BS 143 / 1 novembre 2010

Credere per connessione

Raimon Panikkar, sacerdote cattolico, teologo e filosofo

immagine di copertina

Il sacerdote cattolico, teologo e filosofo, Raimon Panikkar si è spento lo scorso 26 agosto 2010 a Tavertet, paesino catalano ai piedi dei Pirenei, dove si era ritirato (per «chiudere il cerchio o radicare la mia vita, tornando al luogo dove sono nato» diceva, riferendosi al karma) e dove conduceva una vita ascetica. Maestro di interreligiosità e comparazione delle fedi, era nato a Barcellona nel 1918 ma non aveva dimenticato la cultura indiana delle sue radici paterne. Si considerava «mezzo spagnolo e mezzo indiano, mezzo cattolico e mezzo hindú, ma totalmente occidentale e totalmente orientale». E di sé diceva: «Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindú e ritorno buddista, senza cessare per questo di essere cristiano».
Studia tra Germania (Tubinga), Barcellona e Madrid svariando tra scienza, lettere, filosofia e teologia ottenendo un dottorato alla Complutense della capitale spagnola. Poi insegna alla Lateranense a Roma, negli USA e in America Latina. Dopo aver conosciuto da giovanissimo l'ambiente gesuita ha una iniziale frequentazione dell'Opus Dei, attraverso la quale è ordinato sacerdote. Ha lasciato sessanta libri, tanto insegnamento e molte amicizie trasversali. In un'intervista, visibile in quel repertorio di enciclopedia visiva che è YouTube, rispondendo alle domande del cantante Franco Battiato dice: «Le religioni non hanno il monopolio della Religione. La Religione è quello che ci lega con tutta la realtà». Sempre in un'intervista che si trova in rete afferma: «La religione rappresenta il meglio e il peggio dell'uomo». Parla dello slancio al bene e al male. La religione è ambivalente così come l'essere umano. Come a rimarcare che non esistono bene e male di per sé e non sono lì separati, scomputabili. Nell'essere umano e in nulla di quello che lui ha creato, religioni comprese. Nel loro nome, infatti, guerre e separazioni. Partendo dalle origini etimologiche del nome, la religione è quello che ci lega e ci slega. Per questo Panikkar le preferiva la parola "connessione". Lo spirito della religione deve essere lo spirito della libertà, e per questo essere "legato" a dei comandamenti non è sintomo di religiosità. La religione connette alla Terra, agli altri esseri umani. Scoprire la divinità in sé: questo è il tema dell'unione tra le diverse fedi a cui ha fatto riferimento e di cui ha fatto il perno dei suoi libri. Nel suo pensiero, Oriente e Occidente si incrociano in connessioni che trascendono l'unitarietà monolitica del sentire spirituale. Non si tratta di una mediazione, né di un confronto tennistico - la rete in mezzo e la pallina di qua e di là. C'è, per tornare allo spirito della libertà, un sereno interconnettersi dei pensieri. Nessuno prevale sull'altro ma neppure nessuno mira a farlo.
L'incontro con l'Oriente per Panikkar avviene a trentasei anni quando si reca in missione apostolica in India (vivendo a Varanasi). L'incontro e la conoscenza di Induismo e Buddismo cambiano il suo atteggiamento, senza oscurare il suo credo cristiano. Tutto il suo pensiero sembra improntato al superamento del dualismo e alla comprensione del non-ateismo del pensiero orientale, specie quello buddista a cui dedica un libro illuminante: Il silenzio del Buddha. Un a-teismo religioso (Mondadori). Nel presentarlo scrive: «Con questo libro desidero offrire intuizioni e ipotesi di ricerca filosofica e teologica, aperte a possibilità di nuovi frutti. Vorrei nello stesso tempo essere fedele all'intuizione buddhista, non allontanarmi dall'esperienza cristiana e non separarmi dal mondo culturale contemporaneo. La prima fedeltà esige che l'autore, lasciatosi ammaestrare dal Risvegliato, sparisca; la seconda filiazione richiede che nel profondo esista un'esperienza trinitaria personalmente vissuta; la terza vocazione domanda un sacro rispetto della situazione concreta dell'uomo dei nostri giorni». Il libro è, dunque, una fruttuosa analisi degli insegnamenti del Risvegliato Shakyamuni che mirano a sciogliere il luogo comune della monoliticità religiosa. Scrive Panikkar: «La sintesi fra tutte loro (le religioni, n.d.r.) può sembrare improbabile e talvolta anche impossibile, ma ciò che è urgente e importante non è l'unità fra le religioni, ma la loro armonia». Il sacerdote registra il suo scritto sul Buddismo nella famiglia della "teologia della liberazione" che, spiega, deve andare di pari passo con "la liberazione della teologia" intesa in senso esclusivamente cristiano. La ragione ultima dell'attrazione dell'Occidente per il Buddismo, scrive Panikkar, si deve far risalire «alla sensazione diffusa e amorfa propria della civiltà occidentale di essere arrivata alla fine del suo periplo e di stare consumando tutte le sue risorse - nel più ampio senso della parola. [...] Mi riferisco anche al consumismo, al capitalismo e alla tecnocrazia». Il confronto con la storia («Non è possibile negare che l'uomo è storia - che fa storia e vive nella storia» anche se «l'uomo non è solamente storia» e che «la trascende e che è quindi "fuori" dal tempo e dallo spazio») rende il ragionamento di Panikkar immanente e trascendente a un tempo. È interessante pensare che l'umanità abbia consumato risorse sue e non sue (pretese come sue) e che ora viva nella storia come l'artefice suicida di questa consumazione che è di risorse fisiche e di risorse spirituali. Come le religioni, anche la scienza e la politica mostrano la corda del loro potere salvifico. Il Buddismo diviene perciò il pretesto per una discesa pensosa nell'anima umana.
Infatti il teologo ci tiene a dire che il libro non è una ipotesi di salvezza fondata sul Buddismo, una sua apologia e che, anzi, non è un testo su questo pensiero orientale bensì «sulla coscienza profonda dell'uomo contemporaneo che si può definire in una parola coscienza religiosa».
Panikkar parte dall'ampia analisi delle scritture, dal Theravada al Mahayana non dimenticando il Sutra del Loto, e avanza l'ipotesi di una somiglianza profonda tra Cristianesimo e Buddismo in una cosmovisione comparata che rivela il superamento del paradigma immanenza/trascendenza come segno di parentela tra i due credo. Quello di Panikkar è un libro raro per la possibilità di equidistanza tra i pensieri, che celebra davvero la capacità di libertà che può avere una mente a caccia di connessioni più che di steccati, muri, opposizioni. È come se ogni passo, ogni ragionamento celebrassero non l'intelligenza ma l'illuminazione intesa come ricerca della verità al di là delle conferme di sé.
Il problema dell'essere umano e la celebrazione della compassione sono gli snodi della riflessione di questo testo che rimarca di continuo come il nucleo centrale del pensiero del Budda sia l'eliminazione della sofferenza e non il nirvana come estinzione, annullamento. Cita, in nota, un episodio dalle scritture in cui un anziano bodhisattva si vuole riunire al Budda e lo cerca in una casa in cui non è più per essere ritornato al mondo e così anche lui vi ritorna comprendendo che il pensiero della via di mezzo e della compassione sono l'intenzione del Risvegliato.
Nei suoi libri il pensiero procede per anelli senza abbandonare le libere connessioni dei pensieri: la filosofia (Heidegger e Aristotele, Platone e Kant), le religioni (anche la mistica sufi e Buber), la letteratura (Kafka e Sartre), la scienza. Una delle parti più significative del suo ragionamento, per tornare al Buddismo, è nel capitolo che dà il titolo al libro: "Il silenzio del Buddha". Il Risvegliato «non soltanto tace» ma anche «la sua risposta è il silenzio». E non dà alcuna risposta perché elimina la domanda. Il Budda ci vuole umili, placa le nostre ansie ed ecco il perché dell'aspirazione essenziale dell'eliminazione della sofferenza che muove tutta la sua ricerca spirituale. Citando San Tommaso Panikkar, che temeva il monoteismo, approva che «chi ha trovato la verità è posseduto dalla verità, non ne è il padrone». E paventando ogni presupposizione di autosufficienza conclude che né l'Occidente né l'Oriente, né il Cristianesimo né l'Ebraismo, né il Buddismo né l'Induismo, abbiano le soluzioni già pronte per i problemi globali.

Bibliografia
L'opera omnia di Raimon Panikkar è pubblicata in più volumi per la Jaka Book.
Segnaliamo in particolare: Lo spirito della parola, Bollati Boringhieri, Torino, 2007; Il silenzio del Buddha. Un a-teismo religioso, Mondadori, Milano, 2006; Il dharma dell'induismo. Una spiritualità che parla al cuore dell'occidente, Rizzoli (BUR), Milano, 2006; Tra Dio e il cosmo. Dialogo con Gwendoline Jarczyk, Laterza, Roma-Bari, 2006; La porta stretta della conoscenza. Sensi, ragione e fede, Rizzoli, Milano, 2005; La realtà cosmoteandrica. Dio-Uomo-Mondo, Jaca Book, Milano, 2004 e Pace e disarmo culturale, Rizzoli, Milano, 2003.

Siti
www.raimon-panikkar.org; www.raimonpanikkar.it

 


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