Alessandro, 25 anni
«Chi c'ha mamma nun trema» dice sempre mia madre, e se devo raccontare dell'esperienza della mia famiglia legata al Buddismo non posso fare a meno di parlare di lei, la wonder woman della fede.
Molti dei miei ricordi d'infanzia sono segnati da scene di violenza familiare, i miei genitori litigavano spesso arrivando a picchiarsi il più delle volte, e io e mia sorella ci dovevamo nascondere. Fu in quegli anni che mia madre iniziò a partecipare agli incontri di discussione e a praticare il Buddismo; neanche a dirlo tutti credettero fosse impazzita. In particolar modo quando andava alle riunioni e ci lasciava a casa da soli, io e mia sorella cominciavamo a litigare come pazzi furiosi, la riempivamo di telefonate minacciando anche di chiamare la polizia. Così mia madre prese a portarmi con lei.
Ricordo che molte persone la criticavano, dicendo che trascurava la famiglia o cose del genere, ma lei mi spiegava sempre cosa stava facendo e perché lo faceva. L'accompagnavo quando andava alle riunioni o quando andava a trovare delle donne per sostenerle, quando non riusciva a recitare Daimoku mi chiedeva se mi andava di farlo con lei e qualche volta lo facevo.
Tutti hanno tentato di farla smettere di praticare, all'inizio mio padre, poi mia sorella, anche io per un periodo non potevo sopportarla. Non perdevamo occasione per prenderla in giro, l'abbiamo insultata e se ci era possibile la ostacolavamo volentieri, ma lei non ha mai ceduto. C'erano volte che volevamo litigare con lei, ma quando i toni si scaldavano e le discussioni cominciavano a diventare violente lei si alzava, andava davanti al Gohonzon e si metteva a recitare, dopodiché potevamo anche strapparci i capelli, lei non ci rispondeva. A ripensarci era qualcosa di veramente odioso.
A oggi pratichiamo sia io sia mia sorella e anche i nostri rispettivi fidanzati, tutti abbiamo cercato di accompagnare nostro padre agli incontri di discussione ma l'unica persona con cui lui vuole andare è mia madre e anche se non pratica parla a tutti del Buddismo e poi li manda da noi.
Mia madre attraverso la sua pratica ci ha cresciuti con calore edificando una famiglia che è un vero e proprio avamposto di pace. All'epoca nessuno lo comprendeva, ma a oggi se la nostra famiglia è quello che è sappiamo che lo dobbiamo a lei e a tutti gli sforzi che ha fatto andando avanti senza cedere agli spietati colpi che noi e altre persone le hanno inflitto lungo la strada. Infine ci ha mostrato come, volgendo lo sguardo oltre la cerchia della realizzazione personale, nasce immancabilmente la sorgente da cui scaturisce una profonda e assoluta felicità.
Alessandro, 25 anni
«Chi c'ha mamma nun trema» dice sempre mia madre, e se devo raccontare dell'esperienza della mia famiglia legata al Buddismo non posso fare a meno di parlare di lei, la wonder woman della fede.
Molti dei miei ricordi d'infanzia sono segnati da scene di violenza familiare, i miei genitori litigavano spesso arrivando a picchiarsi il più delle volte, e io e mia sorella ci dovevamo nascondere. Fu in quegli anni che mia madre iniziò a partecipare agli incontri di discussione e a praticare il Buddismo; neanche a dirlo tutti credettero fosse impazzita. In particolar modo quando andava alle riunioni e ci lasciava a casa da soli, io e mia sorella cominciavamo a litigare come pazzi furiosi, la riempivamo di telefonate minacciando anche di chiamare la polizia. Così mia madre prese a portarmi con lei.
Ricordo che molte persone la criticavano, dicendo che trascurava la famiglia o cose del genere, ma lei mi spiegava sempre cosa stava facendo e perché lo faceva. L'accompagnavo quando andava alle riunioni o quando andava a trovare delle donne per sostenerle, quando non riusciva a recitare Daimoku mi chiedeva se mi andava di farlo con lei e qualche volta lo facevo.
Tutti hanno tentato di farla smettere di praticare, all'inizio mio padre, poi mia sorella, anche io per un periodo non potevo sopportarla. Non perdevamo occasione per prenderla in giro, l'abbiamo insultata e se ci era possibile la ostacolavamo volentieri, ma lei non ha mai ceduto. C'erano volte che volevamo litigare con lei, ma quando i toni si scaldavano e le discussioni cominciavano a diventare violente lei si alzava, andava davanti al Gohonzon e si metteva a recitare, dopodiché potevamo anche strapparci i capelli, lei non ci rispondeva. A ripensarci era qualcosa di veramente odioso.
A oggi pratichiamo sia io sia mia sorella e anche i nostri rispettivi fidanzati, tutti abbiamo cercato di accompagnare nostro padre agli incontri di discussione ma l'unica persona con cui lui vuole andare è mia madre e anche se non pratica parla a tutti del Buddismo e poi li manda da noi.
Mia madre attraverso la sua pratica ci ha cresciuti con calore edificando una famiglia che è un vero e proprio avamposto di pace. All'epoca nessuno lo comprendeva, ma a oggi se la nostra famiglia è quello che è sappiamo che lo dobbiamo a lei e a tutti gli sforzi che ha fatto andando avanti senza cedere agli spietati colpi che noi e altre persone le hanno inflitto lungo la strada. Infine ci ha mostrato come, volgendo lo sguardo oltre la cerchia della realizzazione personale, nasce immancabilmente la sorgente da cui scaturisce una profonda e assoluta felicità.
Perdita
«Il Buddismo considera l'universo come un'unica gigantesca entità vivente, un immenso oceano in cui ogni vita è come un'onda. L'onda che si forma è la vita, l'onda che ritorna all'oceano è la morte. Sia nella vita sia nella morteogni individuo è una sola cosa con l'universo, che sostiene e assiste ogni singola vita». (Daisaku Ikeda)
Martina, 35 anni
Sono stata una bambina sempre molto sensibile e riflessiva, che pensava spesso a grandi temi come la vita e la morte. Ho vissuto l'adolescenza in maniera serena e spensierata, fino al giorno in cui ho perso mio padre, a 17 anni, momento in cui mi si è presentata l'angoscia della perdita di una persona cara. È stato uno dei periodi più bui della mia vita, perché di lì a un anno e mezzo è mancato anche uno dei miei amici più cari in un incidente stradale.
Ciò che mi ha permesso di cambiare radicalmente la concezione della morte è stato l'incontro con il Buddismo, a vent'anni, che mi ha dato l'opportunità di affrontare l'improvvisa malattia di mia mamma in un modo completamente diverso rispetto alle precedenti esperienze. Ora avevo il Gohonzon e avevo deciso di vincere assolutamente. Nonostante le mie apparenti debolezze e fragilità, sono stata in grado di tirare fuori dalla mia vita una forza, un coraggio e uno stato vitale che erano visibili a tutti. Mia mamma stessa, che non ha mai accettato che io praticassi, poco prima di morire mi disse queste parole: «Martina, sei mia figlia e ti conosco da 25 anni. Non avrei mai pensato che saresti stata in grado di affrontare tutto questo. Sono convinta che sia solo grazie al Buddismo». E in effetti è stato proprio così: recitando un forte Daimoku ogni giorno, studiando e rinnovando giorno dopo giorno il voto fatto al mio maestro, ho potuto sperimentare per la prima volta uno stato vitale libero dalla paura.
Certamente ho sofferto per la perdita di mia mamma, è naturale e umano, ma questa volta sono riuscita a sperimentare una gioia profonda dentro la sofferenza e ho deciso che avrei utilizzato questa esperienza per diventare una persona migliore. A distanza di anni sento sempre più gratitudine nei confronti dei miei genitori che mi hanno dato la vita e che, con la loro morte, mi hanno permesso di diventare la persona che sono oggi. Nonostante io abbia affrontato tutte queste vicende difficili, grazie alla pratica ho realizzato al tempo stesso grandissimi sogni e obiettivi impossibili nella vita, tra cui il conseguimento di una laurea e un lavoro gratificante a tempo indeterminato.
Il presidente Ikeda afferma: «Se si pratica con fede nella Legge mistica si arriva naturalmente a comprendere che la propria vita è eterna e allo stesso tempo, che se ne sia coscienti oppure no, si sviluppano naturalmente tutti i tesori della vita eterna» (Daisaku Ikeda, I misteri di nascita e morte).
Martina, 35 anni
Sono stata una bambina sempre molto sensibile e riflessiva, che pensava spesso a grandi temi come la vita e la morte. Ho vissuto l'adolescenza in maniera serena e spensierata, fino al giorno in cui ho perso mio padre, a 17 anni, momento in cui mi si è presentata l'angoscia della perdita di una persona cara. È stato uno dei periodi più bui della mia vita, perché di lì a un anno e mezzo è mancato anche uno dei miei amici più cari in un incidente stradale.
Ciò che mi ha permesso di cambiare radicalmente la concezione della morte è stato l'incontro con il Buddismo, a vent'anni, che mi ha dato l'opportunità di affrontare l'improvvisa malattia di mia mamma in un modo completamente diverso rispetto alle precedenti esperienze. Ora avevo il Gohonzon e avevo deciso di vincere assolutamente. Nonostante le mie apparenti debolezze e fragilità, sono stata in grado di tirare fuori dalla mia vita una forza, un coraggio e uno stato vitale che erano visibili a tutti. Mia mamma stessa, che non ha mai accettato che io praticassi, poco prima di morire mi disse queste parole: «Martina, sei mia figlia e ti conosco da 25 anni. Non avrei mai pensato che saresti stata in grado di affrontare tutto questo. Sono convinta che sia solo grazie al Buddismo». E in effetti è stato proprio così: recitando un forte Daimoku ogni giorno, studiando e rinnovando giorno dopo giorno il voto fatto al mio maestro, ho potuto sperimentare per la prima volta uno stato vitale libero dalla paura.
Certamente ho sofferto per la perdita di mia mamma, è naturale e umano, ma questa volta sono riuscita a sperimentare una gioia profonda dentro la sofferenza e ho deciso che avrei utilizzato questa esperienza per diventare una persona migliore. A distanza di anni sento sempre più gratitudine nei confronti dei miei genitori che mi hanno dato la vita e che, con la loro morte, mi hanno permesso di diventare la persona che sono oggi. Nonostante io abbia affrontato tutte queste vicende difficili, grazie alla pratica ho realizzato al tempo stesso grandissimi sogni e obiettivi impossibili nella vita, tra cui il conseguimento di una laurea e un lavoro gratificante a tempo indeterminato.
Il presidente Ikeda afferma: «Se si pratica con fede nella Legge mistica si arriva naturalmente a comprendere che la propria vita è eterna e allo stesso tempo, che se ne sia coscienti oppure no, si sviluppano naturalmente tutti i tesori della vita eterna» (Daisaku Ikeda, I misteri di nascita e morte).
Accetti la sfida?
Il 18 dicembre 2016 ci siamo incontrati e abbiamo deciso di sfidarci sulla base di queste parole del nostro maestro, decidendo di concretizzarle in 15 giorni. Perché la realizzazione nasce nell'istante in cui determiniamo di vincere. In 23 abbiamo accettato la sfida. Qui sono riportati alcuni dei nostri risultati.
«AFFRONTIAMO DI PETTO I NOSTRI PROBLEMI INVECE DI CERCARE DI SCAPPARE, QUESTA È LA STRADA PIÙ VELOCE PER PROGREDIRE. SE VI SENTITE TRISTI E SOLI ACCETTATE QUESTI SENTIMENTI. NON CERCATE DI DISTRARVI CON DIVERTIMENTI SUPERFICIALI. NON CERCATE DI FAR FINTA DI NIENTE, SMINUENDOLI. ATTRAVERSATELI FINO IN FONDO, SOPPORTATELI CON CORAGGIO E TRASFORMATELI IN NUTRIMENTO PER LA VOSTRA CRESCITA».DAISAKU IKEDA
«Non importa quante insufficienze hai, ho visto quanto ti sei impegnata a recuperare. Questo è ciò che importa». Con queste parole mia madre mi ha fatto comprendere che mi ero attaccata al desiderio di non vedere brutti voti in pagella, altrimenti non sarei stata felice. Invece io avevo già vinto. Il solo fatto di esser andata contro la mia tendenza ad arrendermi subito mi ha reso vincitrice, senza accorgermene. Sono andata da tutti i professori e ho dato il mio meglio per recuperare consapevole che io, comunque, avevo già vinto.
E comunque ho vinto, no? Ho scritto qui, senza preoccuparmi, perché va bene così. (Gaia, 16 anni)
Dopo grandi lotte e realizzazioni, tutto era fermo. Insoddisfazione, tempo perso e momenti di tristezza profonda. Ogni giorno leggevo le parole qui accanto e facevo Daimoku per metterle in pratica. Ho così sperimentato una nuova sincerità con me stesso. Subito dopo, il terremoto: fine della convivenza e rischio di perdere il lavoro. La notte di capodanno ho promesso di ripartire sempre da me, approfondendo la mia fede. Grazie a questa sfida sto trasformando la mia reazione di fronte alle difficoltà, percependole con gratitudine. Sto lottando contro la solitudine e nel frattempo la situazione lavorativa si è risolta. Tutto è nutrimento e allenamento per realizzare kosen-rufu e la mia rivoluzione umana. (Claudio, 28 anni)
Nel 2016 ho lavorato molto e con successo, ma a fine anno sentivo un grande peso. le parole qui accanto mi hanno fatto sentire meno solo e, facendo Daimoku, ho rideterminato di portare avanti kosen-rufu nel mio quartiere, sconfiggendo la pigrizia, praticando e condividendo la mia vita con altri ragazzi. In quei giorni ho sbloccato quella pesantezza e ho percepito che anni prima avevo messo da parte un grande sogno lavorativo in nome di qualcosa di più conveniente. So che a volte mi sentirò inadatto, ma se voglio realizzare kosen-rufu devo portare avanti i miei sogni e, viceversa, per illuminare la mia strada mi impegnerò per kosen-rufu. (Tommaso, 28 anni)
«CI SARANNO MOMENTI IN CUI VIVERE VI SEMBRERÀ UN PESO, IN CUI VI SENTIRETE INTRAPPOLATI O APPESANTITI DA QUALCOSA, IN CUI VI SENTIRETE PASSIVI, VITTIME DELLE CIRCOSTANZE, OPPURE PERSI. SONO QUESTI I MOMENTI IN CUI SCACCIARE LA PASSIVITÀ, PRENDERE L'INIZIATIVA E DIRE A SE STESSI: "HO INTENZIONE DI CONTINUARE SULLA MIA STRADA FINO IN FONDO!", "INTENDO PORTARE AVANTI LA MIA MISSIONE DI OGGI!"». DAISAKU IKEDA
Ho sempre visto mio padre come un essere superiore e non un mio pari. Quando in famiglia nasce una discussione, lui non ascolta e se ne va, ogni tentativo di dialogo è inutile. Impaurito, non ci dialogo più, coltivo rabbia e ne soffro molto. Spinto da questa sfida decido di non disprezzare mio padre ma di incoraggiarlo. Un giorno, dopo aver praticato insieme, nasce una discussione. Come sempre lui si allontana senza ascoltare. Stavolta con coraggio vado da lui a parlare e comprendo che abbiamo la stessa paura dell'oscurità. Da allora il nostro atteggiamento cambia. Ci ascoltiamo a vicenda. Ho utilizzato la sofferenza per far emergere il coraggio di vincere insieme. Mi sfiderò sempre per sfruttare ogni circostanza per crescere! (Christopher, 20 anni)
È cominciato tutto dalla frase di Ikeda qui sopra: poche cruciali parole e 15 giorni per metterle in pratica. L'inizio di qualcosa di grande: due preziose ragazze di cui mi prendo cura sono entrate nella Soka Gakkai il 31 dicembre; ho sostenuto un esame universitario combattendo l'inerzia e convertendola in sforzi mirati e costanti; ho iniziato l'anno con il desiderio di offrire la mia vita alla felicità delle persone. E a ritmo di un Daimoku più profondo, la meraviglia nel percepire qualcosa scattarmi dentro, un nuovo coraggio: specchiarmi nel Gohonzon con amore e fiducia, con il desiderio di realizzare una vita che sia più vasta e autentica possibile, fedele a me stessa, dissolvendo la paura che da qualche anno mi portava a censurare alcuni tra i miei desideri più sinceri. A oggi ho una sola sconfinata preghiera: realizzare la mia esclusiva missione in questa vita al fianco del mio maestro. (Giulia, 25 anni)
Una mia tendenza è quella di rimandare a domani quello che potrei fare oggi. Quando però si è verificata una situazione che mi ha portato una grande e intensa sofferenza, mi è stato impossibile gestire tutte le cose che avevo accumulato nel frattempo.
Però grazie all'incoraggiamento qui sopra, facendo Daimoku ho ringraziato quella sofferenza che aveva scombussolato il mio sbilanciato equilibrio. E sono riuscita finalmente a fare delle azioni che rimandavo da tempo, le cui conseguenze sono state incredibili: ho fatto conoscere il Buddismo a una persona che lo stava veramente aspettando, ho risolto una situazione lavorativa importante, ho studiato costantemente e il 31 dicembre ho spedito una lettera al mio maestro Ikeda, azione che rimandavo da tre anni, provando una gioia incontenibile. (Rossella, 23 anni)
«AFFRONTIAMO DI PETTO I NOSTRI PROBLEMI INVECE DI CERCARE DI SCAPPARE, QUESTA È LA STRADA PIÙ VELOCE PER PROGREDIRE. SE VI SENTITE TRISTI E SOLI ACCETTATE QUESTI SENTIMENTI. NON CERCATE DI DISTRARVI CON DIVERTIMENTI SUPERFICIALI. NON CERCATE DI FAR FINTA DI NIENTE, SMINUENDOLI. ATTRAVERSATELI FINO IN FONDO, SOPPORTATELI CON CORAGGIO E TRASFORMATELI IN NUTRIMENTO PER LA VOSTRA CRESCITA».DAISAKU IKEDA
«Non importa quante insufficienze hai, ho visto quanto ti sei impegnata a recuperare. Questo è ciò che importa». Con queste parole mia madre mi ha fatto comprendere che mi ero attaccata al desiderio di non vedere brutti voti in pagella, altrimenti non sarei stata felice. Invece io avevo già vinto. Il solo fatto di esser andata contro la mia tendenza ad arrendermi subito mi ha reso vincitrice, senza accorgermene. Sono andata da tutti i professori e ho dato il mio meglio per recuperare consapevole che io, comunque, avevo già vinto.
E comunque ho vinto, no? Ho scritto qui, senza preoccuparmi, perché va bene così. (Gaia, 16 anni)
Dopo grandi lotte e realizzazioni, tutto era fermo. Insoddisfazione, tempo perso e momenti di tristezza profonda. Ogni giorno leggevo le parole qui accanto e facevo Daimoku per metterle in pratica. Ho così sperimentato una nuova sincerità con me stesso. Subito dopo, il terremoto: fine della convivenza e rischio di perdere il lavoro. La notte di capodanno ho promesso di ripartire sempre da me, approfondendo la mia fede. Grazie a questa sfida sto trasformando la mia reazione di fronte alle difficoltà, percependole con gratitudine. Sto lottando contro la solitudine e nel frattempo la situazione lavorativa si è risolta. Tutto è nutrimento e allenamento per realizzare kosen-rufu e la mia rivoluzione umana. (Claudio, 28 anni)
Nel 2016 ho lavorato molto e con successo, ma a fine anno sentivo un grande peso. le parole qui accanto mi hanno fatto sentire meno solo e, facendo Daimoku, ho rideterminato di portare avanti kosen-rufu nel mio quartiere, sconfiggendo la pigrizia, praticando e condividendo la mia vita con altri ragazzi. In quei giorni ho sbloccato quella pesantezza e ho percepito che anni prima avevo messo da parte un grande sogno lavorativo in nome di qualcosa di più conveniente. So che a volte mi sentirò inadatto, ma se voglio realizzare kosen-rufu devo portare avanti i miei sogni e, viceversa, per illuminare la mia strada mi impegnerò per kosen-rufu. (Tommaso, 28 anni)
«CI SARANNO MOMENTI IN CUI VIVERE VI SEMBRERÀ UN PESO, IN CUI VI SENTIRETE INTRAPPOLATI O APPESANTITI DA QUALCOSA, IN CUI VI SENTIRETE PASSIVI, VITTIME DELLE CIRCOSTANZE, OPPURE PERSI. SONO QUESTI I MOMENTI IN CUI SCACCIARE LA PASSIVITÀ, PRENDERE L'INIZIATIVA E DIRE A SE STESSI: "HO INTENZIONE DI CONTINUARE SULLA MIA STRADA FINO IN FONDO!", "INTENDO PORTARE AVANTI LA MIA MISSIONE DI OGGI!"». DAISAKU IKEDA
Ho sempre visto mio padre come un essere superiore e non un mio pari. Quando in famiglia nasce una discussione, lui non ascolta e se ne va, ogni tentativo di dialogo è inutile. Impaurito, non ci dialogo più, coltivo rabbia e ne soffro molto. Spinto da questa sfida decido di non disprezzare mio padre ma di incoraggiarlo. Un giorno, dopo aver praticato insieme, nasce una discussione. Come sempre lui si allontana senza ascoltare. Stavolta con coraggio vado da lui a parlare e comprendo che abbiamo la stessa paura dell'oscurità. Da allora il nostro atteggiamento cambia. Ci ascoltiamo a vicenda. Ho utilizzato la sofferenza per far emergere il coraggio di vincere insieme. Mi sfiderò sempre per sfruttare ogni circostanza per crescere! (Christopher, 20 anni)
È cominciato tutto dalla frase di Ikeda qui sopra: poche cruciali parole e 15 giorni per metterle in pratica. L'inizio di qualcosa di grande: due preziose ragazze di cui mi prendo cura sono entrate nella Soka Gakkai il 31 dicembre; ho sostenuto un esame universitario combattendo l'inerzia e convertendola in sforzi mirati e costanti; ho iniziato l'anno con il desiderio di offrire la mia vita alla felicità delle persone. E a ritmo di un Daimoku più profondo, la meraviglia nel percepire qualcosa scattarmi dentro, un nuovo coraggio: specchiarmi nel Gohonzon con amore e fiducia, con il desiderio di realizzare una vita che sia più vasta e autentica possibile, fedele a me stessa, dissolvendo la paura che da qualche anno mi portava a censurare alcuni tra i miei desideri più sinceri. A oggi ho una sola sconfinata preghiera: realizzare la mia esclusiva missione in questa vita al fianco del mio maestro. (Giulia, 25 anni)
Una mia tendenza è quella di rimandare a domani quello che potrei fare oggi. Quando però si è verificata una situazione che mi ha portato una grande e intensa sofferenza, mi è stato impossibile gestire tutte le cose che avevo accumulato nel frattempo.
Però grazie all'incoraggiamento qui sopra, facendo Daimoku ho ringraziato quella sofferenza che aveva scombussolato il mio sbilanciato equilibrio. E sono riuscita finalmente a fare delle azioni che rimandavo da tempo, le cui conseguenze sono state incredibili: ho fatto conoscere il Buddismo a una persona che lo stava veramente aspettando, ho risolto una situazione lavorativa importante, ho studiato costantemente e il 31 dicembre ho spedito una lettera al mio maestro Ikeda, azione che rimandavo da tre anni, provando una gioia incontenibile. (Rossella, 23 anni)
Malattia
«Coloro che nelle situazioni dolorose stringono denti e si sforzano al massimo possono conquistare anche il più raro e irraggiungibile dei tesori. La scelta del modo di vivere determina il vostro futuro».
Silvia, 27 anni
Ad agosto del 2015 mi è stato diagnosticato un tumore maligno al seno, e subito mi sono fermata per capire cosa mi stesse accadendo. Dopo aver subìto l'intervento chirurgico che ha rimosso il tumore e dopo aver fatto fronte all'emergenza, io e il Buddismo ci siamo misticamente trovati. Proprio in quei giorni una mia amica era a un incontro sul Buddismo e da lì mi inviava registrazioni audio del Daimoku e guide e messaggi proprio sulla malattia, che mi rasserenavano e mi incoraggiavano. Anche se confusa e spaesata, mi sono sentita protetta.
Superato l'intervento pensavo che il peggio fosse passato, ma dovevo fare ancora i conti con il lungo percorso che una malattia come la mia richiede. E quando sono iniziate le terapie, che mi hanno molto debilitata, mi è sembrato che tutto stesse crollando: l'unica cosa che potevo e volevo fare era andare agli zadankai (incontri buddisti), recitare anche per poco e, nei momenti peggiori, solo leggere. Ascoltare le lotte che ogni persona affrontava mi ha fatto andare avanti.
Mi sentivo divisa tra il desiderio di vivere e la fragilità del mio corpo. Nuovamente perdevo di vista ciò che avevo già intuito: avevo bisogno di fermarmi e di occuparmi di me stessa. Per questo ho deciso di prendere in mano la mia vita, diventando membro della Soka Gakkai e ricevendo il Gohonzon.
Grazie allo studio e al Daimoku ho iniziato ad affrontare la malattia e a fare di questa l'occasione per trasformare la mia vita, illuminando la direzione verso cui voglio andare: ho ripreso gli studi, sto per laurearmi, ho iniziato a progettare un percorso di sostegno ai malati attraverso lo yoga e ho deciso di dare un valore concreto alle mie parole attraverso la scrittura, perché ho capito che l'impossibile si può trasformare in possibile.
Nichiren Daishonin afferma che «la malattia stimola lo spirito di ricerca della via», ed è vero: ringrazio la malattia perché, oltre alla sofferenza, ha portato anche tanta gioia e consapevolezza.
Trovare nelle parole di Nichiren e in quelle dei presidenti della Soka Gakkai la figura di un maestro che ti segue oltre lo spazio e il tempo è straordinario e di vitale importanza per il proprio percorso di crescita. Ringrazio quel momento in cui ho deciso di risvegliarmi a me stessa e di iniziare la mia rivoluzione.
Silvia, 27 anni
Ad agosto del 2015 mi è stato diagnosticato un tumore maligno al seno, e subito mi sono fermata per capire cosa mi stesse accadendo. Dopo aver subìto l'intervento chirurgico che ha rimosso il tumore e dopo aver fatto fronte all'emergenza, io e il Buddismo ci siamo misticamente trovati. Proprio in quei giorni una mia amica era a un incontro sul Buddismo e da lì mi inviava registrazioni audio del Daimoku e guide e messaggi proprio sulla malattia, che mi rasserenavano e mi incoraggiavano. Anche se confusa e spaesata, mi sono sentita protetta.
Superato l'intervento pensavo che il peggio fosse passato, ma dovevo fare ancora i conti con il lungo percorso che una malattia come la mia richiede. E quando sono iniziate le terapie, che mi hanno molto debilitata, mi è sembrato che tutto stesse crollando: l'unica cosa che potevo e volevo fare era andare agli zadankai (incontri buddisti), recitare anche per poco e, nei momenti peggiori, solo leggere. Ascoltare le lotte che ogni persona affrontava mi ha fatto andare avanti.
Mi sentivo divisa tra il desiderio di vivere e la fragilità del mio corpo. Nuovamente perdevo di vista ciò che avevo già intuito: avevo bisogno di fermarmi e di occuparmi di me stessa. Per questo ho deciso di prendere in mano la mia vita, diventando membro della Soka Gakkai e ricevendo il Gohonzon.
Grazie allo studio e al Daimoku ho iniziato ad affrontare la malattia e a fare di questa l'occasione per trasformare la mia vita, illuminando la direzione verso cui voglio andare: ho ripreso gli studi, sto per laurearmi, ho iniziato a progettare un percorso di sostegno ai malati attraverso lo yoga e ho deciso di dare un valore concreto alle mie parole attraverso la scrittura, perché ho capito che l'impossibile si può trasformare in possibile.
Nichiren Daishonin afferma che «la malattia stimola lo spirito di ricerca della via», ed è vero: ringrazio la malattia perché, oltre alla sofferenza, ha portato anche tanta gioia e consapevolezza.
Trovare nelle parole di Nichiren e in quelle dei presidenti della Soka Gakkai la figura di un maestro che ti segue oltre lo spazio e il tempo è straordinario e di vitale importanza per il proprio percorso di crescita. Ringrazio quel momento in cui ho deciso di risvegliarmi a me stessa e di iniziare la mia rivoluzione.
Studio
«Grazie all'istruzione ricevuta dal mio maestro mentre combattevamo insieme ardue battaglie, ho costruito le fondamenta della mia vita».
Luca, 33 anni
Fin da piccolo, da quando iniziai a frequentare la scuola elementare, io e lo studio non abbiamo avuto un bel feeling. Infatti, dopo la licenzia media, decisi di andare a lavorare.
Da quando ho incontrato il Buddismo di Nichiren Daishonin, soprattutto, da quando ho scelto come mio maestro di vita Daisaku Ikeda, anche la parola studiare ha acquisito un valore diverso. Studiare il Buddismo e le guide del presidente Ikeda in questi undici anni di pratica mi hanno dato la possibilità di vincere in tanti aspetti della mia vita.
Ricordo molto bene che, prima di cominciare a praticare, la mia vita era bloccata dalla paura della morte. Gli scritti di Ikeda a riguardo mi hanno permesso di approfondire il significato della vita e della morte in ottica buddista. A oggi il mio testo preferito è I misteri di nascita e morte.
Ho avuto la possibilità di partecipare a un corso di studio europeo di tre anni sul Buddismo, durante il quale ho scolpito nel mio cuore i vari messaggi che Ikeda ha inviato a tutti noi. In uno di questi ha scritto: «Siete riuniti tutti insieme per studiare la dignità e la sacralità della vita». Per queste parole sento una profonda gratitudine per il mio maestro, l'opportunità e la responsabilità per la pace che ognuno di noi ha in quanto essere umano.
Oggi, dopo aver superato difficoltà economiche e legate alla mia emotività (attacchi di panico, ansia), sto frequentando la scuola di cucina a cui tanto desideravo iscrivermi e perseguo il mio sogno: diventare un cuoco esperto di cucina naturale vegana.
Andrea, 27 anni
Non volevo fare l'università, ma soprattutto non avevo voglia di impegnarmi in qualsivoglia attività, né nutrivo alcuna speranza per il mio ambiente sociale in generale. Ero uno studente di liceo quando, grazie ai miei genitori e ad alcuni amici, ho potuto scoprire il potere della pratica buddista e il ruolo del maestro. Leggere le parole di Daisaku Ikeda da adolescente mi ha permesso di illuminare una strada per molto tempo oscurata dal pessimismo. Non avevo idea di cosa fare una volta terminato il liceo e credevo di non essere abbastanza portato per lo studio. Sentendo la fiducia del mio maestro, tuttavia, decisi di iscrivermi facendo con lui un patto importante: mi sarei laureato in tempo per non gravare sulle spalle dei miei e per non tradire le sue aspettative.
Quando dopo tre anni a Scienze Politiche ho scoperto di non potermi laureare in tempo, sono stato investito da sfiducia e delusione. Ricercare le sue parole, però, mi ha permesso di decidere con forza di non essere sconfitto, a qualunque costo. Grazie alla preghiera che ne scaturì davanti al Gohonzon, decisi di sfidarmi e sfruttare quella che mi sembrava una "disfatta" nella mia più grande fortuna. Così ancora una volta mi fidai della sua indicazione, quando scriveva che i giovani non dovrebbero scegliere il cammino facile nei bivi della vita: mi impegnai a lavorare a una tesi sperimentale, con un gruppo di ricercatori. La passione che riuscii a tirare fuori in quel periodo grazie al Daimoku costante mi permise di lavorare per rimediare al danno economico derivante dal ritardo nella laurea e, contemporaneamente, realizzare grandi vittorie all'università, superando ogni sorta di problema, dalla salute fisica alle difficili richieste del mio relatore.
Crescere insieme al maestro durante gli studi ha significato imparare a vivere superando i miei limiti. È stato come frequentare un corso di studi sulla vera vittoria, tenuto da Ikeda in persona. L'università Ikeda.
Il giorno della laurea mi presentai dal relatore con una copia della tesi. Tra le dediche brillava la scritta: "Al maestro Ikeda". Quando mi chiese chi fosse questo Ikeda a cui dedicavo la tesi, gli risposi che praticavo il Buddismo e che era il mio maestro. Mi disse che doveva essere un grande maestro se una persona come me era buddista.
Grazie a questa esperienza, decisi di iscrivermi a un corso magistrale in Scienze Economiche, per seguire la passione emersa durante quel lavoro di ricerca. La strada è stata difficile, ma sempre accompagnata dal calore del maestro e dal Daimoku. Lo scorso dicembre mi sono laureato e adesso sto lavorando a una pubblicazione scientifica sul mio lavoro. Sono determinato a realizzare i miei sogni e a dedicare a Ikeda ogni vittoria.
Michela, 18 anni
Nonostante abbia sempre amato andare a scuola, stare con i miei amici e imparare cose nuove, prima di praticare vivevo le verifiche e le interrogazioni con molta ansia. Davo troppa importanza ai voti e al giudizio dei prof sulle mie capacità. Praticando il Buddismo, invece, ho riconosciuto il mio valore e ho capito che dovevo proteggerlo e che non era giusto che fossi così severa con me stessa. Grazie al Daimoku ho trasformato la mia ansia e adesso quando devo affrontare un'interrogazione sono molto più serena, perché so che il voto che mi sarà dato per una singola performance non determinerà la mia vita e, soprattutto, non le aggiungerà o toglierà valore. Così i risultati scolastici sono notevolmente migliorati.
Se penso a come stavo prima di praticare, mi rendo conto di quanta strada abbia fatto in questi tre anni. Ora, arrivata in quinta, riesco ad apprezzare la scuola a 360 gradi e imparo con gioia. Per quanto spesso possa essere difficile, il liceo mi sta dando tantissimi strumenti, in primis una solida formazione culturale, che è il punto di partenza fondamentale per poter iniziare a cambiare la società in meglio.
Inoltre, condividendo la pratica buddista con i miei compagni, della mia classe e di altre, l'ambiente ha cominciato a trasformarsi: molti miei amici hanno iniziato a praticare e si è creato un dialogo sincero e aperto anche con i professori. Con coraggio sto cercando di creare valore giorno per giorno, al di là di ciò che succede. Nonostante gli ostacoli e le nostre paure, possiamo davvero fare la differenza e stare bene, con noi stessi e con gli altri.
Luca, 33 anni
Fin da piccolo, da quando iniziai a frequentare la scuola elementare, io e lo studio non abbiamo avuto un bel feeling. Infatti, dopo la licenzia media, decisi di andare a lavorare.
Da quando ho incontrato il Buddismo di Nichiren Daishonin, soprattutto, da quando ho scelto come mio maestro di vita Daisaku Ikeda, anche la parola studiare ha acquisito un valore diverso. Studiare il Buddismo e le guide del presidente Ikeda in questi undici anni di pratica mi hanno dato la possibilità di vincere in tanti aspetti della mia vita.
Ricordo molto bene che, prima di cominciare a praticare, la mia vita era bloccata dalla paura della morte. Gli scritti di Ikeda a riguardo mi hanno permesso di approfondire il significato della vita e della morte in ottica buddista. A oggi il mio testo preferito è I misteri di nascita e morte.
Ho avuto la possibilità di partecipare a un corso di studio europeo di tre anni sul Buddismo, durante il quale ho scolpito nel mio cuore i vari messaggi che Ikeda ha inviato a tutti noi. In uno di questi ha scritto: «Siete riuniti tutti insieme per studiare la dignità e la sacralità della vita». Per queste parole sento una profonda gratitudine per il mio maestro, l'opportunità e la responsabilità per la pace che ognuno di noi ha in quanto essere umano.
Oggi, dopo aver superato difficoltà economiche e legate alla mia emotività (attacchi di panico, ansia), sto frequentando la scuola di cucina a cui tanto desideravo iscrivermi e perseguo il mio sogno: diventare un cuoco esperto di cucina naturale vegana.
Andrea, 27 anni
Non volevo fare l'università, ma soprattutto non avevo voglia di impegnarmi in qualsivoglia attività, né nutrivo alcuna speranza per il mio ambiente sociale in generale. Ero uno studente di liceo quando, grazie ai miei genitori e ad alcuni amici, ho potuto scoprire il potere della pratica buddista e il ruolo del maestro. Leggere le parole di Daisaku Ikeda da adolescente mi ha permesso di illuminare una strada per molto tempo oscurata dal pessimismo. Non avevo idea di cosa fare una volta terminato il liceo e credevo di non essere abbastanza portato per lo studio. Sentendo la fiducia del mio maestro, tuttavia, decisi di iscrivermi facendo con lui un patto importante: mi sarei laureato in tempo per non gravare sulle spalle dei miei e per non tradire le sue aspettative.
Quando dopo tre anni a Scienze Politiche ho scoperto di non potermi laureare in tempo, sono stato investito da sfiducia e delusione. Ricercare le sue parole, però, mi ha permesso di decidere con forza di non essere sconfitto, a qualunque costo. Grazie alla preghiera che ne scaturì davanti al Gohonzon, decisi di sfidarmi e sfruttare quella che mi sembrava una "disfatta" nella mia più grande fortuna. Così ancora una volta mi fidai della sua indicazione, quando scriveva che i giovani non dovrebbero scegliere il cammino facile nei bivi della vita: mi impegnai a lavorare a una tesi sperimentale, con un gruppo di ricercatori. La passione che riuscii a tirare fuori in quel periodo grazie al Daimoku costante mi permise di lavorare per rimediare al danno economico derivante dal ritardo nella laurea e, contemporaneamente, realizzare grandi vittorie all'università, superando ogni sorta di problema, dalla salute fisica alle difficili richieste del mio relatore.
Crescere insieme al maestro durante gli studi ha significato imparare a vivere superando i miei limiti. È stato come frequentare un corso di studi sulla vera vittoria, tenuto da Ikeda in persona. L'università Ikeda.
Il giorno della laurea mi presentai dal relatore con una copia della tesi. Tra le dediche brillava la scritta: "Al maestro Ikeda". Quando mi chiese chi fosse questo Ikeda a cui dedicavo la tesi, gli risposi che praticavo il Buddismo e che era il mio maestro. Mi disse che doveva essere un grande maestro se una persona come me era buddista.
Grazie a questa esperienza, decisi di iscrivermi a un corso magistrale in Scienze Economiche, per seguire la passione emersa durante quel lavoro di ricerca. La strada è stata difficile, ma sempre accompagnata dal calore del maestro e dal Daimoku. Lo scorso dicembre mi sono laureato e adesso sto lavorando a una pubblicazione scientifica sul mio lavoro. Sono determinato a realizzare i miei sogni e a dedicare a Ikeda ogni vittoria.
Michela, 18 anni
Nonostante abbia sempre amato andare a scuola, stare con i miei amici e imparare cose nuove, prima di praticare vivevo le verifiche e le interrogazioni con molta ansia. Davo troppa importanza ai voti e al giudizio dei prof sulle mie capacità. Praticando il Buddismo, invece, ho riconosciuto il mio valore e ho capito che dovevo proteggerlo e che non era giusto che fossi così severa con me stessa. Grazie al Daimoku ho trasformato la mia ansia e adesso quando devo affrontare un'interrogazione sono molto più serena, perché so che il voto che mi sarà dato per una singola performance non determinerà la mia vita e, soprattutto, non le aggiungerà o toglierà valore. Così i risultati scolastici sono notevolmente migliorati.
Se penso a come stavo prima di praticare, mi rendo conto di quanta strada abbia fatto in questi tre anni. Ora, arrivata in quinta, riesco ad apprezzare la scuola a 360 gradi e imparo con gioia. Per quanto spesso possa essere difficile, il liceo mi sta dando tantissimi strumenti, in primis una solida formazione culturale, che è il punto di partenza fondamentale per poter iniziare a cambiare la società in meglio.
Inoltre, condividendo la pratica buddista con i miei compagni, della mia classe e di altre, l'ambiente ha cominciato a trasformarsi: molti miei amici hanno iniziato a praticare e si è creato un dialogo sincero e aperto anche con i professori. Con coraggio sto cercando di creare valore giorno per giorno, al di là di ciò che succede. Nonostante gli ostacoli e le nostre paure, possiamo davvero fare la differenza e stare bene, con noi stessi e con gli altri.
Dialogo
«La nostra lotta ci richiede di sviluppare compassione per tutti gli esseri viventi. Lo sforzo per superare la freddezza e l'indifferenza nella nostra vita e conseguire la stessa compassione del Budda è l'essenza della rivoluzione umana».
Valeria, 24 anni
Dopo aver vissuto un anno all'estero, quest'estate sono tornata a Roma. Dalla mia casa vista mare tornavo a vivere nel mio quartiere in periferia, circondata da palazzi brutti e altri in costruzione. Inoltre per la prima volta mi sono scontrata con la difficoltà di trovare un lavoro e con la frustrazione che ne deriva. C'è stato un momento in cui ho sentito di aver raggiunto il limite, mi sentivo in cattività, costretta a vivere in un posto brutto e senza prospettive. Ho aperto il Gohonzon e per la prima volta ho tirato fuori tutta questa rabbia impotente. Come prima cosa ho deciso che, se fossi rimasta a Roma, non sarebbe stato per inerzia ma per una scelta, e che mi sarei assunta il compito di migliorarla, altrimenti tanto valeva tornare all'estero.
Con questo quesito aperto ho continuato a fare Daimoku interrogandomi sugli strumenti per cambiare davvero il mio ambiente e, dopo aver pensato a partiti e associazioni, ho sentito che il mezzo più profondo era il dialogo. Ma un dialogo sincero, volto a creare una società in cui ogni persona nel suo ambito, al di là di idee politiche e carattere, avrebbe contribuito a creare valore risvegliata all'importanza della sua missione. Con questa nuova prospettiva mi sono accorta che nutrivo una profonda fiducia nel futuro vedendo i miei amici, buddisti e non, sfidarsi nello studio e nel lavoro con questo desiderio e, parlando con loro, ho sentito l'importanza di fidarsi profondamente ciascuno della missione dell'altro e di sentirsi parte di una stessa lotta.
Il primo cambiamento nel mio atteggiamento si è manifestato parlando con un amico di idee notoriamente opposte alle mie: invece di cambiare argomento ribadendo la differenza, questa volta ho iniziato ad ascoltare davvero le sue parole portando tutta la conversazione a un livello molto più profondo. Alla fine, da che andava fiero delle prepotenze che avrebbe fatto appena ne avrebbe avuto modo, ci siamo salutati assicurandoci che avremmo potuto contare sugli sforzi dell'altro in questa onda di cambiamento.
Sto allenando questo nuovo atteggiamento all'interno dello zadankai, dove ho l'occasione di incontrare persone del mio stesso quartiere a volte molto diverse da me. Riscegliendo ogni volta di non rinunciare all'opportunità di instaurare un dialogo ricco e profondo anche dove apparentemente non ci sono punti di congiunzione e a non temere il confronto ma usarlo per creare davvero una rivoluzione più profonda.
Mattia, 38 anni
Ho incontrato il Buddismo per caso.
Delle primissime riunioni a cui ho partecipato ricordo il giudizio che provavo nei confronti dei partecipanti e della pratica, a mio avviso troppo "superficiali" in base alle mie convinzioni di allora. Ciò che mi spingeva a tornare erano però la gentilezza e il calore con cui ero invitato e la capacità di sviluppo personale che tutti, sempre più sorridenti e radiosi, mostravano settimana dopo settimana. Poi una sera, proprio durante una riunione, è come caduto un "velo" dentro di me: ho sentito fortemente il desiderio di sperimentare le meravigliose esperienze che ascoltavo.
Così, giorno dopo giorno, incoraggiato a seguire gli insegnamenti di Nichiren Daishonin e dei maestri della Soka Gakkai, ho provato a esercitare la "pratica per sé e per gli altri", recitando Daimoku, facendo conoscere ai miei amici il Buddismo e approfondendone lo studio. La mia vita è cambiata, è migliorata fino a diventare davvero bellissima.
Più si aiutano gli altri più si cresce velocemente e profondamente. Questo il Budda lo sa bene e perciò dialoga di continuo e apertamente della profonda filosofia della vita con chiunque incontri. Alla base degli zadankai c'è questo spirito di profondo rispetto per tutti gli esseri viventi. Tante persone diverse, spinte da un unico ideale di pace riescono a dialogare, confrontarsi, conoscersi, imparare l'una dall'altra. Accolgono lo sconosciuto, le diversità e così si genera una profonda speranza. Ogni volta è come partecipare a una "prova generale della pace" nel proprio angolo di mondo.
Con questo ideale, negli anni ho invitato genitori, parenti, vicini di casa, datori di lavoro, persone di altre culture, lingue ed estrazioni sociali e ho visto crescere ponti di dialogo lì dove non sembrava possibile. Percepisco sempre una gioia e un valore in questa azione che non conoscono eguali, grazie alla quale ho potuto sviluppare benefici e una fiducia indescrivibili.
Io non avevo calcolato di diventare buddista, ma le prove concrete che mostravano le persone alle riunioni hanno fatto emergere in me il desiderio di felicità. Così oggi gli zadankai sono per me la tappa fondamentale a cui mirare ogni giorno per poter portare un nuovo sviluppo personale da raccontare, ma soprattutto per accompagnare un amico, un familiare, un vicino di casa, qualcuno che come me non aveva calcolato di diventare assolutamente felice e poi invece trasforma il suo destino.
Valeria, 24 anni
Dopo aver vissuto un anno all'estero, quest'estate sono tornata a Roma. Dalla mia casa vista mare tornavo a vivere nel mio quartiere in periferia, circondata da palazzi brutti e altri in costruzione. Inoltre per la prima volta mi sono scontrata con la difficoltà di trovare un lavoro e con la frustrazione che ne deriva. C'è stato un momento in cui ho sentito di aver raggiunto il limite, mi sentivo in cattività, costretta a vivere in un posto brutto e senza prospettive. Ho aperto il Gohonzon e per la prima volta ho tirato fuori tutta questa rabbia impotente. Come prima cosa ho deciso che, se fossi rimasta a Roma, non sarebbe stato per inerzia ma per una scelta, e che mi sarei assunta il compito di migliorarla, altrimenti tanto valeva tornare all'estero.
Con questo quesito aperto ho continuato a fare Daimoku interrogandomi sugli strumenti per cambiare davvero il mio ambiente e, dopo aver pensato a partiti e associazioni, ho sentito che il mezzo più profondo era il dialogo. Ma un dialogo sincero, volto a creare una società in cui ogni persona nel suo ambito, al di là di idee politiche e carattere, avrebbe contribuito a creare valore risvegliata all'importanza della sua missione. Con questa nuova prospettiva mi sono accorta che nutrivo una profonda fiducia nel futuro vedendo i miei amici, buddisti e non, sfidarsi nello studio e nel lavoro con questo desiderio e, parlando con loro, ho sentito l'importanza di fidarsi profondamente ciascuno della missione dell'altro e di sentirsi parte di una stessa lotta.
Il primo cambiamento nel mio atteggiamento si è manifestato parlando con un amico di idee notoriamente opposte alle mie: invece di cambiare argomento ribadendo la differenza, questa volta ho iniziato ad ascoltare davvero le sue parole portando tutta la conversazione a un livello molto più profondo. Alla fine, da che andava fiero delle prepotenze che avrebbe fatto appena ne avrebbe avuto modo, ci siamo salutati assicurandoci che avremmo potuto contare sugli sforzi dell'altro in questa onda di cambiamento.
Sto allenando questo nuovo atteggiamento all'interno dello zadankai, dove ho l'occasione di incontrare persone del mio stesso quartiere a volte molto diverse da me. Riscegliendo ogni volta di non rinunciare all'opportunità di instaurare un dialogo ricco e profondo anche dove apparentemente non ci sono punti di congiunzione e a non temere il confronto ma usarlo per creare davvero una rivoluzione più profonda.
Mattia, 38 anni
Ho incontrato il Buddismo per caso.
Delle primissime riunioni a cui ho partecipato ricordo il giudizio che provavo nei confronti dei partecipanti e della pratica, a mio avviso troppo "superficiali" in base alle mie convinzioni di allora. Ciò che mi spingeva a tornare erano però la gentilezza e il calore con cui ero invitato e la capacità di sviluppo personale che tutti, sempre più sorridenti e radiosi, mostravano settimana dopo settimana. Poi una sera, proprio durante una riunione, è come caduto un "velo" dentro di me: ho sentito fortemente il desiderio di sperimentare le meravigliose esperienze che ascoltavo.
Così, giorno dopo giorno, incoraggiato a seguire gli insegnamenti di Nichiren Daishonin e dei maestri della Soka Gakkai, ho provato a esercitare la "pratica per sé e per gli altri", recitando Daimoku, facendo conoscere ai miei amici il Buddismo e approfondendone lo studio. La mia vita è cambiata, è migliorata fino a diventare davvero bellissima.
Più si aiutano gli altri più si cresce velocemente e profondamente. Questo il Budda lo sa bene e perciò dialoga di continuo e apertamente della profonda filosofia della vita con chiunque incontri. Alla base degli zadankai c'è questo spirito di profondo rispetto per tutti gli esseri viventi. Tante persone diverse, spinte da un unico ideale di pace riescono a dialogare, confrontarsi, conoscersi, imparare l'una dall'altra. Accolgono lo sconosciuto, le diversità e così si genera una profonda speranza. Ogni volta è come partecipare a una "prova generale della pace" nel proprio angolo di mondo.
Con questo ideale, negli anni ho invitato genitori, parenti, vicini di casa, datori di lavoro, persone di altre culture, lingue ed estrazioni sociali e ho visto crescere ponti di dialogo lì dove non sembrava possibile. Percepisco sempre una gioia e un valore in questa azione che non conoscono eguali, grazie alla quale ho potuto sviluppare benefici e una fiducia indescrivibili.
Io non avevo calcolato di diventare buddista, ma le prove concrete che mostravano le persone alle riunioni hanno fatto emergere in me il desiderio di felicità. Così oggi gli zadankai sono per me la tappa fondamentale a cui mirare ogni giorno per poter portare un nuovo sviluppo personale da raccontare, ma soprattutto per accompagnare un amico, un familiare, un vicino di casa, qualcuno che come me non aveva calcolato di diventare assolutamente felice e poi invece trasforma il suo destino.
Chi è Daisaku Ikeda
Il giovane Daisaku
Daisaku Ikeda nasce a Tokyo nel 1928, figlio di un coltivatore di alghe. Anni dopo, i suoi tre fratelli maggiori partono per la guerra e il più grande non fa ritorno. Durante il conflitto, Ikeda è costretto a lavorare nelle fabbriche, insieme a molti altri giovanissimi, precettati dal governo.
Nel 1945 il Giappone esce sconfitto dallo scontro e profondamente sconvolto dal bombardamento atomico. È in questo clima di totale desolazione che il giovane percepisce dentro di sé la crudeltà e l'insensatezza della guerra e cerca ostinatamente un fondamento filosofico su cui basare la propria vita, una guida che indichi il modo per vivere un'esistenza degna e gratificante. Pensieri comuni, che emergono nel cuore delle persone che non evitano ma si confrontano con la realtà.
Nell'agosto del 1947 viene invitato a partecipare a uno zadankai da alcuni amici e finalmente avviene l'incontro con Josei Toda, uno dei fondatori della Soka Gakkai. Titubante fino all'ultimo, con la tubercolosi che lo tormenta causandogli attacchi di tosse e febbre, Ikeda decide di andare e rimane immediatamente colpito dalla spontaneità e dall'autorevolezza di Toda, sentendo di poter riporre in lui la massima fiducia. Da lì in poi la sua vita è rivoluzionata dalla pratica del Buddismo di Nichiren Daishonin e dal rapporto con il maestro Toda. Insieme decidono di impegnarsi al massimo per realizzare la pace e la felicità di ogni persona. Il giovane Ikeda si lancia con furore nella lotta, aiutando il suo maestro nella gestione della sua azienda a costo di rinunciare all'opportunità di frequentare la scuola serale. Tuttavia Toda ricambia con amore il suo discepolo, dandogli lezioni private prima del lavoro e istruendolo in vari ambiti, dalla matematica all'economia e alla letteratura. «Mi sarei fatto strada con fierezza nella società - scrive - così com'ero, sviluppando le mie capacità e vivendo appieno la mia vita».
Approfondendo la conoscenza di se stesso e della Legge mistica, lottando contro la malattia e mille avversità, Daisaku Ikeda, dopo la morte dell'amato maestro, a soli 32 anni si assume la responsabilità di guidare il movimento di kosen-rufu.
Il presidente della Soka Gakkai
Nel maggio 1960 Daisaku Ikeda diviene terzo presidente della Soka Gakkai e nel 1975 il primo presidente della Soka Gakkai Internazionale, oggi diffusa in 192 paesi con oltre 12 milioni di membri. Facendo proprio il sogno del suo maestro di costruire un mondo di pace, Ikeda si è mosso in prima linea nella promozione del disarmo nucleare, dei diritti umani, del sostegno umanitario e dell'educazione allo sviluppo sostenibile. Mirando alla costruzione di una profonda comprensione tra tutti i popoli e cercando una soluzione ai problemi che l'umanità si trova ad affrontare, ha dialogato con eminenti pensatori e costruttori di pace del nostro tempo, tra i quali Michail Gorbaciov, Nelson Mandela, Rosa Parks, Wangari Maathai; ha scritto oltre cento lavori e ha fondato diversi istituti culturali. Alla base del suo impegno vi è una prospettiva nella quale le differenze siano considerate un tesoro prezioso e il dialogo, la cultura e l'arte siano l'origine di profondi legami fra tutti gli esseri umani. «L'essere umano - scrive - ha dentro di sé il potenziale per resistere anche alle correnti più violente della storia. Ne sono convinto. Non siamo semplici pedine, né siamo vittime del passato. Al contrario, noi possiamo dare forma e direzione alla storia. E il compito più urgente che abbiamo oggi è rinnovare la fiducia nella capacità degli individui di creare il futuro, tanto a livello della singola persona, quanto della collettività».
Nel concretizzare i suoi ideali, dal 1960 in poi si e assunto la responsabilita di normalizzare le relazioni tra il Giappone e gli altri paesi asiatici e sostiene il potenziale delle Nazioni Unite inviando ogni anno una Proposta di pace contenente possibili soluzioni ai problemi globali. La più recente (26 gennaio 2017) si intitola La solidarietà globale dei giovani: inaugurare una nuova era di speranza. Ikeda e inoltre convinto che il compito dell'educazione sia sviluppare persone consapevoli che possano contribuire alla costruzione di un mondo armonioso e pacifico. Mosso da tale profondo desiderio, ha fondato il Sistema educativo Soka e ha tenuto conferenze su temi relativi alla pace, al Buddismo e alla condizione umana in oltre trenta università e centri accademici di tutto il mondo e ne ha ricevuto oltre duecento titoli.
Daisaku Ikeda nasce a Tokyo nel 1928, figlio di un coltivatore di alghe. Anni dopo, i suoi tre fratelli maggiori partono per la guerra e il più grande non fa ritorno. Durante il conflitto, Ikeda è costretto a lavorare nelle fabbriche, insieme a molti altri giovanissimi, precettati dal governo.
Nel 1945 il Giappone esce sconfitto dallo scontro e profondamente sconvolto dal bombardamento atomico. È in questo clima di totale desolazione che il giovane percepisce dentro di sé la crudeltà e l'insensatezza della guerra e cerca ostinatamente un fondamento filosofico su cui basare la propria vita, una guida che indichi il modo per vivere un'esistenza degna e gratificante. Pensieri comuni, che emergono nel cuore delle persone che non evitano ma si confrontano con la realtà.
Nell'agosto del 1947 viene invitato a partecipare a uno zadankai da alcuni amici e finalmente avviene l'incontro con Josei Toda, uno dei fondatori della Soka Gakkai. Titubante fino all'ultimo, con la tubercolosi che lo tormenta causandogli attacchi di tosse e febbre, Ikeda decide di andare e rimane immediatamente colpito dalla spontaneità e dall'autorevolezza di Toda, sentendo di poter riporre in lui la massima fiducia. Da lì in poi la sua vita è rivoluzionata dalla pratica del Buddismo di Nichiren Daishonin e dal rapporto con il maestro Toda. Insieme decidono di impegnarsi al massimo per realizzare la pace e la felicità di ogni persona. Il giovane Ikeda si lancia con furore nella lotta, aiutando il suo maestro nella gestione della sua azienda a costo di rinunciare all'opportunità di frequentare la scuola serale. Tuttavia Toda ricambia con amore il suo discepolo, dandogli lezioni private prima del lavoro e istruendolo in vari ambiti, dalla matematica all'economia e alla letteratura. «Mi sarei fatto strada con fierezza nella società - scrive - così com'ero, sviluppando le mie capacità e vivendo appieno la mia vita».
Approfondendo la conoscenza di se stesso e della Legge mistica, lottando contro la malattia e mille avversità, Daisaku Ikeda, dopo la morte dell'amato maestro, a soli 32 anni si assume la responsabilità di guidare il movimento di kosen-rufu.
Il presidente della Soka Gakkai
Nel maggio 1960 Daisaku Ikeda diviene terzo presidente della Soka Gakkai e nel 1975 il primo presidente della Soka Gakkai Internazionale, oggi diffusa in 192 paesi con oltre 12 milioni di membri. Facendo proprio il sogno del suo maestro di costruire un mondo di pace, Ikeda si è mosso in prima linea nella promozione del disarmo nucleare, dei diritti umani, del sostegno umanitario e dell'educazione allo sviluppo sostenibile. Mirando alla costruzione di una profonda comprensione tra tutti i popoli e cercando una soluzione ai problemi che l'umanità si trova ad affrontare, ha dialogato con eminenti pensatori e costruttori di pace del nostro tempo, tra i quali Michail Gorbaciov, Nelson Mandela, Rosa Parks, Wangari Maathai; ha scritto oltre cento lavori e ha fondato diversi istituti culturali. Alla base del suo impegno vi è una prospettiva nella quale le differenze siano considerate un tesoro prezioso e il dialogo, la cultura e l'arte siano l'origine di profondi legami fra tutti gli esseri umani. «L'essere umano - scrive - ha dentro di sé il potenziale per resistere anche alle correnti più violente della storia. Ne sono convinto. Non siamo semplici pedine, né siamo vittime del passato. Al contrario, noi possiamo dare forma e direzione alla storia. E il compito più urgente che abbiamo oggi è rinnovare la fiducia nella capacità degli individui di creare il futuro, tanto a livello della singola persona, quanto della collettività».
Nel concretizzare i suoi ideali, dal 1960 in poi si e assunto la responsabilita di normalizzare le relazioni tra il Giappone e gli altri paesi asiatici e sostiene il potenziale delle Nazioni Unite inviando ogni anno una Proposta di pace contenente possibili soluzioni ai problemi globali. La più recente (26 gennaio 2017) si intitola La solidarietà globale dei giovani: inaugurare una nuova era di speranza. Ikeda e inoltre convinto che il compito dell'educazione sia sviluppare persone consapevoli che possano contribuire alla costruzione di un mondo armonioso e pacifico. Mosso da tale profondo desiderio, ha fondato il Sistema educativo Soka e ha tenuto conferenze su temi relativi alla pace, al Buddismo e alla condizione umana in oltre trenta università e centri accademici di tutto il mondo e ne ha ricevuto oltre duecento titoli.