«Se reciti Nam-myoho-renge-kyo puoi essere felice». Avevo sedici anni e davanti a questa affermazione di una cara amica scapocciai di brutto: «Io al massimo me la cavo!».
La felicità non era proprio contemplata nel mio orizzonte futuro, ero in una situazione, a mio modo di vedere, troppo compromessa. Una madre con un disturbo psichiatrico importante, un papà segnato da un cancro invalidante e una storia di intrecci familiari da far impallidire la più intricata dynasty story. La felicità a questo giro non era più possibile. E invece…
Alcuni anni dopo, iniziando a recitare Nam-myoho-renge-kyo, mi fu quasi subito chiaro che quel groviglio di sofferenze e problemi era il senso della mia storia, il materiale dal quale avrei potuto sprigionare il mio potenziale di libertà, cambiamento, significato e sì, felicità. Ero iscritta a psicologia e parallelamente ai miei esami correvano le mie trasformazioni familiari, interiori, esistenziali. Recitare Daimoku rivoluzionava le mie visioni delle cose, avere un maestro fiducioso e incoraggiante come Daisaku Ikeda mi spingeva ogni volta oltre il limite che mi appariva invalicabile, e anche se nuovi problemi continuavano a sorgere mi era sempre più chiaro che il karma non è un destino pesante né uno scotto da pagare e neppure un brutto scherzo della vita, ma il perfetto materiale per esprimere la propria “missione” in questa vita. Visto così il panorama era molto più affascinante, la vita avventurosa e il potere di cambiarla, navigarla e dirigerla mi pareva proprio una forma di felicità indistruttibile.
Così “trasformare il karma in missione” si è rivelato il binario sul quale far correre la mia vita. Le mie esperienze familiari così intricate e dolorose sono diventate, insieme ai miei studi, il mio patrimonio umano e la mia missione: oggi sono psicoterapeuta e mi occupo in particolare di traumi. Alla me sedicenne vorrei raccontare di quanto sia stato prezioso tutto quel materiale che pensavo fosse di risulta e che invece oggi è la mia risorsa: non solo sostiene la mia vita in senso economico, ma mi consente di contagiare, con la speranza di un cambiamento verso la felicità, tutte le persone che si affidano a me come professionista perché, a differenza di quando avevo sedici anni, ora che ne ho cinquantacinque ho la certezza che si può essere felici qualsiasi cosa ci sia accaduta, qualsiasi guaio ci abbia colpito, qualsiasi sofferenza ci divori dentro.
La speranza, che spesso i miei pazienti mi hanno detto di leggere nei miei occhi e nelle mie parole, è convinzione assoluta: ogni vita può essere felice se sprigiona il suo potenziale grazie a quel materiale messo a disposizione dal karma, che non è né positivo né negativo, semplicemente è lì nelle nostre mani per essere plasmato, utilizzato, direzionato e colorato dalle nostre scelte, dalle nostre lotte, dal nostro coraggio e dalla libertà che ogni vita ha in sé da sempre.
Non solo ce la possiamo cavare, ma possiamo rendere la nostra vita felice e utile alla felicità altrui in una rete infinita di contatti e influenze reciproche, in un contagio virtuoso di bene e bellezza.
(Vanessa Donaggio)