BS / 27 giugno 2025

Le varie non dualità

Le più famose sono le dieci non dualità, dieci princìpi definiti da Miao-lo (711-782) nell’opera Annotazioni su “Il significato profondo del Sutra del Loto” a partire dai dieci princìpi mistici elaborati da T’ien-t’ai sul significato del carattere myo, mistico.

1) Non dualità di corpo e mente (shikishin-funi). Ciò che si osserva nella meditazione è una sola mente o un solo pensiero (giapp. ichinen), che è un insieme indivisibile di corpo e mente.

2) Non dualità di interno ed esterno (naige-funi). Anche se l’oggetto della meditazione è diviso in due – l’oggetto interno o regno della mente (entità psicosomatica), e l’oggetto esterno, o mondo esterno dei fenomeni fisici e spirituali – questi due sono non duali, perché un’unica mente incarna le tre verità e include tutti i tremila regni.

3) Non dualità del risultato della pratica e della vera natura della vita (shusho-funi). Questo significa che la vera natura della vita, o il vero aspetto di tutti i fenomeni, non è differente da ciò che si consegue tramite la pratica buddista. La vera natura spinge una persona verso la pratica e la pratica le permette di manifestare la vera natura.

4) Non dualità di causa ed effetto (inga-funi). “Causa” qui indica le persone comuni ed “effetto” indica la Buddità. Non dualità di causa ed effetto significa che la natura di Budda inerente alla persona comune è la stessa natura manifestata dal Budda;

5) Non dualità dell’impuro e del puro (senjo-funi). Poiché l’ignoranza (o illusione) e l’Illuminazione sono due espressioni della stessa mente ed essenzialmente sono una sola cosa, la mente impura avvolta nell’ignoranza è essa stessa la mente pura illuminata.

6) Non dualità della vita e del suo ambiente (esho-funi). Sia il Budda come essere vivente, sia la terra del Budda come ambiente esistono in un’unica mente e sono quindi non duali.

7) Non dualità del sé e degli altri (jita-funi). “Sé” indica il Budda che insegna, e “altri” indica le persone comuni, che imparano e si illuminano. Ma essi sono non duali perché sia il Budda sia le persone comuni incarnano le tre verità e sono dotati di tutti i tremila regni. In altre parole, sia il sé (la Buddità) sia gli altri (i nove mondi) sono innati in un’unica mente.

8) Non dualità di pensiero, parola e azione (sango-funi). Il Budda salva le persone tramite le sue tre categorie di azione: pensiero, parola e comportamento. Queste tre categorie del Budda non sono diverse da quelle delle persone comuni perché derivano dai tremila regni inerenti in entrambi. Inoltre, queste tre categorie esistono in un’unica mente in quanto insieme psicosomatico e sono quindi una sola cosa.

9) Non dualità degli insegnamenti provvisori e di quelli definitivi (gonjitsu-funi). Il Budda predica gli insegnamenti provvisori (i tre veicoli) e il vero insegnamento (l’unico veicolo) secondo le capacità delle persone. Poiché tali insegnamenti provengono entrambi dalla mente illuminata del Budda, tuttavia, essi sono non duali.

10) Non dualità dei benefici (junin-funi). Anche se le persone ricevono diversi benefici secondo il livello dell’insegnamento del Budda che praticano (come quello provvisorio e quello vero), sia il Budda sia le persone in definitiva godono dello stesso beneficio, proprio come le piante in un campo sono tutte nutrite ugualmente dalla pioggia.

A queste si aggiungono, alla luce del principio essenziale del Sutra del Loto secondo cui ogni essere ha innata la potenzialità della Buddità:

la non dualità degli esseri viventi e dei Budda (shobutsu-funi), detta anche non dualità delle persone comuni e dei Budda. Principio secondo cui gli esseri viventi e i Budda, nell’essenza, non sono differenti, ma sono una sola cosa. Con “esseri viventi” si indica la vita nella sua forma non illuminata o gli esseri afflitti dall’illusione. Il Sutra del Loto, attraverso il principio del vero aspetto di tutti i fenomeni spiega che, anche se differenti, tutti gli esseri viventi, incluso il Budda, sono manifestazioni della realtà suprema;

la non dualità di illusione e Illuminazione (meigo-funi), il principio secondo cui illusione e Illuminazione, sebbene differiscano nell’aspetto, sono una sola cosa nella loro natura essenziale. Una causa, o influenza, negativa dà origine all’illusione e una causa, o influenza, positiva all’Illuminazione. Illusione e Illuminazione sono funzioni differenti della vita, ma entrambe derivano dalla natura essenziale di essa;

la non dualità di bene e male (zen’aku-funi), il principio secondo cui bene e male non sono separati e distinti, ma presenti in tutti i fenomeni. “Bene” nel Buddismo significa ciò che porta beneficio a sé e agli altri, mentre “male” è riferito a ciò che reca danno a sé e agli altri. Non si tratta di due entità che si escludono a vicenda, ma di due diverse funzioni della vita.

Infine un’ulteriore non dualità è quella che descrive la relazione tra maestro e discepolo, shitei funi, dove shi sta per maestro e tei sta per discepolo. Tale relazione di non dualità si attua nella realizzazione da parte dei discepoli dell’ideale del maestro. Ne La raccolta degli insegnamenti orali Nichiren Daishonin descrive tale non dualità attraverso l’espressione “emettere il ruggito del leone”, in giapponese sa shishi ku. Nell’espressione shishi, che significa “leone”, il primo shi indica il maestro, o la Legge trasmessa dal maestro, e il secondo shi indica il discepolo, o la Legge meravigliosa ricevuta dai discepoli. Il ruggito, ku, è il suono di maestro e discepolo che recitano all’unisono. Il verbo emettere, sa, va interpretato come dare inizio a qualcosa, dunque dare inizio alla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo nell’Ultimo giorno della Legge (cfr. La raccolta degli insegnamenti orali, BS, 116, 55).

Fonti
Il dizionario del Buddismo, Esperia.
“Le dieci unicità”, DuemilaUno, n. 56.


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