SUPPLEMENTO AL NUMERO 122
del Magnifico Rettore
Giuseppe Silvestri
del Magnifico Rettore
Giuseppe Silvestri
Oggi conferiamo la Laurea honoris causa a una personalità che sta dando un'impronta culturale al secolo che inizia, e che ha dato un'impronta culturale importante anche alla seconda metà del secolo scorso. Daisaku Ikeda non ha incontrato solo eminenti personaggi della politica e della cultura della contemporaneità, ma anche la gente comune, intavolando dialoghi su un tema che vede tutti noi direttamente impegnati: il tema della pace e del rispetto dei diritti di tutti gli uomini e le donne che hanno bisogno dell'attenzione della collettività. Uomini e donne che spesso si trovano incolpevolmente coinvolti in situazioni terribili. Uomini e donne che hanno bisogno dell'attenzione dei politici, ma hanno bisogno anche di sentire il sostegno dell'intera collettività mondiale.
Daisaku Ikeda ha pubblicato molte opere importanti: vorrei leggere una breve citazione tratta da Dialoghi sulla pace, un libro di grandissimo interesse che Ikeda scrisse con Joseph Rotblat, un premio Nobel per la pace che è stato uno degli scienziati che avevano lavorato alla bomba atomica e che aveva vissuto una profonda, drammatica rimeditazione sul ruolo dello scienziato e su come la scienza talvolta possa portare distruzione e morte e non pace e benessere. Il dialogo fu completato poco prima che Rotblat morisse e quindi oggi diventa una sorta di testamento spirituale di questo grande scienziato. Ikeda manifesta a Rotblat la sua angoscia, la sua perplessità, e insiste sulla necessità di approfondire il tema del ruolo della scienza, della conoscenza e della differenza tra conoscenza e saggezza: «Il punto nodale - afferma Ikeda - è che bisognerebbe pensare a come si possa usare la conoscenza che possediamo per fare la felicità di tutti gli esseri umani. Va da sé che dovremmo cercare diligentemente la saggezza che ci permetterà di conseguire questo risultato. La conoscenza e la saggezza possono sembrare simili, ma derivano da sfere diverse. In altre parole, abbiamo aumentato il volume della nostra conoscenza, ma non possiamo dire di essere necessariamente più saggi per questo».1
Sono parole che, naturalmente, si rivolgono a tutti, ma in particolare si rivolgono a noi professori universitari, che facciamo ricerca e che ci adoperiamo per l'ampliamento della conoscenza. Noi non possiamo e non dobbiamo mai perdere di vista la necessità di coniugare conoscenza e saggezza. La conoscenza diventa saggezza nel momento in cui si rivolge all'essere umano, e all'essere umano dà aiuto e sostegno, all'essere umano dà quella sensazione forte di solidarietà che è necessaria per affrontare la vita di tutti i giorni.
Noi assistiamo ancora adesso, nella nostra contemporaneità, tutti i giorni, ad avvenimenti terribili. Li vediamo quotidianamente sui telegiornali, li leggiamo sui mezzi di informazione: sentiamo cose terribili che ogni giorno succedono in qualche parte del mondo. In questo momento qualcuno viene ucciso, viene torturato, viene vilipeso nei suoi diritti umani. A tutte queste persone la scienza può dire poco, perché la voce della scienza è debole, ma ognuno di noi, che lavora nell'ambito scientifico, sa che se non vòlta, se non curva le sue attività verso il rispetto dei diritti umani a poco serve la sua ricerca.
Questo è un monito che ci viene da Daisaku Ikeda e che tutti noi raccogliamo: è un monito che ci ripetiamo spesso, perché spesso facciamo queste riflessioni.
E direi che una laurea in Scienze della Comunicazione è una laurea che indica la strada giusta. Dobbiamo comunicare e informare, bisogna che tutti sappiano cosa succede, che tutti provino quello stesso moto di repulsione e di orrore che Daisaku Ikeda provò quando gli vennero raccontate le disgrazie, gli orrori, le miserie morali di cui i suoi contemporanei erano stati protagonisti nella guerra cino-giapponese.
Era solo una delle tante guerre che agitavano il pianeta, orrori uguali ancora adesso pervadono la nostra contemporaneità.
Dobbiamo adoperarci tutti, non solo i ricercatori, non solo chi fa scienza, tutti noi siamo direttamente chiamati a reagire, a far sentire la nostra voce, a far sentire la voce di chi riflette, di chi non si lascia andare, di chi vuole contrapporsi con la pace e con il diritto degli uomini e delle donne a questo terribile movimento.
Con questo benvenuto, con queste poche parole che servono per dire quanto sentiamo il messaggio di pace che ci viene da una personalità importante come Daisaku Ikeda, dò inizio alla cerimonia.
Note
1) J. Rotblat e D. Ikeda, Dialoghi sulla pace, Sperling & Kupfer, Milano, 2006, p. 139.
del Magnifico Rettore
Giuseppe Silvestri
del Magnifico Rettore
Giuseppe Silvestri
Oggi conferiamo la Laurea honoris causa a una personalità che sta dando un'impronta culturale al secolo che inizia, e che ha dato un'impronta culturale importante anche alla seconda metà del secolo scorso. Daisaku Ikeda non ha incontrato solo eminenti personaggi della politica e della cultura della contemporaneità, ma anche la gente comune, intavolando dialoghi su un tema che vede tutti noi direttamente impegnati: il tema della pace e del rispetto dei diritti di tutti gli uomini e le donne che hanno bisogno dell'attenzione della collettività. Uomini e donne che spesso si trovano incolpevolmente coinvolti in situazioni terribili. Uomini e donne che hanno bisogno dell'attenzione dei politici, ma hanno bisogno anche di sentire il sostegno dell'intera collettività mondiale.
Daisaku Ikeda ha pubblicato molte opere importanti: vorrei leggere una breve citazione tratta da Dialoghi sulla pace, un libro di grandissimo interesse che Ikeda scrisse con Joseph Rotblat, un premio Nobel per la pace che è stato uno degli scienziati che avevano lavorato alla bomba atomica e che aveva vissuto una profonda, drammatica rimeditazione sul ruolo dello scienziato e su come la scienza talvolta possa portare distruzione e morte e non pace e benessere. Il dialogo fu completato poco prima che Rotblat morisse e quindi oggi diventa una sorta di testamento spirituale di questo grande scienziato. Ikeda manifesta a Rotblat la sua angoscia, la sua perplessità, e insiste sulla necessità di approfondire il tema del ruolo della scienza, della conoscenza e della differenza tra conoscenza e saggezza: «Il punto nodale - afferma Ikeda - è che bisognerebbe pensare a come si possa usare la conoscenza che possediamo per fare la felicità di tutti gli esseri umani. Va da sé che dovremmo cercare diligentemente la saggezza che ci permetterà di conseguire questo risultato. La conoscenza e la saggezza possono sembrare simili, ma derivano da sfere diverse. In altre parole, abbiamo aumentato il volume della nostra conoscenza, ma non possiamo dire di essere necessariamente più saggi per questo».1
Sono parole che, naturalmente, si rivolgono a tutti, ma in particolare si rivolgono a noi professori universitari, che facciamo ricerca e che ci adoperiamo per l'ampliamento della conoscenza. Noi non possiamo e non dobbiamo mai perdere di vista la necessità di coniugare conoscenza e saggezza. La conoscenza diventa saggezza nel momento in cui si rivolge all'essere umano, e all'essere umano dà aiuto e sostegno, all'essere umano dà quella sensazione forte di solidarietà che è necessaria per affrontare la vita di tutti i giorni.
Noi assistiamo ancora adesso, nella nostra contemporaneità, tutti i giorni, ad avvenimenti terribili. Li vediamo quotidianamente sui telegiornali, li leggiamo sui mezzi di informazione: sentiamo cose terribili che ogni giorno succedono in qualche parte del mondo. In questo momento qualcuno viene ucciso, viene torturato, viene vilipeso nei suoi diritti umani. A tutte queste persone la scienza può dire poco, perché la voce della scienza è debole, ma ognuno di noi, che lavora nell'ambito scientifico, sa che se non vòlta, se non curva le sue attività verso il rispetto dei diritti umani a poco serve la sua ricerca.
Questo è un monito che ci viene da Daisaku Ikeda e che tutti noi raccogliamo: è un monito che ci ripetiamo spesso, perché spesso facciamo queste riflessioni.
E direi che una laurea in Scienze della Comunicazione è una laurea che indica la strada giusta. Dobbiamo comunicare e informare, bisogna che tutti sappiano cosa succede, che tutti provino quello stesso moto di repulsione e di orrore che Daisaku Ikeda provò quando gli vennero raccontate le disgrazie, gli orrori, le miserie morali di cui i suoi contemporanei erano stati protagonisti nella guerra cino-giapponese.
Era solo una delle tante guerre che agitavano il pianeta, orrori uguali ancora adesso pervadono la nostra contemporaneità.
Dobbiamo adoperarci tutti, non solo i ricercatori, non solo chi fa scienza, tutti noi siamo direttamente chiamati a reagire, a far sentire la nostra voce, a far sentire la voce di chi riflette, di chi non si lascia andare, di chi vuole contrapporsi con la pace e con il diritto degli uomini e delle donne a questo terribile movimento.
Con questo benvenuto, con queste poche parole che servono per dire quanto sentiamo il messaggio di pace che ci viene da una personalità importante come Daisaku Ikeda, dò inizio alla cerimonia.
Note
1) J. Rotblat e D. Ikeda, Dialoghi sulla pace, Sperling & Kupfer, Milano, 2006, p. 139.