Buddismo e Società

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2021 | febbraio

Nessuno in strada

Il 10 dicembre, in occasione della Giornata internazionale dei diritti umani, è stato presentato il progetto “Nessuno in strada – Circoli rifugio”, realizzato dall’Arci e finanziato con i fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. L’iniziativa coinvolge 12 regioni italiane, 13 città, 16 circoli e una media di 4/6 persone per ogni territorio coinvolto. Qualche giorno dopo abbiamo intervistato Valentina Itri, la responsabile del progetto

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Come nasce l’idea?

Nei primi mesi del 2020, poco dopo l’inizio dell’emergenza sanitaria, abbiamo verificato che parte della popolazione aveva difficoltà ad accedere ai servizi di base. Avevamo riscontro dai nostri circoli di nuove forme di povertà.
Si sono così sviluppate in modo autonomo delle esperienze di mutuo soccorso e abbiamo cercato di creare una rete. Il pensiero di aver costruito qualcosa rispondendo a un bisogno reale ci ha motivato e ha fatto sì che presentassimo questo progetto alla Soka Gakkai.

L’iniziativa si inserisce all’interno di un percorso di accoglienza già avviato. Può dirci di più?

Sì, si collega con tutte le esperienze di mutuo soccorso dei circoli. In particolar modo, con la pandemia, è stata creata una rete di solidarietà con gli enti locali: dalla distribuzione delle derrate alimentari all’assistenza agli anziani. C’erano già circoli che avevano attivato esperienze di accoglienza rispondendo ai bisogni specifici del territorio, come il circolo di Pistoia, Arci Pietralata di Roma, il circolo Porco Rosso di Palermo e il circolo di Bologna, che dava accoglienza soprattutto a donne. Lo facevano per pochi giorni, senza alcun finanziamento, come espressione di solidarietà locale.

Che tipo di programma è previsto per le persone accolte?

La rete Arci ha una lunga esperienza: conosciamo bene i processi di ingresso nel sistema di accoglienza e sappiamo che devono essere funzionali all’uscita, cioè a un reinserimento nella società. Il circolo rifugio risponde a un’emergenza. Noi la pensiamo come un’accoglienza ponte, che vada a coprire un periodo preciso: da quando la persona si trova per strada fino a quando viene inserita in un sistema pubblico. Siamo dei ferventi sostenitori del sistema pubblico di accoglienza, però vogliamo fare la nostra parte.

A chi si rivolge “Nessuno in strada – Circoli rifugio”?

Non c’è un profilo definito, l’unico requisito è quello di trovarsi senza casa e risponde ai bisogni del territorio. Ora ci stiamo preoccupando soprattutto di curare le relazioni tra la persona che deve essere accolta e la famiglia o i soci che devono accogliere. C’è una domanda molto alta.

Che numeri prevedete?

Prevediamo l’accoglienza di 5 persone a circolo per un massimo di 6 mesi. Quasi sicuramente saranno di più, perché si tratta di un’accoglienza di breve periodo. Il progetto prevede 60 persone accolte in questo anno. I circoli coinvolti sono quelli di Torino, Ventimiglia, Bergamo, Bologna, Perugia, Terni, Pistoia, Padova, Pescara, Roma, Napoli, Potenza e Palermo. Le persone verranno accolte sia in famiglia sia in appartamenti, talvolta già a disposizione dei circoli ma nella maggior parte dei casi presi ad hoc per questo progetto.

In base a quale criterio sono state scelte le città?

Abbiamo cercato di coinvolgere le città metropolitane e le realtà investite significativamente dal fenomeno dei “senzatetto” o da situazioni particolari come Ventimiglia, dove abbiamo attivato il circolo Scuola di pace che si rivolge soprattutto a migranti in transito. Daremo loro un tetto affinché portino a compimento il loro progetto.

Pensate di estenderlo su tutta la rete nazionale?

C’è un grande entusiasmo: abbiamo regioni in cui si sono attivati più circoli, nonostante il finanziamento fosse solo uno, e questo è stato molto positivo, perché ci ha dato la misura del desiderio di partecipare.

Chi sono attualmente gli ospiti?

Il progetto è appena partito. Al momento abbiamo tre persone in accoglienza a Roma, una italiana e due di origine straniera. Tre a Padova, una famiglia a Pistoia ed è in arrivo una famiglia a Palermo. Tutti gli altri circoli stanno lavorando alla selezione.
Conosciamo i rischi dell’accoglienza e vogliamo scongiurarli. Abbiamo organizzato due appuntamenti formativi con tutti gli operatori.
La prima procedura di selezione sarà conclusa a gennaio. Le persone accolte entreranno anche nella vita vera e propria dei circoli con progetti di promozione culturale, sociale e di mutualismo. La nostra idea è che anche quando l’accoglienza finirà il circolo possa rimanere un luogo dove poter tornare.

 

UNA TESTIMONIANZA SUL CAMPO

Simona Tocci, responsabile del circolo Arci Pietralata di Roma, racconta: «Il nostro circolo ha storicamente una forte vocazione sociale e per questa iniziativa c’è stata una buona risposta da parte del territorio, che include tutta la zona della Tiburtina. Fino a oggi sono state accolte due persone in nuclei familiari già impegnati nel sociale che hanno messo a disposizione una stanza della loro abitazione. Si vive, si mangia insieme, c’è uno scambio culturale importante. È un’esperienza di arricchimento reciproco di grande interesse, per cui si è pensato di chiedere a entrambe le parti di scrivere un diario. Non è importante per noi sapere come queste persone si siano ritrovate nella condizione presente, il nostro è un progetto aperto: in molti casi si tratta di persone che hanno perso il lavoro e non riescono a ritrovarlo. Anche se il tempo a disposizione non è tanto, chi viene accolto inizia un percorso per uscire dalla situazione in cui si trova. Si tenta un riscatto sociale: questo è il nostro sogno e speriamo di riuscirci».

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