di Lodovico Prola
Nel lungo cammino della fede avere accanto a sé un buon amico è un aspetto davvero importante. Scrive Nichiren Daishonin: «Il miglior modo per conseguire la Buddità è quello di incontrare un buon amico».1 Il Gosho è piuttosto esplicito: avere accanto persone oneste, sincere, che ci indicano il modo corretto di praticare, senza interessi personali e senza falsità, che incoraggiano la nostra pratica buddista e ci guidano verso il sentiero dell'Illuminazione è il "miglior modo" per conseguire la Buddità. Nel ventisettesimo capitolo del Sutra del Loto sono descritte come segue: «I buoni amici sono grandi cause e condizioni. Infatti, guidando e convertendo, consentono di vedere il Budda e di sviluppare il desiderio dell'anuttara-samyak-sambodhi».2 Ma perché è così importante avere un buon amico? Nichiren spiega in diversi scritti il motivo per cui dobbiamo ricercarne la vicinanza: «Un albero che è stato trapiantato non crollerà, anche in presenza di forti venti, se vi è un solido palo che lo sostiene. Ma anche un albero cresciuto nella sua sede naturale può crollare se le sue radici sono deboli. Anche una persona debole non cadrà se coloro che la sostengono sono forti, ma una persona di notevole forza, se si trova sola, potrebbe cadere lungo un sentiero accidentato».3 Un buon amico è insomma un valido sostegno nel portare avanti la nostra pratica e curare la nostra fede, soprattutto quando spirano i venti delle difficoltà, quando dobbiamo fronteggiare le inevitabili sfide della nostra vita quotidiana. L'essere umano, inoltre, quando diventa autonomo e si isola, ha la tendenza a indebolirsi. Per non cadere in questa tendenza sono necessari buoni amici con cui incoraggiarsi a vicenda.4
Raddrizzarsi come l'artemisia in un campo di canapa
Come l'ago che si magnetizza naturalmente a contatto con la calamita, frequentando persone rette e oneste, dalla forte fede, impareremo naturalmente ad affrontare la vita basandoci sul Gohonzon, prendendo esempio e ispirazione da loro. Il Daishonin per spiegare questa influenza positiva, questa sorta di osmosi, fa degli esempi molto convincenti. Scrive ad esempio nel trattato Adottare l'insegnamento corretto per la pace nel paese: «La colomba si è trasformata in falco, il passero in mollusco! Com'è gratificante! Vi siete intrattenuto con un amico nella stanza delle orchidee e vi siete raddrizzato come l'artemisia che cresce fra la canapa. Se vorrete riflettere seriamente su questi problemi e porrete fede unicamente in queste mie parole, allora i venti soffieranno gentilmente, le onde saranno calme e ben presto godremo di raccolti generosi».5 E ancora, analogamente: «L'artemisia che cresce in mezzo alla canapa o un serpente all'interno di un tubo [diventeranno naturalmente dritti], e chi frequenta persone buone, anche senza far nulla di particolare, diventerà naturalmente retto nei pensieri, nelle parole, nelle azioni».6 Alla luce di queste indicazioni, se siamo sufficientemente saggi dovremmo affrettarci a individuare i buoni amici.
Ebbene, la cosa non è poi così semplice. Scrive il Daishonin: «Dove può condurci la nostra saggezza? Se abbiamo abbastanza saggezza da distinguere il caldo dal freddo, dovremmo cercare un buon amico. Ma incontrare un buon amico è l'impresa più difficile. Per questo il Budda l'ha paragonata alla probabilità per una tartaruga con un occhio solo di trovare un tronco galleggiante con una cavità della misura giusta per contenerla, o alla difficoltà di calare un filo dal cielo e farlo passare attraverso la cruna di un ago posto sulla terra. Inoltre, in quest'ultima epoca malvagia, i cattivi compagni sono più numerosi dei granelli di polvere della Terra, mentre i buoni amici sono meno del terriccio che può stare su un'unghia».7
Cattive influenze
I cattivi compagni, o cattivi amici, sono quelle persone, o più in generale quelle influenze, che instillando dubbi e lamentele ci allontanano dal Gohonzon, dal maestro e dalla comunità buddista e ci impediscono di praticare il Buddismo.
Il Daishonin spiega: «Ma i cattivi amici usano le lusinghe, l'inganno, l'adulazione, i discorsi abili uniti a maniere affabili per indurre gli altri a commettere il male. E inducendoli a fare il male distruggono la mente buona che c'è in loro», e poco oltre: «Per condurre il paese alla rovina e indurre gli altri a cadere nei cattivi sentieri, non c'è niente di peggio del danno che causano i cattivi amici».8 Il presidente Toda chiariva con profondo acume che «i cattivi amici non indicano solo le persone malintenzionate, ma anche i cattivi libri».9 Oggi potremmo tranquillamente aggiungere all'elenco "i cattivi siti internet" che tante persone alle prime armi consultano senza avere gli strumenti appropriati per una lettura critica di notizie e contenuti dottrinali in essi contenuti.
Nichiren sottolinea ripetutamente che per quanto una persona possa essere buona e avere un atteggiamento corretto, se frequenta cattive amicizie finirà per distruggere la propria fede. È lo stesso processo "osmotico" che abbiamo descritto in precedenza a proposito delle buone amicizie: «Per quanto tu possa essere onesto e retto e cerchi di farti una reputazione come persona rispettabile nel mondo secolare o religioso, se ti accompagni a persone malvage, in due o tre casi su dieci tenderai naturalmente a seguire i loro insegnamenti e alla fine anche tu diverrai una persona malvagia».10
Gli elefanti impazziti non distruggono la mente
Nello stesso scritto Nichiren fa riferimento a un importante passo del Sutra del Nirvana che anche il presidente Toda citava spesso: «Bodhisattva, non abbiate paura degli elefanti impazziti! Abbiate paura dei cattivi compagni! Se sarete uccisi da un elefante impazzito non cadrete nei tre cattivi sentieri, ma se sarete uccisi da un cattivo compagno, senza dubbio vi cadrete».11
Il passo completo del Sutra del Nirvana è il seguente: «Bodhisattva e mahasattva, non abbiate timore degli elefanti impazziti! Quello di cui dovete aver paura sono i cattivi amici! Perché? Perché un elefante impazzito può distruggere solo il vostro corpo; non può distruggere la vostra mente. Ma un cattivo amico può distruggere sia il corpo sia la mente. Un elefante impazzito può distruggere solo un singolo corpo, ma un cattivo amico può distruggere infiniti corpi e infinite menti. Un elefante impazzito distrugge solo un corpo impuro e maleodorante, ma un cattivo amico può distruggere un corpo e una mente puri. Un elefante impazzito può distruggere il corpo fisico, ma un cattivo amico distrugge il corpo del Dharma. Anche se venite uccisi da un elefante impazzito, non cadrete nei cattivi sentieri, ma se a uccidervi è un cattivo amico vi cadrete certamente. Un elefante impazzito è nemico soltanto del vostro corpo, ma un cattivo amico è nemico della buona Legge. Per questo, bodhisattva, dovete sempre tenervi lontani dai cattivi amici».12
Commentando questo brano Daisaku Ikeda fa notare che per "elefante impazzito" oggi potremmo intendere ad esempio un incidente d'auto. Infatti un incidente, per quanto tragico, alla luce degli insegnamenti buddisti non sarà mai grave quanto cadere sotto le influenze di un cattivo amico e abbandonare la pratica buddista. Perché, spiega Ikeda, «possiamo trasformare il veleno di qualunque incidente nella medicina della felicità. Ma la cosa più temibile è erodere e distruggere la nostra fede a causa dell'influenza di un cattivo amico».13
Un cattivo amico è un'influenza più pericolosa e subdola di un nemico che si mostra apertamente: è qualcosa o qualcuno che conquista la nostra stima e la nostra fiducia e fa in modo di deviarci dalla strada che abbiamo intrapreso. Si presenta come amico ma agisce per minare la nostra fede senza che noi ce ne accorgiamo. Questa influenza ha il potere di accendere la nostra oscurità fondamentale.
Occorre sapere che questo ostacolo, che ci allontana dal Gohonzon e dalla comunità dei credenti, è del tutto naturale ed è un incontro obbligato durante la nostra pratica buddista. È peraltro un buon segno perché mostra che la nostra pratica progredisce e aumentano la nostra fede e la nostra comprensione. È una forza interiore contraria a quella che stiamo cercando di manifestare con la nostra pratica buddista. Solo sconfiggendola possiamo manifestare la Buddità. Ed è questa funzione interiore, questa oscurità, e non la persona che l'ha attivata, la nostra vera e unica nemica.
Sconfiggere il male è una forma di compassione
Spiegando la pericolosa influenza dei cattivi amici il presidente Ikeda chiarisce che è assolutamente importante riconoscere il male e quindi lottare contro di esso: «Non esiste il bene che non lotta contro il male. Anche sconfiggere il male è una forma di compassione. Una delle perle del primo presidente Tsunesaburo Makiguchi dice: "Se non siamo abbastanza coraggiosi da diventare nemici del male non potremo neanche essere dei buoni amici"».14
È difficile essere fermi e risoluti nello smascherare i complotti e le macchinazioni e allontanare chi distrugge l'armonia dei credenti, mantenendo al tempo stesso l'atteggiamento del Budda che non prova astio o rancore. Per fare questa cosa, all'apparenza difficilissima e contraddittoria, bisogna aver riconosciuto che quella persona o quella influenza accende il nostro demone interiore che fa di tutto per indebolire la nostra fede e allontanarci dal Buddismo. Il passo decisivo, quando si incontra un cattivo amico, è riconoscere e poi sconfiggere la propria oscurità fondamentale. Allora, come per magia, una volta vinto dentro di noi l'odio personale si dissolve, non c'è rancore, astio o desiderio di vendetta che fanno male solo a noi stessi e non producono nulla di buono e duraturo. Sarà ancora più evidente ciò che è giusto e cosa non lo è, e saremo lucidi e fermi nel denunciare gli errori, allontanare i cattivi amici o addirittura riuscire a trovare la compassione per correggerli divenendo per loro dei buoni amici.
Un cuore puro
Per sviluppare la compassione necessaria per far questo, il nostro cuore deve essere assolutamente puro, senza odio, invidia o rancore. «Se uno è amico di una persona ma manca della compassione di correggerla, in realtà è un suo nemico. Ma se la corregge e la rimprovera è un ascoltatore della voce che difende l'insegnamento del Budda, un vero discepolo del Budda. Chi la libera dal male sta agendo come genitore».15 La parola chiave di questo passo è "compassione". Solo se si ha veramente a cuore una persona, se le si vuole veramente bene, si può tentare di correggerla. Perché denunciare le malefatte o le idee errate e indicare la strada corretta è anche e soprattutto nell'interesse di coloro che commettono questo genere di azioni.16
L'arma indispensabile e insostituibile per intraprendere questa lotta è la fede. Da essa si originano tutti gli altri requisiti necessari alla vittoria come il coraggio, la saggezza e la compassione. Scrive il presidente Ikeda citando la Raccolta degli insegnamenti orali: «"Questa parola 'fede' è una spada affilata che taglia l'oscurità fondamentale o ignoranza". Solo attraverso la fede possiamo sradicare queste tendenze negative distruttive. Nam-myoho-renge-kyo è l'arma fondamentale per sconfiggere i demoni. Sfidando la negatività con il Daimoku, possiamo purificare noi stessi e conseguire la Buddità. Possiamo trasformare perfino i "cattivi amici" (cioè le influenze negative) in "buoni amici" (influenze positive). Incontrare grandi ostacoli è un'opportunità per accumulare benefici e ottenere l'Illuminazione».17
Ecco allora cosa succede se riconosciamo e utilizziamo la loro presenza per rinforzare ancora di più la nostra fede: anche le cattive influenze si trasformano in buoni amici. «Non serberò rancore verso quelli che mi hanno perseguitato. Anche le persone malvagie saranno buoni amici per me».18
Con lo stato vitale del Budda tutto può essere usato positivamente per la crescita personale e per la realizzazione di kosen-rufu.
I migliori alleati per il raggiungimento della Buddità
Proprio come spiega Nichiren nel Gosho contenuto in questo numero (p. 54): «Devadatta ebbe il posto supremo fra i buoni amici del Tathagata Shakyamuni. Anche in quest'epoca non sono gli alleati, ma i potenti nemici, coloro che aiutano una persona a progredire. [...] Per quanto mi riguarda, i miei migliori alleati per il raggiungimento della Buddità sono Kagenobu, i preti Ryokan, Doryu e Doamidabutsu, Hei no Saemon e il signore di Sagami. Provo gratitudine [lett. "provo gioia"] al pensiero che, senza di loro, non avrei mai potuto diventare il devoto del Sutra del Loto».19
Per concludere è opportuno ricordare che il compito di ciascuno di noi, il compito di ogni buddista, è quello di diventare noi stessi dei buoni amici per le persone che ci circondano, curando costantemente la nostra fede, indicando ai nostri amici il Gohonzon e rimanendo sotto la guida del maestro per discernere in ogni occasione cosa è bene e cosa è male. In questo modo continueremo a rendere la Soka Gakkai quel genere di indispensabile influenza positiva di cui parla Nichiren Daishonin, quel gruppo di compagni che si sforzano insieme per approfondire la fede, la pratica e lo studio, che si incoraggiano l'un l'altro e lavorano insieme per il progresso di kosen-rufu: «La Soka Gakkai - afferma con semplicità e chiarezza il presidente Ikeda - è principalmente un gruppo di buoni amici».20
Note
1) I tre maestri del Tripitaka pregano per la pioggia, RSND, 1, 531.
2) SDL, 425.
3) RSND, 1, 531.
4) cfr. La nuova rivoluzione umana, vol. 26, cap. 1, puntata 60, di prossima pubblicazione.
5) RSND, 1, 24.
6) Il corpo e la mente delle persone comuni, RSND, 1, 1000.
7) RSND, 1, 531.
8) Recitare il Daimoku del Sutra del Loto, WND, 2, 211.
9) Daisaku Ikeda, Il Gosho e la missione di kosen-rufu, Esperia, vol. 1, p. 201.
10) Risposta a Sairen-bo, RSND, 1, 275.
11) Ibidem, vedi anche Risposta a Hoshina Goro Taro, RSND, 1, 140.
12) Citato in Dizionario del Buddismo, Esperia, p. 94.
13) Daisaku Ikeda, Il Gosho e la missione di kosen-rufu, Esperia, vol. 1, p. 200.
14) Daisaku Ikeda, La nuova rivoluzione umana, vol. 26, cap. 1, puntata 59, di prossima pubblicazione.
15) L'apertura degli occhi, RSND, 1, 259.
16) Daisaku Ikeda, Il Gosho e la missione di kosen-rufu, Esperia, vol. 2, pp. 118-119.
17) Ibidem, vol. 1, p. 191.
18) Perché non c'è protezione da parte degli dèi celesti, WND, 2, 432.
19) Le azioni del devoto del Sutra del Loto, RSND, 1, 685.
20) Daisaku Ikeda, Il Gosho e la missione di kosen-rufu, vol. 2, pag. 200.
Nel lungo cammino della fede avere accanto a sé un buon amico è un aspetto davvero importante. Scrive Nichiren Daishonin: «Il miglior modo per conseguire la Buddità è quello di incontrare un buon amico».1 Il Gosho è piuttosto esplicito: avere accanto persone oneste, sincere, che ci indicano il modo corretto di praticare, senza interessi personali e senza falsità, che incoraggiano la nostra pratica buddista e ci guidano verso il sentiero dell'Illuminazione è il "miglior modo" per conseguire la Buddità. Nel ventisettesimo capitolo del Sutra del Loto sono descritte come segue: «I buoni amici sono grandi cause e condizioni. Infatti, guidando e convertendo, consentono di vedere il Budda e di sviluppare il desiderio dell'anuttara-samyak-sambodhi».2 Ma perché è così importante avere un buon amico? Nichiren spiega in diversi scritti il motivo per cui dobbiamo ricercarne la vicinanza: «Un albero che è stato trapiantato non crollerà, anche in presenza di forti venti, se vi è un solido palo che lo sostiene. Ma anche un albero cresciuto nella sua sede naturale può crollare se le sue radici sono deboli. Anche una persona debole non cadrà se coloro che la sostengono sono forti, ma una persona di notevole forza, se si trova sola, potrebbe cadere lungo un sentiero accidentato».3 Un buon amico è insomma un valido sostegno nel portare avanti la nostra pratica e curare la nostra fede, soprattutto quando spirano i venti delle difficoltà, quando dobbiamo fronteggiare le inevitabili sfide della nostra vita quotidiana. L'essere umano, inoltre, quando diventa autonomo e si isola, ha la tendenza a indebolirsi. Per non cadere in questa tendenza sono necessari buoni amici con cui incoraggiarsi a vicenda.4
Raddrizzarsi come l'artemisia in un campo di canapa
Come l'ago che si magnetizza naturalmente a contatto con la calamita, frequentando persone rette e oneste, dalla forte fede, impareremo naturalmente ad affrontare la vita basandoci sul Gohonzon, prendendo esempio e ispirazione da loro. Il Daishonin per spiegare questa influenza positiva, questa sorta di osmosi, fa degli esempi molto convincenti. Scrive ad esempio nel trattato Adottare l'insegnamento corretto per la pace nel paese: «La colomba si è trasformata in falco, il passero in mollusco! Com'è gratificante! Vi siete intrattenuto con un amico nella stanza delle orchidee e vi siete raddrizzato come l'artemisia che cresce fra la canapa. Se vorrete riflettere seriamente su questi problemi e porrete fede unicamente in queste mie parole, allora i venti soffieranno gentilmente, le onde saranno calme e ben presto godremo di raccolti generosi».5 E ancora, analogamente: «L'artemisia che cresce in mezzo alla canapa o un serpente all'interno di un tubo [diventeranno naturalmente dritti], e chi frequenta persone buone, anche senza far nulla di particolare, diventerà naturalmente retto nei pensieri, nelle parole, nelle azioni».6 Alla luce di queste indicazioni, se siamo sufficientemente saggi dovremmo affrettarci a individuare i buoni amici.
Ebbene, la cosa non è poi così semplice. Scrive il Daishonin: «Dove può condurci la nostra saggezza? Se abbiamo abbastanza saggezza da distinguere il caldo dal freddo, dovremmo cercare un buon amico. Ma incontrare un buon amico è l'impresa più difficile. Per questo il Budda l'ha paragonata alla probabilità per una tartaruga con un occhio solo di trovare un tronco galleggiante con una cavità della misura giusta per contenerla, o alla difficoltà di calare un filo dal cielo e farlo passare attraverso la cruna di un ago posto sulla terra. Inoltre, in quest'ultima epoca malvagia, i cattivi compagni sono più numerosi dei granelli di polvere della Terra, mentre i buoni amici sono meno del terriccio che può stare su un'unghia».7
Cattive influenze
I cattivi compagni, o cattivi amici, sono quelle persone, o più in generale quelle influenze, che instillando dubbi e lamentele ci allontanano dal Gohonzon, dal maestro e dalla comunità buddista e ci impediscono di praticare il Buddismo.
Il Daishonin spiega: «Ma i cattivi amici usano le lusinghe, l'inganno, l'adulazione, i discorsi abili uniti a maniere affabili per indurre gli altri a commettere il male. E inducendoli a fare il male distruggono la mente buona che c'è in loro», e poco oltre: «Per condurre il paese alla rovina e indurre gli altri a cadere nei cattivi sentieri, non c'è niente di peggio del danno che causano i cattivi amici».8 Il presidente Toda chiariva con profondo acume che «i cattivi amici non indicano solo le persone malintenzionate, ma anche i cattivi libri».9 Oggi potremmo tranquillamente aggiungere all'elenco "i cattivi siti internet" che tante persone alle prime armi consultano senza avere gli strumenti appropriati per una lettura critica di notizie e contenuti dottrinali in essi contenuti.
Nichiren sottolinea ripetutamente che per quanto una persona possa essere buona e avere un atteggiamento corretto, se frequenta cattive amicizie finirà per distruggere la propria fede. È lo stesso processo "osmotico" che abbiamo descritto in precedenza a proposito delle buone amicizie: «Per quanto tu possa essere onesto e retto e cerchi di farti una reputazione come persona rispettabile nel mondo secolare o religioso, se ti accompagni a persone malvage, in due o tre casi su dieci tenderai naturalmente a seguire i loro insegnamenti e alla fine anche tu diverrai una persona malvagia».10
Gli elefanti impazziti non distruggono la mente
Nello stesso scritto Nichiren fa riferimento a un importante passo del Sutra del Nirvana che anche il presidente Toda citava spesso: «Bodhisattva, non abbiate paura degli elefanti impazziti! Abbiate paura dei cattivi compagni! Se sarete uccisi da un elefante impazzito non cadrete nei tre cattivi sentieri, ma se sarete uccisi da un cattivo compagno, senza dubbio vi cadrete».11
Il passo completo del Sutra del Nirvana è il seguente: «Bodhisattva e mahasattva, non abbiate timore degli elefanti impazziti! Quello di cui dovete aver paura sono i cattivi amici! Perché? Perché un elefante impazzito può distruggere solo il vostro corpo; non può distruggere la vostra mente. Ma un cattivo amico può distruggere sia il corpo sia la mente. Un elefante impazzito può distruggere solo un singolo corpo, ma un cattivo amico può distruggere infiniti corpi e infinite menti. Un elefante impazzito distrugge solo un corpo impuro e maleodorante, ma un cattivo amico può distruggere un corpo e una mente puri. Un elefante impazzito può distruggere il corpo fisico, ma un cattivo amico distrugge il corpo del Dharma. Anche se venite uccisi da un elefante impazzito, non cadrete nei cattivi sentieri, ma se a uccidervi è un cattivo amico vi cadrete certamente. Un elefante impazzito è nemico soltanto del vostro corpo, ma un cattivo amico è nemico della buona Legge. Per questo, bodhisattva, dovete sempre tenervi lontani dai cattivi amici».12
Commentando questo brano Daisaku Ikeda fa notare che per "elefante impazzito" oggi potremmo intendere ad esempio un incidente d'auto. Infatti un incidente, per quanto tragico, alla luce degli insegnamenti buddisti non sarà mai grave quanto cadere sotto le influenze di un cattivo amico e abbandonare la pratica buddista. Perché, spiega Ikeda, «possiamo trasformare il veleno di qualunque incidente nella medicina della felicità. Ma la cosa più temibile è erodere e distruggere la nostra fede a causa dell'influenza di un cattivo amico».13
Un cattivo amico è un'influenza più pericolosa e subdola di un nemico che si mostra apertamente: è qualcosa o qualcuno che conquista la nostra stima e la nostra fiducia e fa in modo di deviarci dalla strada che abbiamo intrapreso. Si presenta come amico ma agisce per minare la nostra fede senza che noi ce ne accorgiamo. Questa influenza ha il potere di accendere la nostra oscurità fondamentale.
Occorre sapere che questo ostacolo, che ci allontana dal Gohonzon e dalla comunità dei credenti, è del tutto naturale ed è un incontro obbligato durante la nostra pratica buddista. È peraltro un buon segno perché mostra che la nostra pratica progredisce e aumentano la nostra fede e la nostra comprensione. È una forza interiore contraria a quella che stiamo cercando di manifestare con la nostra pratica buddista. Solo sconfiggendola possiamo manifestare la Buddità. Ed è questa funzione interiore, questa oscurità, e non la persona che l'ha attivata, la nostra vera e unica nemica.
Sconfiggere il male è una forma di compassione
Spiegando la pericolosa influenza dei cattivi amici il presidente Ikeda chiarisce che è assolutamente importante riconoscere il male e quindi lottare contro di esso: «Non esiste il bene che non lotta contro il male. Anche sconfiggere il male è una forma di compassione. Una delle perle del primo presidente Tsunesaburo Makiguchi dice: "Se non siamo abbastanza coraggiosi da diventare nemici del male non potremo neanche essere dei buoni amici"».14
È difficile essere fermi e risoluti nello smascherare i complotti e le macchinazioni e allontanare chi distrugge l'armonia dei credenti, mantenendo al tempo stesso l'atteggiamento del Budda che non prova astio o rancore. Per fare questa cosa, all'apparenza difficilissima e contraddittoria, bisogna aver riconosciuto che quella persona o quella influenza accende il nostro demone interiore che fa di tutto per indebolire la nostra fede e allontanarci dal Buddismo. Il passo decisivo, quando si incontra un cattivo amico, è riconoscere e poi sconfiggere la propria oscurità fondamentale. Allora, come per magia, una volta vinto dentro di noi l'odio personale si dissolve, non c'è rancore, astio o desiderio di vendetta che fanno male solo a noi stessi e non producono nulla di buono e duraturo. Sarà ancora più evidente ciò che è giusto e cosa non lo è, e saremo lucidi e fermi nel denunciare gli errori, allontanare i cattivi amici o addirittura riuscire a trovare la compassione per correggerli divenendo per loro dei buoni amici.
Un cuore puro
Per sviluppare la compassione necessaria per far questo, il nostro cuore deve essere assolutamente puro, senza odio, invidia o rancore. «Se uno è amico di una persona ma manca della compassione di correggerla, in realtà è un suo nemico. Ma se la corregge e la rimprovera è un ascoltatore della voce che difende l'insegnamento del Budda, un vero discepolo del Budda. Chi la libera dal male sta agendo come genitore».15 La parola chiave di questo passo è "compassione". Solo se si ha veramente a cuore una persona, se le si vuole veramente bene, si può tentare di correggerla. Perché denunciare le malefatte o le idee errate e indicare la strada corretta è anche e soprattutto nell'interesse di coloro che commettono questo genere di azioni.16
L'arma indispensabile e insostituibile per intraprendere questa lotta è la fede. Da essa si originano tutti gli altri requisiti necessari alla vittoria come il coraggio, la saggezza e la compassione. Scrive il presidente Ikeda citando la Raccolta degli insegnamenti orali: «"Questa parola 'fede' è una spada affilata che taglia l'oscurità fondamentale o ignoranza". Solo attraverso la fede possiamo sradicare queste tendenze negative distruttive. Nam-myoho-renge-kyo è l'arma fondamentale per sconfiggere i demoni. Sfidando la negatività con il Daimoku, possiamo purificare noi stessi e conseguire la Buddità. Possiamo trasformare perfino i "cattivi amici" (cioè le influenze negative) in "buoni amici" (influenze positive). Incontrare grandi ostacoli è un'opportunità per accumulare benefici e ottenere l'Illuminazione».17
Ecco allora cosa succede se riconosciamo e utilizziamo la loro presenza per rinforzare ancora di più la nostra fede: anche le cattive influenze si trasformano in buoni amici. «Non serberò rancore verso quelli che mi hanno perseguitato. Anche le persone malvagie saranno buoni amici per me».18
Con lo stato vitale del Budda tutto può essere usato positivamente per la crescita personale e per la realizzazione di kosen-rufu.
I migliori alleati per il raggiungimento della Buddità
Proprio come spiega Nichiren nel Gosho contenuto in questo numero (p. 54): «Devadatta ebbe il posto supremo fra i buoni amici del Tathagata Shakyamuni. Anche in quest'epoca non sono gli alleati, ma i potenti nemici, coloro che aiutano una persona a progredire. [...] Per quanto mi riguarda, i miei migliori alleati per il raggiungimento della Buddità sono Kagenobu, i preti Ryokan, Doryu e Doamidabutsu, Hei no Saemon e il signore di Sagami. Provo gratitudine [lett. "provo gioia"] al pensiero che, senza di loro, non avrei mai potuto diventare il devoto del Sutra del Loto».19
Per concludere è opportuno ricordare che il compito di ciascuno di noi, il compito di ogni buddista, è quello di diventare noi stessi dei buoni amici per le persone che ci circondano, curando costantemente la nostra fede, indicando ai nostri amici il Gohonzon e rimanendo sotto la guida del maestro per discernere in ogni occasione cosa è bene e cosa è male. In questo modo continueremo a rendere la Soka Gakkai quel genere di indispensabile influenza positiva di cui parla Nichiren Daishonin, quel gruppo di compagni che si sforzano insieme per approfondire la fede, la pratica e lo studio, che si incoraggiano l'un l'altro e lavorano insieme per il progresso di kosen-rufu: «La Soka Gakkai - afferma con semplicità e chiarezza il presidente Ikeda - è principalmente un gruppo di buoni amici».20
Note
1) I tre maestri del Tripitaka pregano per la pioggia, RSND, 1, 531.
2) SDL, 425.
3) RSND, 1, 531.
4) cfr. La nuova rivoluzione umana, vol. 26, cap. 1, puntata 60, di prossima pubblicazione.
5) RSND, 1, 24.
6) Il corpo e la mente delle persone comuni, RSND, 1, 1000.
7) RSND, 1, 531.
8) Recitare il Daimoku del Sutra del Loto, WND, 2, 211.
9) Daisaku Ikeda, Il Gosho e la missione di kosen-rufu, Esperia, vol. 1, p. 201.
10) Risposta a Sairen-bo, RSND, 1, 275.
11) Ibidem, vedi anche Risposta a Hoshina Goro Taro, RSND, 1, 140.
12) Citato in Dizionario del Buddismo, Esperia, p. 94.
13) Daisaku Ikeda, Il Gosho e la missione di kosen-rufu, Esperia, vol. 1, p. 200.
14) Daisaku Ikeda, La nuova rivoluzione umana, vol. 26, cap. 1, puntata 59, di prossima pubblicazione.
15) L'apertura degli occhi, RSND, 1, 259.
16) Daisaku Ikeda, Il Gosho e la missione di kosen-rufu, Esperia, vol. 2, pp. 118-119.
17) Ibidem, vol. 1, p. 191.
18) Perché non c'è protezione da parte degli dèi celesti, WND, 2, 432.
19) Le azioni del devoto del Sutra del Loto, RSND, 1, 685.
20) Daisaku Ikeda, Il Gosho e la missione di kosen-rufu, vol. 2, pag. 200.